Claudia Fusani per http://notizie.tiscali.it/
Cattedre universitarie come ultima frontiera della corruzione. Le inchieste giudiziarie degli ultimi anni hanno raccontato le mille facce di questa piaga sociale e economica, soldi, voti, case, ristrutturazioni, viaggi, massaggi in centri benessere, escort, orologi e gioielli, posti di lavoro per amici, amiche e figli. L’inchiesta della procura di Firenze e del Nucleo tributario della Guardia di finanza, descrive lo scandalo socialmente più grande.
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Non solo per i numeri – 45 indagati di cui 7 agli arresti domiciliari, 22 interdizioni dall’insegnamento e sei per cui la valutazione della misura è rinviata a dopo l’interrogatorio - e le dimensioni geografiche – sono coinvolti i maggiori atenei italiani, da Roma a Firenze, da Napoli a Bologna passando per Sassari e Palermo – ma per la tipologia e il ruolo delle persone coinvolte. Il gip Antonio Pezzuti, infatti, insiste nelle 167 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare, sull’aggravante di chi “custode del diritto, invece ne abusa a proprio beneficio e scopo personale”.
Al centro dell’inchiesta sono due associazioni, la SSDT (Società studiosi diritto tributario) e la AIPDT (Associazione italiana professori diritto tributario) che raccolgono i migliori accademici della materia. Gli investigatori delle Fiamme gialle hanno approfondito ciò che è accaduto in due diverse commissioni nazionali che tra il 2012 e il 2015 hanno valutato l’abilitazione di decine di candidati.
Si legge nell’ordinanza: “Ricevevano l’utilità di far abilitare i candidati sponsorizzati per conto della propria associazione e di non far abilitare i candidati ritenuti di ostacolo alle carriere dei propri allievi e /o associati compiendo atti contrari ai doveri di ufficio” e dando valutazioni “a prescindere da ogni merito ma esclusivamente in funzione della soddisfazione degli interessi personali e delle rispettive associazioni”. I reati contestati vanno dalla corruzione alla turbativa d’asta passando per l’induzione indebita a dare e promettere benefici.
Il ruolo del professor Fantozzi
Nella logica di scambi e lottizzazione, “do ut des” come dicono i professori indagati “perché la logica universitaria è questa, è un mondo di merda”, che avrebbe governato l’abilitazione di ben 26 docenti di diritto tributario nei vari atenei italiani tra il 2013 e il 2015 e penalizzato la carriera accademica di almeno una dozzina di ricercatori, emergono episodi giudicati gravi ma in parte ancora da chiarire. Ad esempio il ruolo del professor Augusto Fantozzi, che “in concorso con i colleghi Di Pietro, Boria, Russo e Ingrosso ha agito come istigatore delle condotte dei commissari Fransoni e Colli Vignarelli per ottenere della Commissione per l’Abilitazione scientifica nazionale il maggior numero di abilitazioni per i propri associati, allievi e o soci”.
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Va ricordato che parliamo delle Commissioni nominate dal ministero che hanno operato tra il 2012 e il 2015. Tra i commissari risultano Guglielmo Fransoni, Adriano Di Pietro, Giuseppe Cipolla, Giuseppe Zizzo, Andrea Colli Vignarelli, Fabrizio Amatucci, Valerio Ficari, Francesco Tesauro, Loris Tosi, Massimo Basilavecchia, Alessandro Giovannini, Lopez Espadafor. Sono tutti indagati.
La cena della “Cupola”
Uno dei momenti clou dell’indagine è la cena in un ristorante a Roma in zona Parioli avvenuta il 9 luglio 2014. Siedono al tavolo Fantozzi, Boria, Fedele, Della Valle. “I discorsi di Fantozzi – scrive il gip – sono significativi del modo in cui i professori intendono gestire i futuri concorsi”. Lamentandosi “del non fedele rispetto dei patti, richiama i colleghi all’ordine”.
Dice Fantozzi: “Voi avete davanti a voi il futuro della materia… suppongo che il futuro della materia lo abbiano quelli che hanno la nostra età più di quelli che sono giovanissimi, appena arrivati… quindi se voi non trovate delle regole più o meno stabili, cioè non create un gruppo di persone più o meno stabili, che non devono essere sempre quelli che stanno nei concorsi ma punti di riferimento, non andate da nessuna parte”. Quindi, il professore, insiste nel “trovare persone di buona volontà che di sopra e di sotto, di qua e di là, ricostituiscano un gruppo di garanzia che riesca a gestire la materia nei futuri concorsi”.
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Scrive il gip: “Prescindendo apertamente dal merito, Fantozzi contesta l’applicazione del criterio secondo cui vengono abilitati coloro che appartengono all’associazione che ha la maggioranza dei commissari in Commissione”. Quello che serve invece è “una nuova regola gestita da uomini di buona volontà, una nuova cupola” scherza Fantozzi.
Nella medesima cena, Fantozzi dice anche che “questa storia della duplicazione delle associazioni è stata nefasta”. Della Valle, con cui parla, spiega che “è stata necessaria per evitare che il settore venisse dominato da solo due persone”. Adesso, invece, lo scontro sarebbe tra l’associazione di Fantozzi e quella di Tesauro.
Il nome di Fantozzi emerge in più parti dell’ordinanza e in relazione a più episodi. Ad esempio l’abilitazione di Antonio Perrone (commissione 2013). Nella solita cena, il professor Fantozzi dice che “il nuovo commissario Colli Vignarelli, subentrato a Tesauro, voleva una cosa sola…”. I presenti replicano a colpo sicuro: “Perrone…”. E Fantozzi prosegue spiegando che l’ex commissario (Tesauro) una volta ottenuta l’abilitazione di Perrone, non ha creato più problemi: “L’ha preso, poi non ha opposto più resistenza, neanche a parole”.
Nomine con i trade off
In altre parti dell’ordinanza, sempre Fantozzi parla di trade off, cioè, nel lessico finanziario, “perdita di qualcosa in cambio di altro”. In un’intercettazione del 14 aprile 2015, l’ex ministro pronostica “il trade off di Maisto contro Tundo”, due candidati. Il 15 aprile, parlando con Andrea Fedele, il professore dice: “Tu sai che noi abbiamo sempre rispettato una regola per cui quando c’erano delle opportunità o delle scorciatoie da cogliere, esse venivano colte nell’interesse dei nostri”.
Il 24 marzo 2015, sempre l’ex ministro spiega al commissario Fransoni la strategia del collega Di Pietro “per superare l’asse Zizzo, Amatucci più lo spagnolo (il collega straniero messo in Commissione per legge a garanzia di trasparenza, ndr)”. L’idea, spiega Fantozzi, “è quella di fare la prova di resistenza, cioè se voi volete questi, noi vogliamo questi e se non ci date questi noi non vi diamo questi e non passa nessuno”.
guardia di finanza
Di questo e altro Fantozzi sarà chiamato a breve a dare spiegazioni al magistrato che ha congelato eventuali misure in attesa del faccia a faccia.
La lettera anonima
E’ uno dei tanti episodi choc che si possono leggere nell’ordinanza. In previsione della riunione del primo aprile 2015, i commissari designati e i loro istigatori si sentono per accordare i pacchetti. Il professor Di Pietro ha il problema di neutralizzare il commissario Fabrizio Amatucci e quindi la propria candidata. Così Di Pietro, che in precedenti intercettazioni definisce “swap” (operazione finanziaria che prevede lo scambio di flussi monetari) alcune abilitazioni, detta, si legge nell’ordinanza, “al candidato D’Angelo una lettera sul conto del commissario Amatucci che sarebbe stata inviata in forma anonima dalla sorella (di D’Angelo, ndr) allo stesso Di Pietro, presidente della Commissione”.
La lettera è una denuncia pesante nei confronti di Amatucci di cui si legge che “esercita l’attività di avvocato nello studio del padre e che la candidata Ciarcia lavorava come assistente nello stesso studio”. In sostanza la lettera anonima denuncia la netta incompatibilità di Amatucci a far parte della Commissione. Il tutto per favorire la strada al protetto di Di Pietro, Giangiacomo D’Angelo che materialmente scrive la lettera anonima. Lo stesso Di Pietro dice che “la lettera fa parte del ricatto che devo fargli”.
GUARDIA DI FINANZA
La lettera viene recapitata a Di Pietro proprio la mattina del 1 aprile e da lui stesso viene aperta durante la riunione. “Una lettera bruttissima” dice il commissario Cipolla. Da quel momento Amatucci può solo farfugliare qualche scusa. Il giorno dopo al telefono con D’Angelo, Di Pietro dice: “La lettera è servita ad indebolire la sua posizione”.
Il suicidio del provider
Il 14 settembre 2014 si toglie la vita G.Z. colui che gestisce il dominio dello studio legale Salvini-Escalar. L’uomo risultava indagato per favoreggiamento. Gli investigatori della guardia di finanza che andranno poi ad indagare su Livia Salvini, la ascolteranno dire a proposito di Zamperini: “Magari era anche turbato da questa storia della Guardia di finanza…”. In sostanza Zamperini era stato indagato perché aveva avvisato la Salvini che c’era un’intercettazione e quindi un’inchiesta nei suoi confronti.
Il 13febbraio, Salvini al telefono con il commissario Zizzo si lamenta perché “gli altri sanno del procedimento penale ma non me lo hanno detto. Riguarda le abilitazioni della prima Commissione… ma probabilmente si è tutto fermato lì”. Salvini, professore ordinario alla Luiss di Roma, è indagata anche per turbativa d’asta. In concorso con alcuni colleghi avrebbe cucito su misura il contenuto del bando di concorso per un incarico di docente all’Università telematica Mercatotrum di Roma. Il beneficiato, A.P., avrebbe fatto svolgere un corso ad una socia dello studio Salvini.