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    “NON SALVEREMO LA FACCIA DI PUTIN PAGANDO CON I NOSTRI TERRITORI” - NELL'INTERVISTA A “PORTA A PORTA”, ZELENSKY FA CAPIRE CHE HA IN MENTE UN NEGOZIATO “SENZA ULTIMATUM”: “NON LA RICONOSCEREMO MAI LA CRIMEA COME PARTE DELLA FEDERAZIONE RUSSA” - MA HA AGGIUTO CHE LA QUESTIONE DELLA PENISOLA ANNESSA DA MOSCA VA "SOSPESA", CONGELATA NELL'IMPOSSIBILITÀ DI RISOLVERLA, ANCHE PER 15 ANNI, IN UN NEGOZIATO LUNGHISSIMO (DA AFFRONTARE SOLO DOPO CHE PUTIN ABBIA PASSATO LA MANO)


     
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    Anna Zafesova per “la Stampa”

     

    ZELENSKY E BRUNO VESPA ZELENSKY E BRUNO VESPA

    «Dateci la possibilità di portare via i morti e non uccidete i vivi»: Volodymyr Zelensky lancia quello che è forse l'ultimo tentativo di salvare i combattenti dentro l'Azovstal, e si rivolge ai politici europei che hanno ancora dei canali aperti a Mosca, che hanno la possibilità di venire ascoltati più di altri. Nonostante le accuse del battaglione Azov di essere stato «abbandonato» dai leader di Kiev, il presidente ucraino dice in un'intervista a Bruno Vespa di stare facendo «più del possibile» e che il suo governo «deve lottare per tutti, per ogni persona», coinvolgendo «voi come nostri partner, tutti quelli che possono essere sentiti dalla Federazione Russa».

     

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    Una finestra di dialogo che giorno dopo giorno appare sempre più stretta: Mosca ha già rifiutato di scambiare i prigionieri dell'acciaieria con i soldati russi caduti nelle mani degli ucraini, e anche l'offerta di metterli in salvo in un Paese terzo non sembra trovare riscontro, nonostante l'intervento del papa Francesco.

     

    «Tutto dipende dalla posizione russa», continua a ripetere il leader della resistenza ucraina, che insiste ancora - come ha fatto fin dalla sua elezione alla presidenza, ormai più di tre anni fa - di desiderare un negoziato diretto con Vladimir Putin. Non soltanto su Azovstal e sulle sorti di Mariupol, ma su come fermare la guerra e iniziare a negoziare.

    Una strada che appare sempre meno praticabile: «Noi siamo una società molto pacifica, volevamo una trattativa da otto anni», dall'annessione della Crimea e la guerra nel Donbass, dice Zelensky, che si dichiara ancora pronto a negoziare con Putin, ma «senza ultimatum».

     

    ZELENSKY E BRUNO VESPA ZELENSKY E BRUNO VESPA

    Nell'intervista a Porta a Porta il presidente ucraino ha ammesso che gli spazi negoziali non sono molto ampi, e ogni giorno una porta nuova viene chiusa: «Ogni giorno i russi occupano villaggi, molti ucraini lasciano le loro case, vengono uccisi dai russi, vedo tracce di torture e uccisioni ovunque siamo passati».

     

    E quindi, mentre gli ucraini respingono gli invasori fino al confine russo nella regione di Kharkiv, a Nord-est, il comandante supremo di Kiev ribadisce che l'unica condizione è che «i russi se ne devono andare, e devono rispondere di quello che hanno fatto». Il comando ucraino sta preparando la controffensiva anche nei territori occupati del sud-est, e l'ex comandante delle truppe Usa in Europa Ben Hodges ritiene che possono riuscire a respingere i russi alle posizioni precedenti al lancio della guerra «per la fine dell'estate».

     

    ZELENSKY E BRUNO VESPA ZELENSKY E BRUNO VESPA

    È evidente che in questo momento nessuna delle due parti è interessata a fermarsi: gli ucraini vedo la possibilità di una vittoria, e Putin deve ritagliarsi almeno un territorio da spacciare come conquista. Zelensky avverte che non ci sarà alcun appeasement, e «non salveremo la faccia di Putin pagando con i nostri territori».

     

    Nell'intervista a Bruno Vespa chiarisce anche l'equivoco sulla Crimea, dopo che alcuni media italiani gli avevano attribuito una dichiarazione sulla disponibilità a cederla: «Non la riconosceremo mai come parte della Federazione Russa». Il presidente ucraino ha ribadito quella che è la posizione negoziale del suo governo ormai da quasi due mesi: la questione della penisola annessa va "sospesa", congelata nell'impossibilità di risolverla, anche per 15 anni, in un negoziato lunghissimo.

    PUTIN ZELENSKY PUTIN ZELENSKY

     

    L'obiettivo di Kyiv per ora è riportare la situazione al 23 febbraio 2022, a un giorno prima della guerra, quando Putin non rispose di nuovo alla telefonata di un Zelensky che aveva tentato per l'ultima volta di impedire l'attacco. I territori occupati devono essere liberati, «quello che è stato saccheggiato deve essere restituito», e l'Ucraina deve «riavere la pace, riavere cose normalissime come il rispetto della sua sovranità e integrità, delle tradizioni e della lingua di un popolo».

     

    putin zelensky putin zelensky

    Mentre alcuni fedelissimi del Cremlino hanno provato a lanciare l'idea di un'annessione di Kherson, l'unico capoluogo regionale ucraino conquistato per ora dai russi, senza referendum o altri passaggi pseudolegali, il presidente ucraino prova a ripartire da quella che era stata la bozza di accordo che anche la delegazione russa era sembrata propensa ad accettare: una ritirata dei russi entro i confini al 23 febbraio, su tutto il resto - la sorte della Crimea e delle enclave del Donbass già controllate da Mosca dal 2014 - si dovrebbe aprire un lungo e lento negoziato che rimanderebbe la soluzione a un avvicendamento al Cremlino.-

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