Luca Cifoni per “il Messaggero”
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Il vantaggio è forte: il fisco italiano si accontenta di tassare il 30 per cento del reddito o addirittura il 10 in caso di trasferimento nelle Regioni del Sud. E il richiamo inizia a funzionare: sono stati oltre sedicimila i lavoratori che hanno spostato la residenza fiscale nel nostro Paese con le dichiarazioni dei redditi dello scorso anno.
Numeri in crescita di circa un terzo rispetto all'anno prima, che sua volta aveva visto un forte incremento rispetto al periodo precedente. Meno successo, almeno per il momento, riscuotono altre forme di agevolazione, come quella riservata ai pensionati che si trasferiscono al Mezzogiorno.
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LE MODIFICHE
I dati del Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia fanno parte della più generale analisi delle dichiarazioni, relative all'anno di imposta 2020. Va ricordato che in Italia negli ultimi anni si sono stati messi a punto (e poi anche modificati) diversi regimi di favore. Che hanno da una parte l'obiettivo di rendere conveniente la presenza di lavoratori qualificati, dall'altra quello di attirare persone potenzialmente in grado di consumare e alimentare l'economia.
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Genericamente si parla impatriati, anche se le formule sono diverse: prima del 30 aprile 2019 veniva tassato il 50 per cento del reddito, poi questa percentuale è scesa al 30 per cento; ma se la destinazione è al Mezzogiorno allora l'imponibilità si riduce addirittura al 10 per cento. Un canale specifico è dedicato ai professionisti sportivi per i quali però la percentuale risale al 50 per cento.
Dalle ultime dichiarazioni risulta che abbiano aderito in tutto oltre 15 mila soggetti, in crescita rispetto ai poco più di 11 mila dell'anno precedente. Aumenta anche il reddito medio: da 108 mila a quasi 122 mila. Si tratta in molti casi di manager o professionisti che accettano l'offerta di un'azienda italiana. I numeri sono contenuti (poco meno di 500) per il trasferimento verso Sud e isole e per quello riservato agli sportivi (344).
tasse sul reddito
C'è poi la norma ad hoc che riguarda docenti e ricercatori (anche per loro la tassazione è sul 10 per cento dei guadagni): qui i numeri sono in leggero calo, con 1.329 adesioni contro le 1.765 dell'anno di imposta 2019: per loro il reddito medio è stato di oltre 56 mila euro. In tutto si arriva così oltre quota 16 mila.
Le regole sono ancora diverse per quella che un po' approssimativamente era stata definita la flat tax dei Paperoni: un'agevolazione rivolta a soggetti con buona capacità economica, che non si trasferiscono per una specifica motivazione di lavoro. Sui loro redditi prodotti all'estero il fisco si accontenta di un'imposta sostitutiva forfetaria di 100 mila euro; nel caso ci siano anche dei familiari, questi versano 25 mila.
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L'opzione è revocabile, non può essere cumulata con le altre agevolazioni e comunque cessa dopo quindici anni. Vengono però tassati in Italia con le regole ordinarie tutti gli altri redditi prodotti in Italia. Le adesioni sono state oltre 400: circa il 46 per cento di loro ha prodotto nel nostro Paese un reddito complessivo pari a 94 milioni di euro, prevalentemente da lavoro dipendente.
lavorare in italia
LA PROPOSTA
Infine la proposta più recente del fisco a coloro che vivono all'estero (italiani o stranieri): tassazione sostitutiva del 7 per cento per i titolari di redditi da pensione estera che si trasferiscono in un comune meridionale con meno di 20 abitanti (l'opzione dal prossimo anno sarà estesa ai comuni delle aree terremotate). Qui il sottinteso è che i pensionati benestanti potrebbero dare una spinta a quei territori con i loro consumi.
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Per l'anno di imposta 2020 la risposta però è stata ancora molto bassa, pur se in crescita rispetto al periodo precedente: 159 persone hanno fatto questa scelta per un importo di 4,6 milioni (28.347 in media) che diventano 7,3 milioni includendo gli altri redditi di fonte estera, non da pensione. L'imposta dichiarata è di 512 mila euro.
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