Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
Dire che il Movimento rischia l'implosione è ormai un eufemismo. L'addio di Lorenzo Fioramonti e la cacciata di Gianluigi Paragone rivelano quanto profonda sia la piaga che si è aperta nel cuore, nell' anima e nella pancia del M5S. La scissione tanto paventata sembra essere già in atto.
lorenzo fioramonti
Per averne conferma basta leggere le parole con cui Alessandro Di Battista spezza il ritrovato asse con il capo politico e si schiera a tempo di record dalla parte dell' amico «eretico», espulso dai probiviri: «Gianluigi è infinitamente più grillino di tanti che si professano tali». Dove la scelta del termine «grillino», poco gradito a Luigi Di Maio e compagni, è il tentativo di mettere in fuorigioco il capo politico. Giorgio Trizzino su Affaritaliani.it dà voce a dubbi e sospetti: «Di Battista non pensa tanto alla ricostruzione del M5S, quanto alla sua demolizione».
luigi di maio lorenzo fioramonti 1
La spaccatura sembra insanabile, la posta in palio non è mai stata così alta. «È sbagliato espellere gli anticorpi - contesta Di Maio la senatrice Barbara Lezzi, da mesi sul piede di guerra - Paragone è e resta un mio collega». Sul piatto della bilancia c' è la tenuta dei gruppi parlamentari e quindi del Conte bis, c' è la leadership del ministro degli Esteri e c' è l' identità stessa dei 5 Stelle.
Messo alla porta, Paragone rischia di diventare un' altra potente calamita dello scontento e di attrarre, oltre che molti attivisti delusi, anche qualche senatore al secondo mandato, pronto a fare i bagagli pur di garantirsi un terzo giro di giostra. Un altro enorme problema per Di Maio, che teme un attacco al suo ruolo da parte del tandem Paragone-Di Battista e che rischia di presentarsi indebolito al tavolo della verifica di governo.
barbara lezzi
Non solo l' espulso e l' amico «Ale» sono visti come filoleghisti, ma Giorgia Meloni ha già iniziato a corteggiarli: «Normale che chi ha un briciolo di dignità si senta allo sbando...».
«Non c' è nessuna scissione», rassicurano i vertici del Movimento. Ma il pallottoliere del Parlamento è impietoso e registra che alla Camera i deputati sono scesi da 222 a 216. E altri sono pronti a uscire. Fioramonti lavora alla sua creatura politica, che dovrebbe chiamarsi Eco e partire al più presto come componente del gruppo Misto.
Le sirene dell' ex ministro, vicino a Grillo e lontano anni luce da Di Maio, si stanno rivelando molto attrattive. «Siamo già una dozzina e presto potremmo arrivare a venti e formare un gruppo autonomo», fa di conto un deputato già arruolato. Nelle chat riservate rimbalzano con insistenza crescente i nomi di Nadia Aprile, Rachele Silvestri, Massimiliano De Toma, Andrea Vallascas, Roberto Cataldi, Nunzio Angiola e Gianluca Rospi.
LUIGI GALLO M5S
Alle mosse di Fioramonti guardano altri ex 5 Stelle iscritti al Misto, come Gloria Vizzini, Sara Cunial, Veronica Giannone e Andrea Cecconi, che i vertici hanno allontanato per lo scandalo rimborsi, per poi pentirsene. Verso Fioramonti si muove anche il radicale Alessandro Fusacchia, ora nel Misto. Ma il nome che più preoccupa Di Maio è quello di Luigi Gallo. Amico di Beppe Grillo e vicinissimo a Roberto Fico, il presidente della commissione Cultura è stato più volte in corsa per un ministero. In contatto con Fioramonti, con cui si disse che stava orchestrando la scalata alla leadership, se non lascia è solo perché ci sta dentro da un decennio.
Sono numeri importanti, che possono terremotare il gruppo parlamentare e far ballare il governo. Soprattutto se il fuggi-fuggi dovesse riprendere anche al Senato, dove Grassi, Lucidi e Urraro hanno sbattuto la porta per seguire Salvini e dove la maggioranza è sul filo. «Altri usciranno presto», prevedono i rumors di Palazzo Madama.
GIANLUIGI PARAGONE E ALESSANDRO DI BATTISTA
Eppure Di Maio sembra non curarsene. Mostra di non fiutare le insidie e i veleni e sembra persino ansioso di liberarsi di altre «zavorre», tanto da minacciare sanzioni e verdetti dei probiviri per quei parlamentari che si rifiutano di versare quota dei loro stipendi al Movimento. «E se Paragone fosse solo l' inizio di una serie di espulsioni?», si chiede su Twitter l'ex ideologo Paolo Becchi.
Con larga dose di malizia, Paragone ha lanciato sul web una ventina di nomi di «rimborsi quota zero», da Acunzo ad Aprile, da Cappellani a Del Grosso. Il resto delle tensioni sottotraccia le ha scatenate Davide Casaleggio con il post del 30 dicembre su Facebook, in cui ha accusato 120 parlamentari di essere in conflitto di interessi. Fuoco amico, per colpire i tantissimi che si lamentano delle restituzioni.
DAVIDE CASALEGGIO ALL ONU