Estratto dell’articolo di Valerio Valentini per “Il Foglio”
MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI
Succede perfino questo: che nella Lega si citi Bertolt Brecht. La frase è nota: “Il Comitato centrale ha deciso: poiché il popolo non è d’accordo, bisogna nominare un nuovo popolo”. Ed è a quella frase, a quella provocazione, che Matteo Salvini s’aggrappa, all’indomani del voto regionale in Germania, per rilanciare la sua sfida a Giorgia Meloni. “AfD si afferma come secondo partito in Germania”, ragiona coi suoi confidenti il leader del Carroccio. “E se si considera che il Rassemblement National è in testa ai sondaggi in Francia, mi chiedo come si possa pensare di porre veti alle forze più votate nei due maggiori paesi europei”.
FRUTTETO DITALIA - VIGNETTA BY MACONDO
Rieccola, la battaglia di Salvini. Rieccola la competizione interna alla destra italiana, con Meloni che si muove sul filo e Antonio Tajani che fa il controcanto al collega vicepremier. Per quanto può durare? Durerà, in effetti. Almeno fino a giugno.
[…] il ministro degli Esteri non ha neppure bisogno di leggere le agenzie coi commenti dei leghisti al voto in Assia e in Baviera per ribadire che “è una questione di valori, prima ancora che di consenso: con gli estremisti, con chi propone classi differenziate per i bambini disabili, come può il Ppe cercare un dialogo?”.
Il riferimento è all’AfD, ovviamente. E però, a sentire che Tajani ne fa una questione di principio, Stefano Candiani, leghista tutto d’un pezzo, scuote il capo: “La politica si fa con numeri e idee. Non coi veti e col vuoto”.
afd 1
Realpolitik, insomma. Solo che pure sul modo d’intenderla, la realpolitik, tra Lega e FI si fa a capocciate. Perché se per Tajani “tanto più forte sarà la minaccia estremista, tanto più risoluta sarà la definizione del perimetro delle alleanze da parte dei partiti europeisti egemoni a Bruxelles”, insomma maggioranza Ursula a profusione, per la Lega, dice chi raccoglie le riflessioni di Lorenzo Fontana, presidente della Camera e responsabile Esteri del partito, la dinamica è opposta.
lotta continua meme su giorgia meloni e matteo salvini by edoardo baraldi
“Perché questa conventio ad excludendum non potrà esercitarsi per sempre su partiti che rappresentano porzioni enormi di popolo europeo, e questo i partiti della destra cosiddetta moderata o lo capiscono per tempo oppure saranno travolti”: ecco la sintesi dei ragionamenti attribuiti a Fontana, che del resto è stato il più convincente dei consiglieri di Salvini nel persuaderlo a non cercare la svolta al centro, il dialogo col Ppe auspicato da Giancarlo Giorgetti o Riccardo Molinari, e a ribadire il collocamento della Lega nel gruppo degli ultrasovranisti.
Di qui l’invito a Pontida per Marine Le Pen; di qui l’esultanza per l’AfD a ridosso del 15 per cento nel Land di Monaco, oltre il 18 in quello di Francoforte. Di qui, insomma, il progetto di “attaccare Meloni da destra”, anche con trovate più o meno spericolate sul fronte della diplomazia europea.
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MELONI MORAWIECKI
Inevitabile che Meloni sia inquieta. Prova, da un lato, a ridimensionare le trovate di Salvini. “Che ha tutto il diritto ad essere contento del risultato dell’AfD visto che è un suo alleato europeo”, prosegue non a caso Calovini, “ma quello che emerge è il rafforzamento della Cdu in Assia così come la tenuta della Csu in Baviera che avvengono in un contesto in cui non c’è alleanza con i socialisti: un rafforzamento delle forze conservatrici quando queste non governano con le sinistre ed è la linea che cercheremo di portare anche in Europa”.
D’altro canto, nel recitare la parte dell’intransigente senza remore, Salvini costringe Meloni a misurare ogni mossa col metro di chi potrebbe rimproverarle l’abiura, l’adesione all’europeismo delle grandi coalizioni. E’ in questa strettoia che la premier è costretta a pensare sul da farsi, in questa settimana.
Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki
Perché domenica si vota in Polonia, e il suo amico e alleato del PiS, il premier uscente Mateusz Morawiecki, ci terrebbe eccome a un rinnovato sostegno da parte della “cara Giorgia”. Solo che a Varsavia si gioca una partita che attraversa l’intero centrodestra europeo, visto che il Ppe è tutto schierato a sostegno di Donald Tusk, che di Morawiecki è acerrimo rivale. E Meloni sta lì, nel mezzo tra gli amici di sempre che non vuole abbandonare e quelli di domani con cui non vuole compromettersi. E a Palazzo Chigi dicono che no, non si esporrà. Forse anche per scaramanzia. Lo ha fatto per Vox, in Spagna, e non è andata bene.
giorgia meloni e mateusz morawiecki alla conferenza di ecr a varsavia Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki