squid game the challenge
1. SQUID GAME, NETFLIX NON SI FERMA PIÙ: LA SERIE TV DIVENTA REALITY
Giovanni Berruti per www.lastampa.it
Squid Game diventa realtà. Senza morti, chiaramente. Nelle scorse ore, Netflix ha infatti annunciato Squid Game: The Challenge, un reality show ispirato al k-drama di successo, previsto prossimamente sulla piattaforma.
Descritto come «il più grande reality show di sempre», sarà composto da dieci episodi. Proprio come in Squid Game, saranno 456 i partecipanti che dovranno sfidarsi per superare una serie di prove per l’ambito montepremi di 4,56 milioni di dollari, il più alto della storia della televisione. Non sono ancora stati svelati dettagli relativi ai giochi, ad esempio se riprenderanno quelli della serie originale, da Un, Due, Tre, Stella al Gioco del Calamaro, ma quel che è certo è che i concorrenti eliminati resteranno in vita. Il casting è attualmente in corso sul sito SquidGameCasting.com ed è aperto a chiunque parli fluentemente inglese, da qualsiasi parte del mondo.
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«Squid Game ha conquistato il mondo con la sua storia accattivante e l’iconico immaginario del regista, Hwang Dong-hyuk – ha affermato Brandon Riegg, vicepresidente dei contenuti unscripted di Netflix – Siamo grati per il suo supporto nel trasformare questo mondo in un’enorme competizione ed esperimento sociale. I fan della serie dovranno aspettarsi un incredibile viaggio, soprattutto imprevedibile, con i nostri 456 concorrenti che si ritroveranno ad affrontare la più grande competizione di sempre». Le riprese si svolgeranno nel Regno Unito.
ANNUNCIO SECONDA STAGIONE SQUID GAME
Pochi giorni fa, l’annuncio di Netflix del rinnovo di Squid Game per una seconda stagione, prevista per il 2024. Una scelta produttiva scontata quella del colosso di Los Gatos, considerato lo straordinario successo nello scorso autunno. Squid Game è diventata immediatamente la serie più vista su Netflix. Lo show coreano ha infatti conquistato ben 111 milioni di utenti in tutto il mondo nei primi 28 giorni, arrivando a totalizzare ben 1,6 miliardi di ore di visualizzazioni.
Non sono mancate delle piccole anticipazioni sulle prossime puntate da parte del creatore, Dong-hyuk: «E ora Gi-hun sta tornando assieme a Front Man. Potrebbe riapparire l’uomo in giacca e cravatta con i ddakji. Inoltre ci sarà Cheol-su, il fidanzato di Young-hee. Continua a seguirci per un nuovo turno di gioco».
2. È SOLO UN GIOCO
R.O. Kwon per “Vanity Fair”
i protagonisti di squid game 1
Gli dicevano che non l’avrebbe guardato nessuno. Nel 2009, il regista Hwang Dong-hyuk cercava di scrivere un film dal titolo Squid Game. Nonostante gli sforzi, complice la crisi finanziaria e i debiti personali, non era riuscito a ottenere i finanziamenti per quel soggetto che raccontava di centinaia di disperati pronti a sfidarsi all’ultimo sangue in una serie di giochi per bambini, con il miraggio di un grosso premio in denaro.
«Mi rispondevano che era troppo irrealistico», ricorda, «troppo assurdo, troppo violento». Troppo. Così Hwang si era rassegnato, aveva infilato la sceneggiatura nel classico cassetto e si era concentrato su altro. Nel decennio successivo ha diretto tre lavori acclamati, ma non ha mai dimenticato Squid Game e, nel 2018, l’ha ripreso in mano: «È stata un’esperienza strana, perché ciò che sembrava così irrealistico a quel punto non lo era più».
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Le disuguaglianze, infatti, stavano aumentando in tutto il mondo. Hwang, allora, ha fatto una mossa astuta: ha presentato la sceneggiatura a Netflix, che aveva da poco aperto una divisione in Asia. Il film è stato trasformato in una serie e, a soli dieci giorni dalla sua uscita, era il programma della piattaforma più visto in 90 Paesi, oltre che il primo titolo coreano a episodi a ricevere gli Screen Actors Guild Awards, conferiti anche a due dei suoi protagonisti: Lee Jung-jae e Hoyeon. Quest’ultima, la modella e attrice che interpreta Sae-byeok, disertrice nordcoreana, ha vinto il SAG Award per quello che è, incredibilmente, il suo primo ruolo.
Proprio lei racconta che Hwang si è concentrato sulle più piccole sfumature della sua interpretazione, fino alla sillabazione dei dialoghi, e che spesso consegnava al cast i copioni rivisti il giorno prima delle riprese scusandosi per i tempi e la quantità dei cambiamenti apportati, ma Hoyeon aggiunge che gli attori apprezzavano: «Era la prova che il regista stava mettendo tutto il suo impegno per rappresentare al meglio questi personaggi».
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Lee Jung-jae, nella serie il ludopatico Gi-hun, spiega che tra il cast e la troupe si era creato un clima di grande fiducia reciproca: «E lo dico dopo essere stato su moltissimi set in passato». Per circa un trentennio è stato uno degli attori più celebri della Corea e il suo SAG Award è l’ultimo di un lungo elenco di riconoscimenti. «Un altro elemento che ha favorito il nostro lavoro di squadra è stato bere insieme», aggiunge Hoyeon, con una risata.
Tornando a Lee, il suo Gi-hun è stato forse il ruolo più difficile della carriera: all’inizio è una sorta di «sciocco», come lo definisce il regista, ma con il tempo cambia; anche se l’attore sottolinea che una parte costante ed essenziale del personaggio è la sua rabbia verso le ingiustizie. Proprio il tema della rabbia ha probabilmente contribuito al successo di Squid Game.
ANNUNCIO SECONDA STAGIONE SQUID GAME
L’indebitamento complessivo delle famiglie della Corea del Sud, pari a oltre 1.500 miliardi di dollari, supera la produzione economica annuale del Paese, ed è distribuito in modo disomogeneo. In un periodo di grandi privazioni, iniquità, malattie, paure e angosce, la premessa distopica della serie appare, in modo allarmante, plausibile. Qualche tempo dopo l’uscita, quando 80.000 membri della Confederazione dei sindacati della Corea del Sud hanno scioperato, molti lo hanno fatto indossando costumi e maschere dei protagonisti.
Già in passato il lavoro di Hwang ha innescato dei cambiamenti sociali. L’indignazione per gli abusi descritti nel suo film del 2011, Dogani (noto in Occidente con il titolo The Crucible oppure Silenced), ha portato lA’ ssemblea Nazionale della Corea del Sud ad abolire la prescrizione per i crimini sessuali contro i minori e i disabili.
il cast di squid game ai sag awards 2022
Detto ciò, alcuni coreani hanno espresso preoccupazione per il modo in cui sono rappresentate le donne in Squid Game, per esempio il gruppo femminista Haeil ha chiesto di boicottare la serie per il suo «sguardo esclusivamente maschile». Si consideri che la Corea del Sud ha il più grande divario salariale di genere tra i Paesi ricchi e spesso si colloca agli ultimi posti negli indici di uguaglianza. Esiste anche una diffusa reazione antifemminista e le attiviste devono spesso affrontare gravi molestie.
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Hwang ritiene positivo che «la gente discuta di questi problemi e si confronti», nonostante non abbia iniziato a fare film con l’intento di parlare di questioni sociali. Semmai è stato l’amore per il cinema ad avere ispirato l’interesse per le ingiustizie. «Il mio primo obiettivo è creare un’opera che regali un’esperienza coinvolgente e divertente», continua. Senza rinunciare a fare riflettere sui temi rilevanti, certo. Quando lavora a un progetto commericiale con un budget elevato, considera una sua responsabilità garantire che il risultato sia redditizio per gli investitori e che porti «gioia al maggior numero di spettatori».
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Queste, probabilmente, sono le parole che ritornano più spesso parlando con lui e il cast: responsabilità e gioia. Chiediamo loro se sentono una pressione aggiuntiva dovendo rappresentare i coreani a un pubblico ampio, globale. «In effetti è una fonte significativa di stress», conferma Hwang. «Volente o nolente ormai qualunque cosa io faccia rappresenta la Corea. E qui le figure pubbliche sono tenute a standard morali molto, molto elevati». Dato che Squid Game ha segnato il suo esordio come attrice, è la vita di Hoyeon forse ad averne risentito maggiormente. Era un’apprezzata modella, ma adesso «viene regolarmente riconosciuta per strada» ed è rapidamente diventata una delle interpreti sudcoreane più seguite sui social.
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Intanto Hwang è alle battute finali delle trattative con Netflix per la seconda stagione, che prevede possa uscire entro la fine del 2023 o nel 2024. Ha tre pagine fitte di idee che intende trasformare in sceneggiatura e sulle quali può dire poco o nulla, eccetto anticipare che ci saranno altri giochi, «attraverso i quali l’umanità sarà ancora una volta messa alla prova».
Gi-hun tornerà sicuramente. Che cosa si augura chi lo interpreta? Vuole solo che abbia una vita più felice; poi, che – attenzione spoiler! – Sae-byeok, all’apparenza morta, abbia una sorella gemella e che Sang-woo (Park Hae-soo) sia stato portato via dalle guardie in tempo e sia rimasto in vita; così da poter lavorare di nuovo tutti e tre insieme.
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Oltre a Squid Game, Lee ha debuttato alla regia con il thriller Hunt appena presentato al Festival di Cannes; Park, invece, sarà il protagonista del remake coreano della serie spagnola La casa di carta su Netflix; Hoyeon, infine, sta valutando i suoi prossimi passi.
Alla domanda se la seconda stagione affronterà le stesse tematiche, il regista risponde così: «Voglio farne una io, di domanda: “È possibile una vera solidarietà tra gli esseri umani?”». In questo periodo di crisi globale, secondo lui l’unica arma per superare le sfide che le persone si trovano a fronteggiare è proprio la collaborazione.
Verso la fine del primo ciclo di episodi, sembrava sempre più probabile che, invece di lottare per avere un unico vincitore, le persone avrebbero potuto collaborare per conquistare il premio come squadra. È questo il messaggio che Hwang intendeva davvero trasmettere? Lui dice che era sua intenzione lasciare spazio a questa interpretazione, ma che poi ha prevalso il «desiderio dei partecipanti di uccidersi a vicenda», incapaci di sopravvivere come gruppo.
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Quindi azzarda un paragone con la situazione attuale: gli individui sembrano più simili a cavalli da corsa che cercano di superarsi l’uno con l’altro. Per concludere che l’epilogo sarebbe stato diverso se i personaggi di Squid Game fossero stati in grado di guardare al di fuori di se stessi: «Se avessero parlato tra loro e si fossero aiutati per davvero, allora sì, è vero, avremmo potuto vedere più vincitori».
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