Estratto dell’articolo di Emanuele Gamba per “la Repubblica”
NEYMAR KYLIAN MBAPPE MARCO VERRATTI
Non sono stati i soldi arabi a strappare al calcio occidentale anche Neymar, ma è il Psg che ha fatto di tutto per spingerlo via, come se spedirlo a Riad, nell’Al-Hilal di Milinkovic e Koulibaly, fosse ormai l’unica via d’uscita per un campione messo da parte, catalogato come il residuo di un passato sbagliato ed eccessivo.
L’operazione è tra le più rutilanti — 90 milioni al Psg, 160 a lui per due anni — eppure O Ney se ne va alla chetichella, da esubero, senza un saluto (l’ultima volta che i tifosi parigini hanno avuto un contatto con lui, gli hanno dato del mercenario) e guarda caso nel giorno del reintegro di Mbappé: una concomitanza che rimarca un’incompatibilità, perché l’addio di Neymar — di cui nei primi anni è stato amico stretto e sotto la cui ala protettiva si sistemò all’inizio — era una delle condizioni poste da Kylian per restare a Parigi.
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Niente di personale, né invidie o gelosie: il fatto è che nel tempo il brasiliano è diventato il simbolo della dissolutezza parigina e il suo calcio irrisolto è sempre rimasto a metà tra il numero di prestigio (oh, ne ha fatti di meravigliosi) e quello da circo. […]
In pratica, Neymar è stato futuro e passato ma mai presente, che ha dissipato un po’ per boria (quante faccende extracampo, quanti party, quanti social: sono le cose per le quali Mbappé, professionista rigoroso, lo ha scaricato) e un po’ per sfortuna, visto che gli infortuni gli hanno martoriato le caviglie e nei 6 anni parigini ha saltato circa la metà delle partite, mentre il Mondiale di casa glielo interruppe una terribile ginocchiata alla schiena di Zuniga. […]
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