Da ilnapolista.it – 24luglio 2020
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Gianni Clerici compie 90 anni. Lo “scrittore prestato allo sport” che ha raccontato il tennis meglio di chiunque altro negli ultimi 70 anni, ha un’aneddotica che lo riguarda che solo a farne un veloce elenco non basterebbero due tomi Treccani, come dice Ubaldo Scanagatta. Angelo Carotenuto, per il Venerdì di Repubblica, ha intervistato Nicola Pietrangeli, l’unico italiano con Clerici nella Hall of Fame del tennis. Clerici col doppio ruolo: ex giocatore (ha giocato anche un Roland Garros e a Wimbledon) e soprattutto da giornalista.
“Ma lui non ha mai lavorato per soldi. Ha scritto almeno due libri (“500 anni di tennis” e “Divina”) che fra due secoli saranno ancora consultati per sapere com’è che andavano le cose nel nostro lavoro. Quelli sono capolavori”.
Poi, dice Pietrangeli, ci sono i “romanzetti” tipo “I gesti bianchi”, scritto “per far vedere che rispetto a me lui c’aveva più donne. Gli è sempre piaciuto passare per un dongiovanni più di me. Onestamente non c’era partita”.
Clerici è famoso per le sue descrizioni femminili…
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“Il suo è un atteggiamento quasi teppistico. Come nell’atteggiamento giocoso a far la checca. Non lo è. Ma racconta le donne e parla delle donne come una checca. Ci ha sempre giocato molto su questo registro, come con certe maniere tipicamente settentrionali, il suo campanilismo, il suo accento. Un po’ c’era un po’ ci faceva. Gli piaceva essere e interpretare il gagà milanese, gli piaceva essere e interpretare Gianni Clerici”.
Clerici ha sempre dribblato le contrapposizioni epocali su chi fosse il giocatore più forte di tutti i tempi. Pietrangeli la mette così:
“Potrei fare il presuntuoso. Potrei dire che batterei Federer ad occhi chiusi ma non ci sarebbe la controprova. E allora se non c’è non vale nemmeno il contrario. Ma io ho vinto da solo più Slam di tutti gli altri italiani della storia messi assieme. Se guardiamo solo le vittorie. Io prima del computer fra i primi 10 del mondo ci sono stato per 10 anni, due anni al numero 3, per due anni numero 1 sulla terra. Non lo dico per vantarmi. Ma quando un anno fa è venuto fuori il ragazzo altoatesino, Sinner, sa cosa ha scritto Clerici? E’ nato un altro Pietrangeli. Non è per dir male di Panatta…”.
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Tre anni di differenza, praticamente coetanei. Nicola Pietrangeli rappresentava quello cui Gianni Clerici ambiva: essere un bicampione Slam, con i suoi due Roland Garros. Sono cresciuti insieme, si sono anche incrociati sul campo di tennis da giovani. Poi l’uno ha seguito le vicende dell’altro.
Nicola, può raccontarci Gianni Clerici?
«Un sentimento: gagliardo, come si dice a Roma. Gianni era Gianni. Come faccio a raccontarvelo? Solo chi l’ha conosciuto può capire la sua grandezza, non si riesce in poche righe».
Proviamoci, iniziando da quando siete cresciuti insieme.
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«Sì, lui a Como e io a Roma, città diverse ma il tennis ci ha fatto incontrare. Ci conoscevamo da settant’anni. Aveva tre anni più di me, pensate che mi aveva anche battuto una volta, sul campo: credo fosse un match di prima categoria».
E poi lei è cresciuto...
«Vabbè, non è che diventiamo tutti Federer, manco io. Le strade hanno preso direzioni diverse, ma lui ha trovato il modo e ci ha seguito in tutto il mondo, ha descritto le nostre gesta».
Con articoli, libri, telecronache. Tutti favolosi.
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«Vogliamo parlare del suo libro, 500 anni di tennis? Credetemi, soltanto lui — nel mondo — poteva scrivere quel best seller, perché solo lui aveva i mezzi, letterari ed economici, per poter effettuare le ricerche che quel libro necessitava: lo immagino come una specie di Indiana Jones alla ricerca di manoscritti, quadri, opere d’arte antiche sulla racchetta. Come se avesse un sesto senso, una cosa che gli veniva naturale».
Una vita fenomenale, dunque.
«Mi piace pensare, ed è assolutamente così, che abbia avuto una vita piena. Che se la sia goduta alla grande con i tanti viaggi, la frequentazione di bella gente e i tanti riconoscimenti ricevuti».
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Infatti ne condividete uno: siete entrambi nella Hall of Fame a Newport.
«Sì, mi ricordo quel giorno del suo ingresso nelle Leggende. Ora mi ha lasciato solo, e già mi manca...».
Di lei scriveva che era un inguaribile “tombeur des femmes”.
«Ehh... nei suoi libri c’è sempre stata una piccola sfida con me per le donne. Ma era gagliardo, e non gli si poteva che volere bene. Difficile trovare uno che gli volesse male».
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Poi lo scriba si è trasformato in telecronista, con Rino Tommasi.
«Memorabili quelle loro telecronache, qualsiasi commento era accettato da tutti, e questo vuol dire che c’era un grande rispetto. Erano come Totò e Peppino».
Nicola, si percepisce il suo dolore.
«Eh... purtroppo, e lo dico per esperienza personale, a un certo punto le cose finiscono, ahinoi la storia finisce. Sarà una frase banale lo so, ma non avere più Gianni in giro è una gran perdita: lui era un genialoide, gli riuscivano delle cose in modo davvero creativo. Un altro come lui sarà difficile che nasca».
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