Claudio Del Frate per il Corriere della Sera
Il comune di Trieste ha rifiutato l’iscrizione alle scuole d’infanzia a quattro bambini che non risultavano vaccinati e le cui famiglie, anche in seguito alle sollecitazioni delle autorità sanitarie, si sono rifiutate di sottoporre i figli alle terapie previste.
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LA DELIBERA
Il diniego all’iscrizione è conseguenza di un regolamento che la città di Trieste, prima in Italia, ha adottato e che prevede norme molto rigide in tema di prevenzione di malattie contagiose: tutti i bambini da 0 a 6 anni, per essere accettati in una delle 27 scuole comunali, devono essere in regola con le 4 vaccinazioni obbligatorie previste dalla legge: difterite, tetano, epatite, poliomielite. Una norma ancora più severa di quella adottata dalla Regione Emilia Romagna, dove l’obbligo vale solo per i bimbi fino a 3 anni.
Il “no” all’iscrizione dei 4 bambini giunge al culmine di una battaglia, soprattutto legale, affrontata dal comune che si è trovato contro un agguerrito quanto esiguo numero di famiglie anti vacciniste e si inserisce in pieno nel dibattito che sta investendo proprio in questi giorni l’intera opinione pubblica nazionale.
vaccinofobia paura dei vaccini
«La nostra delibera - racconta Angela Brandi, assessore ai servizi educativi - è partita lo scorso novembre da un dato di fatto: a Trieste la percentuale di popolazione vaccinata oscillava a seconda delle malattie tra l’89 e il 91 %, a fronte di una soglia di sicurezza fissata al 95. Abbiamo dunque raccolto l’allarme della comunità medico scientifica sul tema, anche in mancanza di provvedimenti da parte della Regione Friuli Venezia Giulia».
LA BATTAGLIA LEGALE
La delibera è passata in consiglio comunale con la sola astensione del M5S ma, come anticipato, alcune famiglie contrarie hanno tentato di stopparla con un ricorso al Tar; i giudici amministrativi hanno respinto la richiesta argomentando che, in tema di vaccinazioni, la tutela della salute pubblica deve sempre prevalere sulle scelte individuali. Le stesse famiglie hanno fatto poi appello al Consiglio di Stato che, in via preliminare, non ha stoppato il regolamento con le stesse motivazioni del Tar.
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E si giunge all’oggi. «Il 28 aprile - spiega ancora Angela Brandi - abbiamo pubblicato le graduatorie degli ammessi alle scuole dell’infanzia (nidi e materne) e in collaborazione con le autorità sanitarie abbiamo passato in rassegna chi possedeva i requisiti giusti. Per 64 bimbi mancavano le vaccinazioni: abbiamo chiamato a una a una le famiglie, rendendoci conto che per oltre 30 casi la vaccinazione era stata eseguita in altri comuni o all’estero; altri 19 genitori hanno accettato di sottoporre il figlio al trattamento dietro nostro consiglio mentre in 4 casi non c’è stato verso di far cambiare idea. A quel punto abbiamo rifiutato l’iscrizione: un atto di responsabilità da parte nostra e che riteniamo inattaccabile anche perché a differenze delle elementari, per nidi e materne la legge non prevede obblighi di frequenza».
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L’ALLARME MORBILLO
Intanto il Ministero della Salute e l’Istituto superiore della sanità (ISS) hanno fatto sapere che ad aprile i casi di morbillo registrati nel nostro Paese sono stati 385, cinque volte quelli verificatisi nello stesso mese del 2016, quando se ne erano contati appena 76. Sono quindi più di 1900 i casi in totale dall’inizio di quest’anno. Di questi un terzo con almeno una complicanza con il 40% di ricoveri e il 15% di accessi al pronto soccorso.
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L’Italia è il secondo Paese in Europa per numero di casi di morbillo, dopo la Romania. Lo ha ricordato recentemente l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) in occasione della Settimana mondiale delle vaccinazioni, «#VaccineWork», dal 24 al 30 aprile.
Ecco perché l’Italia è entrata recentemente nell’elenco dei Paesi «a rischio salute» per gli americani che intendono viaggiare all’estero. I Cdc di Atlanta hanno emesso una nota in cui si invitano i cittadini in partenza per il Belpaese a prendere misure precauzionali: assicurarsi di essere vaccinati contro il morbillo o vaccinarsi; lavarsi spesso le mani; evitare di toccarsi il volto prima di lavarsi le mani.