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    “NOI NON PARLIAMO DI POLITICA, SOLO DI CALCIO” - FRATTESI INTERROTTO DAL RESPONSABILE COMUNICAZIONE FIGC ALLA DOMANDA SULLA PRESA DI POSIZIONE ANTI LE PEN DI MBAPPE’ – IL CENTROCAMPISTA DELL’INTER MEJO DI FORLANI: “NON HO SEGUITO LA VICENDA, OGNUNO È LIBERO DI ESPRIMERSI NEL RISPETTO DI TUTTI” – “IL NAPOLISTA”: "A GRAVINA, CON MBAPPÉ CAPITANO DELL’ITALIA, SAREBBE VENUTO UN COCCOLONE IN CONFERENZA STAMPA E AVREBBE IMPOSTO UNA CONFERENZA RIPARATRICE”


     
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    Da ilnapolista.it - Estratti

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    Davide Frattesi quest’oggi in conferenza stampa da ‘Casa Azzurri’ a Iserlohn, sede del ritiro dell’Italia in Germania. A tre giorni dalla sfida contro la Spagna il centrocampista della Nazionale prenderà la parola per rispondere alle domande dei giornalisti presenti.

     

    Come mai il mister ti richiama spesso?

    «Va bene, vuol dire che il mister crede in me. Poi da fuori la gara si vede meglio, a volte non ci rendiamo conto della posizione migliore da prendere e lui cerca di darti una mano e dei consigli. Quando gli avversari sono schiacciati mi chiede di uscire dal traffico e di allargarmi così da avere più spazio».

     

     

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    Posizione politica forte della Francia. Cosa ne pensi tu? Interrotto il giornalista. «Noi non parliamo di politica, noi parliamo di calcio», l’interruzione del responsabile della comunicazione della Nazionale.

    Frattesi: «Credo sia giusto esprimersi, ognuno deve portare avanti i propri ideali. Però non ho seguito la vicenda. Ognuno è libero di esprimersi nel rispetto di tutti».

     

    Contro la Spagna più spazi? Giochi più in Nazionali che nell’Inter:

    «Credo di si. Sicuramente ci sarà più spazio, più da difendere anche se vogliamo fare una partita di possesso. Credo che non sia mai facile calarsi in un ambiente al primo anno in una squadra che arrivata in finale di Champions. La mia gestione è stata giusta da parte di mister Inzaghi. Con Spalletti anche più tempo per imparare i meccanismi, arrivare subito è un qualcosa in più».

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    GRAVINA, CON MBAPPÉ CAPITANO DELL’ITALIA, SAREBBE MORTO IN CONFERENZA STAMPA

    Mario Piccirillo per ilnapolista.it

     

    Fosse capitato a Gravina, un capitano della Nazionale che – d’emblée – va in conferenza stampa a fare campagna elettorale, ora staremmo pubblicando il coccodrillo del presidente della nostra Federcalcio venuto a mancare per un coccolone improvviso.

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    Nel frattempo la macchina “endofederale” avrebbe convocato una conferenza di riparazione, e piazzato davanti ai giornalisti un centravanti qualunque a perorare la causa dell’altra parte politica. Mbappé invita a votare contro Le Pen? E allora ecco un Giroud che endorsa il Rassemblement National.

     

    Ma tranquilli, è distopia. Capitan Donnarumma manco con l’arbitro può parlare, ha delegato Jorginho. E il capitano dell’Europeo precedente, Chiellini, è passato alla storia per la promessa di “fare qualcosa contro i nazisti” mentre i suoi compagni (non) s’inginocchiavano in ordine sparso per il Black Lives Matter. Spoiler: non ha fatto niente, intanto s’è ritirato. Nascosto dalla coltre di paillettes della festa, resiste il cadavere mummificato di quella figuraccia: gli Azzurri tentennanti, alcuni genuflessi, altri no, qualcuno ad accennare uno squat parecchio impacciato: era solo riscaldamento, che volete da me?

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    L’Equipe stamattina si gode questa “intersezione” di eventi epocali: l’Europeo dopo le europee, senza compartimenti stagni. I giocatori che si scoprono esseri umani, e non alieni qualunquisti. Come ha detto Mbappè? Ah sì: “Siamo prima di tutto cittadini”. Gente che espone opinioni: non arrendiamoci all’estrema destra. Ma di che parlano?

     

    Da queste parti il calcio è l’ultimo territorio davvero neutrale della Terra. Le uniche minoranze sono quelle solitamente “sparute”, “di cretini”. Il resto è retorica plasticosa, risposte scongelate e tutto l’armamentario di invisibilità che insegnano fin dalla scuola calcio. Restiamo urlatori invasati dell’inno: stringiamci a coorte, che siam pronti alla morte (SÌ!) ma non a prendere una posizione plateale (NÌ’!). Che sia razzismo, omofobia, diritti, elezioni: siamo italiani e giochiamo a pallone. Stop.

     

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    E infatti quando sul tema un giornalista ha teso un mezzo agguato (siamo ironici) alla conferenza di Frattesi (ha fatto una domanda, quel senzadio), immediatamente è scattato il responsabile della comunicazione della Nazionale: “Noi non parliamo di politica, noi parliamo di calcio“. Frattesi – l’altra parte del “noi” – ha ammorbidito: “Credo sia giusto esprimersi, ognuno deve portare avanti i propri ideali. Però non ho seguito la vicenda. Ognuno è libero di esprimersi nel rispetto di tutti“. Amen.

     

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    Lasciamo lo sport fuori dalla politica, è un tormentone. E noi siamo fuoriclasse: qui dabbasso non può sfuggirci l’occasione di mimetizzarci nell’endemico ponziopilatismo. Thuram e Mbappé facciano come credono (ma anche i nazionali georgiani, che lottavano settimane fa contro la “Putinizzazione” del loro parlamento) sono stranieri: non sanno campà, non hanno il bidet.

     

    L’Italia invece è orgogliosa della sua anima democristiana, per questioni d’opportunità e d’opportunismo. Quando “scende in campo” la Nazionale, non è mai una metafora: è solo una partita, due calci a un pallone, e tre interviste ruminate chissà quanto. Potessero farlo, i nostri si fingerebbero morti al fischio finale, come undici opossum, pur di non dover testimoniare al mondo – ogni volta, con malcelato imbarazzo – che siamo italiani mica per caso: “noi” siamo amici di tutti, fratelli d’Italia.

     

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