Carlotta De Leo per “il Corriere della Sera”
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Nel lungo autunno del Covid-19 ora tutti guardano al vaccino anti-influenzale. Uno strumento fondamentale, secondo gli esperti, per evitare di sovraccaricare i pronti soccorso con diagnosi «dubbie». Ma non solo. Sempre più ricerche, infatti, dimostrano che meno è diffuso il vaccino anti-influenzale e più il coronavirus colpisce duramente. L'ultimo studio arriva dal Centro cardiologico Monzino di Milano ed è appena stato pubblicato sulla rivista internazionale Vaccines . I ricercatori hanno dimostrato che, nei mesi del lockdown, le regioni italiane con un più alto tasso di copertura vaccinale nella fascia degli over 65 hanno registrato meno contagi, meno ricoverati e meno vittime di Covid-19.
«I tassi di diffusione e la gravità del virus sono inversamente proporzionali al tasso di vaccinazione anti-influenzale - spiega Mauro Amato, ricercatore del Monzino -. Un aumento dell'1% della copertura vaccinale avrebbe evitato 78.560 contagi, 2.512 ricoveri e quasi 2mila morti». Il messaggio ormai è chiaro: meno vaccini, più Covid-19. Il ministero della Salute, infatti, ha allargato la campagna vaccinale che partirà tra pochi giorni. La profilassi è gratuita per le categorie a rischio: over 60 (non più over 65), operatori sanitari, donne in gravidanza e bimbi dai 6 mesi ai 6 anni. Lo scopo è aumentare la copertura che l'anno scorso si è fermata al 17% degli italiani, il 54% nella fascia degli over 65 (livello più basso della media europea).
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«Le Regioni hanno acquistato 17,8 milioni di dosi, oltre il 50% in più del 2019. Secondo le nostre valutazioni garantiremo il vaccino alle categorie a rischio ai soggetti fragili e ai professionisti più esposti» assicurano dal ministero di Roberto Speranza. Eppure, secondo l'analisi indipendente della Fondazione Gimbe, le scorte basteranno a garantire il vaccino solo a 1 italiano su 3 , considerando i 60 milioni che vivono nel nostro Paese. E addirittura 7 regioni (Piemonte, Lombardia, Umbria, Molise, Valle d'Aosta, Abruzzo e Basilicata) e 2 province autonome (Trento e Bolzano) rischiano di non poter assicurare la profilassi gratuita neppure al 75% delle categorie a rischio.
L'allarme riguarda anche «l'esigua disponibilità dei vaccini nelle farmacie» spiega Nino Cartabellotta, presidente di Gimbe. Al momento le Regioni hanno ceduto alle farmacie solo l'1,5% delle scorte: in tutto circa 250mila dosi che difficilmente basteranno per accontare la domanda di chi è disposto a pagare per il vaccino . A complicare la situazione ecco i temuti ritardi. «
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Mi risulta che i vaccini per le fasce protette non siano arrivati ai medici di famiglia - afferma il presidente di Federfarma Marco Cossolo -. Le dosi in vendita sono poche: per ora solo l'Emilia-Romagna ha destinato altre 36mila dosi alle farmacie. Siamo in una fase di stallo e la campagna vaccinale rischia di partire in ritardo».
«Le scorte a disposizione possono essere incrementate e Aifa ha avuto mandato di reperire ulteriori dosi sul mercato internazionale se ce ne sarà bisogno - spiegano dal ministero della Salute -. Ma occorre valutare le richieste nelle prime settimane di campagna per poter procedere a eventuali nuovi acquisti. La vaccinazione quest' anno proseguirà a oltranza, finché i medici di base avranno richieste». Le aziende farmaceutiche ribadiscono l'impegno insieme a Aifa «per garantire vaccini non solo alle fasce protette ricorrendo anche a importazioni» dice il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi.