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    NON C’E’ DUE SENZA TRE! MALAGÒ RIELETTO CON PERCENTUALI BULGARE (QUASI L’80%) PRESIDENTE DEL CONI. SARA’ IL SUO TERZO E ULTIMO MANDATO – MEGALO’ NON SI RISPARMIA LA CITAZIONE DI RITO DI DE GREGORI E RIVELA: “HO RIFIUTATO DIVERSE PROPOSTE PERCHÉ RITENGO QUELLO DI PRESIDENTE CONI IL RUOLO PIÙ BELLO DEL MONDO” (QUALI ERANO QUESTE PROPOSTE?)


     
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    Matteo Pinci per repubblica.it

     

    giovanni malagò foto mezzelani gmt010 giovanni malagò foto mezzelani gmt010

    Nessuna sorpresa. Giovanni Malagò è ancora presidente del Coni. Lo sarà per l'ultima volta e fino al 2024. Ce l'ha fatta, Malagò, col 79,71% dei voti validi, raccogliendo 55 preferenze su 71 (erano 74 i delegati: due assenti il presidente federazione Vela Francesco Ettorre e presidente federazione Danza Sportiva Enzo Resciniti, mentre non ha ritirato la scheda il presidente dell’Unione italiana tira a segno) e con 69 schede valide: lo sfidante Renato Di Rocco ha raccolto 13 voti (18,84%), uno la sfidante Antonella Bellutti (1,45%), poi una scheda bianca, una nulla (su cui era stato scritto il nome di un parlamentare).

     

    Malagò ha salutato con un bacio Bellutti e una stretta di mano Di Rocco una volta raggiunto il quorum (38 voti). Poi, ha ringraziato i suoi avversari, chiudendo con una citazione di Francesco De Gregori: "Sarà l’ultimo mandato, non mi risparmierò, per arrivare insieme al traguardo e essere ancora più uniti in questo momento di tempesta. Ringrazio i miei due avversari elettorali, mi hanno stimolato a moltiplicare le energie.

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    Vi racconto una cosa che pochi sanno: in questi anni ho ricevuto molte proposte di fare cose sulla carta belle e prestigiose. Non le ho mai prese in considerazione. Per due motivi: perché ho preso un impegno nei confronti di tutti quelli che mi hanno detto che hanno fiducia in me. La seconda è perché per me non esiste un ruolo più bello di quello di presidente del Coni. Siete la mia famiglia, mi troverete sempre dalla stessa parte. Viva l’Italia".

     

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    Settantacinque anni dopo l'ultima volta, una Milano baciata da un sole già estivo ha accolto il Consiglio nazionale elettivo del Coni, aprendo le porte del tennis Club Milano Bonacossa. Fondato dal conte Alberto Bonacossa, aveva ospitato la prima scuola di tennis in Italia e le elezioni Coni del 1946, con Giulio Onesti. Franco Carraro, che ha presieduto il Consiglio, ha introdotto i candidati Giovanni Malagò, Renato Di Rocco e Antonella Bellutti: "Tutti i candidati appartengono allo sport: come voterete, voterete bene".

     

     

     

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     I discorsi programmatici

     

    Antonella Bellutti: "Molte persone mi hanno convinto a candidarmi, molte persone che non si sentono rappresentate. Lo stupore per una candidatura femminile alla massima carica sportiva italiana si è trasformato in attenzione per una voce fuori dal coro. E poi in un'occasione per un dibattito intorno allo sport. I temi che rappresento hanno fatto sì che l'elezione del Coni sia diventata un fatto pubblico. Sono stata definita inesperta nonostante abbia tutti e 3 i requisiti richiesti per candidarsi, e mi sono posta la domanda se sarebbe accaduto lo stesso se fossi stata un uomo. E se l'è posta chiunque abbia letto i numeri di rappresentanza maschile nello sport: il gender gap è l'unica gara da vincere. I contenuti del mio programma li ho ritrovati nelle parole del presidente Draghi e della sottosegretaria Vezzali. Il mio programma è stato sostenuto dai fatti di cronaca, come il caso della pallavolista Lara Lugli: il silenzio è assordante, tra pochi giorni Lara Lugli dovrà sedere sul banco degli imputati per aver voluto un figlio che tra l'altro non ha avuto e nessuna istituzione pubblica si è levata a monito perché ciò non accada. La maternità èun diritto costituzionale, ma per lo sport cos'è? ".

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    Malagò: "Da 107 anni questo è il momento più importante del Comitato olimpico. Serve a ricordare gli impegni dei prossimi 4 anni, si crea emozione, pathos, complicità in senso buono almeno spero. Ma a prescindere da queste peculiarità, oggi ne abbiamo altre: il luogo, qui, la persona a cui dobbiamo tutto, Giulio Onesti, quando la politica decise di intraprendere un'altra strada, e che il Coni si chiudesse, lui si rese conto di quella che era ed è l'importanza del Comitato Olimpico nel nostro Paese.

     

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    Sappiamo le percentuali di quanti non riapriranno e di quanti rischiano di non riaprire, sappiamo le incertezze sul domani, che rischiano di renderlo molto più marginale rispetto a prima. Alla pandemia si sono aggiunte burrasche politiche. Il legislatore ha deciso che i presidenti non potessero fare più di 3 mandati. Siamo a Milano perché è città Olimpica: lo sarà fino al 2026 e in eterno. Lo è perché ci hanno dato fiducia, sappiamo benissimo chi non ce l'ha data. Famiglia e sport sono la base dei miei valori su cui io strutturo tutta la mia quotidianità. Ho ascoltato tutti e ho risolto quasi tutti i problemi che mi avete portato.

     

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    Non avete trovato mai la porta del mio ufficio chiusa, anche se accanto succedeva tutto quello che vi ho raccontato. Abbiamo tenuto il timone dritto valorizzando il nostro marchio: abbiamo riconquistato la nostra autonomia, ora dobbiamo trovare risorse da trasferire a ogni federazione con parametri chiari, individuati da terzi del nostro mondo, e non da fuori, per trasferirlo ai grandi malati: le società sportive e gli impianti. Il Pil dello sport è cresciuto rispetto a quello del Paese. E' possibile solo perché è sceso così tanto il denominatore che le nostre percentuali sono migliori. Ma dobbiamo chiedere più di quello che si è fatto per sostenere lo sport. L'ultima cosa che dobbiamo fare è far vedere che qualcuno gioca una partita per conto proprio.

     

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    Renato Di Rocco: "Il presidente uscente è stato molto bravo a valorizzare il marchio e nella raccolta pubblicitaria, che viene anche dal lavoro delle federazioni. L'unità a cui ci ha richiamati Malagò c'è semore stata e ci sarà sempre. Il dialogo con le istituzioni invece è mancato ed è arrivato un decreto legge: credo sia doveroso accompagnare la riforma con la stessa unità. Da candidato ho visitato tutte le realtà: al Coni viene tutto nominato, mentre da anni le federazioni sono state quasi vessate da norme in cui tutte le cariche, davvero tutte, sono elettive. Una vera democrazia partecipata, mi piacerebbe che fosse così anche nell'ente di vigilanza, che è il Coni. Non ho mai visto una situazione così drammatica per i dipendenti. Ora in particolare con il mancato accordo di servizio con Sport e Salute.

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    Lo smart working ha peggiorato ulteriormente la qualità del lavoro delle persone. Sul decreto di riforma, dico che dobbiamo lavorare tutti insieme e rivendico la centralità dell'istituzione Coni. Lo scorso anno abbiamo organizzato un campionato del mondo di ciclismo in 21 giorni, per il presidente del Cio Bach "un miracolo italiano". Ma tante realtà stanno facendo da sole, non c'è una cabina di regia, manca la centralità del Coni come riferimento. Il Consiglio nazionale aveva chiesto di lavorare a un modello che sia lo sport post Covid.

     

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    La chiusura del secondo canale di Rai Sport ha tolto molta visibilità allo sport. Credo sia il momento di creare un canale tv del Coni, o di Sport e Salute, perché credo che anche pochi minuti a settimana per ogni disciplina potrebbe alzare la visibilità, anche quella degli atleti. Tanti ottengono risultati e non ne hanno benefici di immagine. La Giustizia sportiva è un altro degli argomenti fondamentali da ritrattare. La mia candidatura è di totale servizio, non prenderò indennità. Lo scorso anno siamo stati etichettati da un ministro come "una casta". Ua delle cose che mi ha offeso di più lo scorso anno. Invece io credo che tutti i presidenti federali abbiano bisogno di un salario degno".

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