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    “DOPING? NON C'È SOLO LA RUSSIA. ATTENTI A KENYA E CINA” - PARLA RICHARD MCLAREN, IL CACCIATORE DI DOPATI PIÙ FAMOSO DEL MONDO: “TUTTI NEGANO E GLI ATLETI SONO QUASI SEMPRE VITTIME. ANCHE SE IN CERTI STATI (ITALIA, FRANCIA, LA STESSA RUSSIA) IL DOPING È REATO, IO CREDO CHE CHI SI DOPA NON COMMETTA UN CRIMINE MA ROMPA UNA CLAUSOLA CONTRATTUALE FIRMATA CON LA SUA FEDERAZIONE. E VADA PUNITO PER QUESTO. STOP”


     
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    Marco Bonarrigo per il “Corriere della Sera”

     

    Richard McLaren, 75 anni, giurista e professore universitario canadese, è dal 2000 (inchiesta sull' abuso di steroidi nell' atletica Usa) il più famoso cacciatore indipendente di dopati e dopatori al mondo. È lui che nel 2016 (su incarico della Wada, l' Agenzia mondiale antidoping) ha smascherato l' enorme truffa della Russia con i due «Rapporti» che portano il suo nome.

     

    Professor McLaren, cosa vuol dire investigatore indipendente?

    «Che la Wada mi ha pagato per valutare in autonomia se dietro lo sport russo ci fosse un sistema di doping di stato. Indipendente vuol dire che nessuno mi ha detto ciò che dovevo fare o in che direzione andare».

     

    I suoi rapporti (200 pagine, oltre 4 mila allegati) esibiscono prove in quantità industriale. Ma la Russia continua a negare.

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    «Nessun bambino colto sul fatto dopo una marachella ammette le sue colpe. La Russia è un bimbo orgoglioso. Ma Putin ha confessato che lo sport sovietico ha molti problemi e Yuri Ganus, capo dell' agenzia antidoping, affermato che i suoi "non son degni di andare ai Giochi". Negano anche Kenya, dove il doping di stato dilaga, e Cina. Non mi sono mai occupato dell' Italia, ma se paradossalmente si presentasse una situazione simile non mi aspetterei ammissioni di colpa».

     

    Ha indagato sul sistema Russia e non sui singoli. Ma ha fatto emergere 1000 dopati e revocare decine di medaglie olimpiche. Che ruolo avevano gli atleti?

    «Le rispondo citando Yulija Stepanova, mezzofondista, testimone chiave dell' indagine.

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    Teenager di talento, Yulija a un certo punto si vede surclassare da atlete che aveva sempre battuto. Chiede spiegazioni al suo coach, lui le risponde che loro sono nel "sistema" mentre lei no. Stepanova entra nel sistema: doping e falsificazione dei test. Ma siccome i risultati non arrivano la usano come capro espiatorio: firma questa confessione, ammetti le tue colpe e ti squalifichiamo solo per due anni. Rifiuta e sei finita. Yulija è scappata negli Usa dove vive sotto protezione. Gli atleti, salvo casi isolati, erano vittime: per sopravvivere smettevano di farsi domande».

     

    Lei sostiene che doparsi non è un crimine.

    «Anche se in certi stati (Italia, Francia, la stessa Russia) il doping è reato, io credo che chi si dopa rompa una clausola contrattuale firmata con la sua federazione. E vada punito per questo. Stop».

     

    Lei fa parte di un gruppo di giuristi specializzati nel doping. Ma, in in molti Paesi chi indaga e giudica spesso è un avvocato o ex magistrato prestato alla giustizia sportiva.

    «Avere un background specialistico ti fa afferrare i problemi rapidamente e con precisione, indagare con cognizione di causa e pronunciare sentenze eque».

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    Ha definito lo sport «casa di carta nel vortice di un gioco di pubbliche relazioni e poteri forti».

    «C' è una costante nelle inchieste che seguo dal 2000: dirigenti sportivi che hanno come scopo quello di proteggere le loro posizioni per mantenere il potere il più a lungo possibile. Se devi portare avanti contemporaneamente un business e difendere il tuo sport dal doping, il business spesso è la priorità».

     

    Lamine Diack, agli arresti in Francia con l' accusa di aver gestito l' enorme caso di corruzione dell' atletica leggera, è stato presidente federale per 25 anni. Il potere infinito nello sport è un problema?

    «Lo è. Sto indagando sulla Iwf, la federazione del sollevamento pesi, al centro di un caso di presunta corruzione. Tamas Ajan (membro del Cio, si è dimesso il mese scorso, ndr ) la presiede dal 1975. Quasi 50 anni, capisce?».

     

    Il potere corrompe?

    «Nelle grandi aziende il turnover degli uomini chiave è rapido: tre, quattro anni e si cambia. Nello sport si ragiona sui decenni: così aumentano il rischio di cedere alla corruzione e di lavorare solo per mantenere il potere».

     

    A luglio il Tas di Losanna deciderà se squalificare o meno tutto lo sport russo per quattro anni. Pronostici?

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    «Nessuno: hanno tutti gli elementi per giudicare e sanno il fatto loro. Un' eventuale condanna della Russia cambierebbe di certo il mondo dello sport. Di quello che resterà dello sport dopo il coronavirus».

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