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Graziella Melina per “il Messaggero”
Mentre si pensa già alla prossime settimane senza più l'uso obbligatorio delle mascherine, anche se il numero di contagiati e dei morti continua a essere preoccupante, ecco ora spuntare la variante Xe del Covid. «I dati che abbiamo non sono ancora sufficienti per capire come evolverà e se diventerà prevalente - dice Francesco Menichetti, ordinario di malattie infettive dell'università di Pisa -. Ma di sicuro si tratta di un fenomeno atteso da un punto di vista virologico quando si lascia circolare liberamente il virus».
Ma quali caratteristiche ha la variante Xe? È frutto della ricombinazione tra due lignaggi di omicron, la Ba1 e la Ba2, spiega Menichetti, con la Ba2 che progressivamente si sta sostituendo alla Ba1. Una nuova variante, la Xe, che non è ibrida, come la Delta-Omicron.
PRIMI CASI La variante Xe è stata documentata la prima volta il 19 gennaio scorso in Gran Bretagna. «Dall'inizio della pandemia gli inglesi sequenziano con maggiore intensità e accuratezza - dice ancora Menichetti -. Ed è altamente probabile che circoli già anche in Italia. Ci troviamo in un momento di massima circolazione e diffusione del virus». Molti virologi ed esperti sostengono che sia più contagiosa di Omicron, «ma non sappiamo ancora se questa sottovariante dimostri un vantaggio di crescita», afferma Menichetti ricordando che mancano i dati clinici e che la variante Xe rappresenta poco più dell'1% dei sequenziamenti.
I SINTOMI I sintomi della nuova variante Xe, trattandosi di Omicron, puntualizza il virologo Menichetti, sono ipotizzabili a carico delle alte vie respiratorie e possono anche essere presenti disturbi a carico dell'apparato gastrointestinale, sempre più frequentemente segnalati. Quindi tosse continua e perdita di olfatto, e anche del gusto. E per la cura, tra gli antivirali il Molnupiravir, secondo Menichetti, è quello che dimostra un'interessante attività. I vaccini, poi, dovrebbero essere in grado di protegge anche dalla variante Xe, e sull'efficacia del booster dovrebbe esserci la convergenza dei virologi.
«Non c'è motivo di ritenere che questa sottovariante possa mettere in crisi l'effetto protettivo di chi ha ricevuto tre dosi di vaccino», dice Menichetti, ricordando che bisogna vaccinare chi non lo ha fatto perché questo virus può essere problematico per anziani e non vaccinati: «In Italia 1 milione e 200mila over 70 ancora non sono vaccinati - ricorda il virologo -. Il vaccino serve, perché non è detto che i soggetti fragili e non protetti, se si infettano, alla fine riescano a cavarsela con un raffreddore». E tra i non vaccinati, una buona fetta è rappresentata dai bambini, piccoli che «rapprensentano ancora un problema», come sottolinea Roberto Cauda, direttore dell'Uoc Malattie Infettive del Policlinico Gemelli di Roma, potenziali vettori non solo di Omicron 2 ma anche della sottovariante Xe.
Variante Xe che potrebbe indicare la fine della pandemia: «C'è una forte somiglianza tra Omicron, con i suoi sottolignaggi, e l'influenza russa che fece un milione di morti e che alla fine si trasformò in un raffreddore - dice il virologo Menichetti -. La perdita di patogenicità e la trasformazione di un virus che dal polmone passa alle vie respiratorie potrebbe forse essere il futuro che tutti noi auspichiamo. Continuando ad indossare la mascherina al chiuso: offre protezione se non si riesce a mantenere il distanziamento durante questo picco di diffusione del Covid».
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