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«Siamo passati dagli applausi all'oblio», sospira amaro Alberto Oliveti, presidente dell'Enpam, la Cassa previdenziale a cui sono iscritti oltre 370 mila medici attivi e circa 125 mila pensionati. Commenta così la notizia del mancato via libera, al Senato, dei ristori per le famiglie dei medici italiani morti di Covid. Dall'inizio della pandemia sono stati 369 i camici bianchi vittime della malattia. Una strage. Il primo fu Roberto Stella, presidente dell'Ordine dei medici di Varese, l'11 marzo del 2020.
Così adesso la categoria è in subbuglio. Tira aria di sciopero. «Nemmeno dopo centinaia di morti e tantissimi colleghi ammalati le istituzioni riconoscono il valore e il sacrificio affrontato dai medici di medicina generale e dalle loro famiglie», attacca Pina Onotri, segretario generale del Sindacato Medici Italiani (Smi). «Siamo stanchi - continua -. Potremmo arrivare anche a dimissioni di massa! Intanto stiamo decidendo per uno sciopero della medicina generale».
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Ma cosa è accaduto? Lo spiega bene Filippo Anelli, il presidente della Fnomceo, la Federazione degli Ordini dei camici bianchi: «In pratica - dice - il subemendamento sui ristori, presentato dalla senatrice Maria Cristina Cantù della Lega e che prevedeva un contributo di 100 mila euro a famiglia, è caduto in Senato durante la conversione in legge del decreto 221/21 sulla proroga dello stato di emergenza».
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L'emendamento proponeva la creazione di un fondo: «La sua mancata approvazione è un'occasione persa», chiosa Anelli. Risultato: zero ristori per le famiglie di quelli che tante volte abbiamo definito «eroi». «Medici - ricorda Anelli - che hanno perso la vita soprattutto nelle prime fasi della pandemia, quando hanno combattuto a mani nude contro il virus. E lo hanno fatto per i loro pazienti. Queste persone meriterebbero un segno di rispetto».
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«E non si tratta solo di gratitudine negata - rimarca il presidente della Fnomceo - Perché in molti casi i nuclei familiari interessati erano monoreddito e adesso si trovano in difficoltà». Un altro grave problema, aggiunge Anelli, è che «oltre la metà dei deceduti erano medici di base o comunque non dipendenti dal Sistema sanitario nazionale e le loro famiglie non sono dunque indennizzabili dall'Inail, mentre le famiglie dei medici dipendenti dal Ssn potrebbero ricevere sì un ristoro Inail ma a fronte di procedure complesse...».
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Insomma, oltre al lutto la disperazione. «È una pagina nera per la politica e per l'Italia. Una vergogna», s'indigna Pina Onotri dello Smi. Il dottor Anelli annuncia che porrà ora la questione al ministro della Salute Speranza affinché l'emendamento bocciato al Senato venga riproposto in un altro contesto. E conclude: «Invitiamo tutto il Parlamento a una riflessione».