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Si era contagiato mentre prestava servizio nell'hotspot di Taranto, dove erano arrivati 300 migranti, 33 dei quali positivi al Covid (quasi tutti minorenni): Candido Avezzù, 58 anni, poliziotto, lo scorso 10 agosto su Facebook aveva annunciato che le sue condizioni si erano aggravate, con un post che recitava «Entro in terapia intensiva, sulla lapide lo scudetto del 2, grazie». Un omaggio al 2° Reparto Mobile di Padova, a cui apparteneva. Candido, ‘Chicco’ per gli amici, di fronte al contagio non era protetto perché non era vaccinato: ‘no vax’ convinto, scrive il Corriere della Sera, secondo cui il 58enne era tra coloro che non avevano ricevuto neanche la prima dose perché contrari alla vaccinazione.
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A Taranto fino al 23 luglio, ha scoperto di essere positivo il 27, quattro giorni dopo. «Si è presentato all’ospedale di Jesolo ma gli hanno prescritto una cura antibiotica da fare in casa», racconta al Corriere la sua ex compagna, Monica Valotto, insieme a lui per 13 anni fino all’anno scorso. Le sue condizioni sono peggiorate, tre giorni dopo è stato trasferito a Dolo». La diagnosi era drammatica: i suoi polmoni erano devastati. Durante il ricovero, Avezzù scherzava: «Mi sono sposato col Covid», scriveva sui social. «Lui era contrario - racconta Monica - temeva che gli avrebbe causato una trombosi. E non credeva neppure che il virus fosse pericoloso, diceva ‘io sono più forte del Covid’».
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A prescindere dalle sue convinzioni su coronavirus e vaccino, comunque, la famiglia del poliziotto vuole intraprendere le vie legali contro l’ospedale perché Candido poteva essere ricoverato prima, anziché essere rispedito a casa. E nel mirino sono finite anche le condizioni di lavoro dei poliziotti, nell’hotspot di Taranto come in altri posti a rischio: i suoi colleghi già all'epoca accusavano le condizioni proibitive e il rischio contagio elevato per via dell'altissimo numero di migranti e di alcune sommosse sedate a fatica, scrive il Quotidiano di Puglia. «Un altro collega ci lascia a causa di questo maledetto Covid», le parole di Fabio Conestà, segretario generale del sindacato autonomo di polizia, Mosap. «L’importante è il green pass, per il resto andiamo al macello».
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