Alberto Simoni per “La Stampa”
joe biden jens stoltenberg
Bill La Plante è il sottosegretario del Pentagono che ha i cordoni della borsa, è colui che pianifica gli acquisti di armi e tiene i contatti con le aziende del settore. Pochi giorni fa parlando alla George Mason University ha lanciato l'allarme: «Che succede se qualcosa accade sul fronte dell'indo-pacifico? Non fra cinque anni o dieci, ma ora?».
L'interrogativo che LaPlante si pone ogni giorno è se negli arsenali americani e lungo la catena produttiva ci sono abbastanza armi per fare fronte non solo al conflitto (ipotetico ad ora) attorno a Taiwan ma anche a quello in Ucraina se si protrarrà a lungo. E lo stesso dubbio l'hanno sollevato anche diversi Paesi della Nato. Una ventina sono a scarso di rifornimenti, i livelli degli arsenali sono più bassi di quello che dovrebbero essere. I Paesi più grandi - Germania, Francia, Olanda e Italia - potrebbero, è la convinzione del segretario generale della Nato Jens Stoltenberg – far fronte, ma vi sono impedimenti giuridici che spesso complicano consegne di armi tramite un Paese terzo.
pentagono
Dal 24 febbraio, data dell'invasione russa la Nato ha riversato quasi 40 miliardi di aiuti militari, la metà arrivano da Washington. Spiega John Kirby del Consiglio per la Sicurezza nazionale: «Ogni giorno sentiamo gli ucraini e la disposizione delle armi che inviamo riflette le necessità sul terreno». Ora ha spiegato il segretario dei Stato Antony Blinken, la priorità è la protezione delle infrastrutture civili ed energetiche visto che dal 10 ottobre Putin ha alzato il livello del conflitto. Ieri da Bucarest Blinken ha eluso la domanda se l'America darà i missili Patriot, fonti del Pentagono avevano spiegato poche ore prima che «l'ipotesi c'è».
caccia nato
La questione è che l'introduzione dei Patriot è un azzardo poiché rischierebbe di creare un pretesto per l'escalation, è il ragionamento che fa l'Amministrazione Biden. Ed evitare di entrare in una spirale è stato un punto fermo sin dall'inizio del conflitto. Per questo gli Usa non hanno nessuna intenzione di inserire la Russia fra gli stati sponsor del terrorismo, ci sarebbero conseguenze enormi e anche i canali di dialogo verrebbero subito prosciugati; ma bilanciano questa fermezza invece con l'ipotesi - fatta trapelare da fonti dell'Amministrazione - di punire la milizia Wagner.
gli usa inviano armi in ucraina
Quello però cui oggi gli Usa e gli alleati si trovano a rispondere è il quesito che pone LaPlante e con lui diversi analisti. In Ucraina ci si è trovati a combattere una guerra tradizionale fatta di artiglieria e difese anti aeree per cui la Nato non era pronta, rileva il New York Times. La lotta contro Al Qaeda ha richiesto modalità di ingaggio, tattiche e armamenti diversi; la lunga avventura afghana non aveva in tank e mezzi corazzati poderosi il fulcro. Fra l'altro nel Paese asiatico non esisteva la questione della difesa anti-missilistica. Tutte cose tornate in auge in Ucraina.
armi ucraina
Basti pensare che a livello di proiettili impiegati, un giorno in Ucraina eguaglia un mese in Afghanistan. Nel Donbass, gli ucraini nel momento più caldo sparavano 7 mila colpi al giorno, i russi 40 mila. Ritmi che hanno rapidamente superato la capacità produttiva statunitense. Ma non solo. Stati baltici e polacchi hanno svuotato gli arsenali e rifornirli richiede tempo.
La stessa Francia ha creato un fondo da 200 milioni di euro per l'acquisto di armi e dato agli ucraini 18 moderni obici Caesar, che rappresentano il 20% dell'intero arsenale. Da qui la riluttanza ad attingere nuovamente. I tedeschi hanno fornito i Leopard, ma nicchiano sulla difesa anti-aerea. Gli americani attingono alle risorse, ma ieri Jake Sullivan, consigliere per la Sicurezza nazionale, ha incontrato i leader del Congresso per spiegare la situazione e la strategia complessiva: i repubblicani gli hanno recapitato il messaggio che da gennaio - quando controlleranno la Camera - la musica cambierà.
armi ucraina
Per questo Biden vuole vedere approvato entro dicembre un nuovo piano di stanziamenti militari per 21 miliardi. Il problema dell'assottigliarsi degli arsenali si riflette sulla lentezza della macchina produttiva. I missili Stinger sono fuori produzione da quasi due decenni. La Raytheon ha vinto una commessa da 624 milioni per produrne 1300, ma prima di due anni non riuscirà a incrementare la produzione. Anche gli Himars hanno avuto uno stop della produzione dal 2014 al 2018.
vladimir putin
Ora l'Esercito punta a costruirne 8 al mese e investirà 14,4 milioni per accelerare la produzione. In Ucraina gli americani hanno anche inviato gli Avenger, sistema di difesa aerea adatto a intercettare i droni. Il guaio è che questi sistemi utilizzano gli Stinger.
vladimir putin visita un centro di addestramento vladimir putin visita un centro di addestramento