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    CHIEDI E TI SARÀ DAD – NON È DURATO NEMMENO UN MESE IL PROTOCOLLO DELLA SCUOLA: ADESSO BASTERÀ UN SOLO CONTAGIO IN CLASSE PER SPEDIRE TUTTI A CASA – L’AUMENTO DEI CASI TRA I RAGAZZI TRA I 12-19 ANNI HA FATTO SALTARE TUTTI I PIANI, LE ASL NON CE L’HANNO FATTA A ESEGUIRE CON TEMPESTIVITÀ I TAMPONI E GIÀ DA PRIMA I PRESIDI TENEVANO GLI STUDENTI IN DAD A VOLTE PIÙ DEI DIECI GIORNI CANONICI…


     
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    Paolo Russo per "la Stampa"

     

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    I contagi crescono e le classi tornano in dad anche se il contagiato è uno solo. La richiesta è partita dalle regioni e dopo il faccia a faccia "tecnico" di ieri con il ministero della Salute in tarda serata è arrivata la circolare firmata dal direttore della prevenzione dello stesso dicastero, Gianni Rezza, che "sospende" il protocollo firmato appena un mese fa da Iss e dalle stesse regioni con l'obiettivo di contenere la dad nelle scuole primarie e secondarie. Fino ad oggi se il contagiato in classe era soltanto uno, gli altri alunni restavano tutti in presenza, ma sotto osservazione con un tampone molecolare o rapido da fare subito e un altro a distanza di 5 giorni.

     

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    Un arco di tempo durante il quale i ragazzi avrebbero dovuto continuare a seguire le lezioni in presenza. Ma l'aumento dei casi, impetuoso proprio nella fascia 12-19 anni, ha fatto saltare un po' tutti i piani, rendendo di fatto impraticabile il protocollo, come hanno lamentano le stesse regioni e i presidi. Le Asl non ce l'hanno fatta ad eseguire con tempestività i tamponi e così molti dirigenti scolastici non se la sono sentita di lasciare in presenza gli alunni senza un secondo test di verifica, preferendo a quel punto mettere di nuovo in dad tutta la classe.

     

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    A volte anche per un periodo superiore ai dieci giorni canonici di isolamento in caso di contatti a rischio. Ora la circolare ministeriale prevede espressamente che «qualora le autorità sanitarie siano impossibilitate ad intervenire tempestivamente», «il dirigente scolastico, venuto a conoscenza di un caso confermato nella propria scuola, è autorizzato, in via eccezionale e urgente, a disporre la didattica a distanza per l'intero gruppo». Dad che durerebbe 10 giorni, come previsto per tutti i contatti stretti.

     

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    Mascherine tirate su all'aperto per lo shopping natalizio anche in zona bianca è l'altra richiesta avanzata dalle regioni, spalleggiate questa volta dai sindaci, che con Omicron alle porte e gli assembramenti delle feste oramai vicini vanno in pressing sul governo, chiedendogli di "rinforzare" il decreto approvato appena la settimana scorsa. Per i Comuni ha parlato ieri il presidente dell'Anci Antonio Decaro. «A nome dei sindaci ho chiesto al governo di valutare l'opportunità di rendere obbligatorio l'uso della mascherina anche all'aperto su tutto il territorio nazionale, dal 6 dicembre al 15 gennaio».

     

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    «Se ci fosse un provvedimento nazionale -ha aggiunto- sarebbe tanto di guadagnato perché daremmo un segnale unico al Paese, perché usare la mascherina anche all'aperto significa ridurre del 50% il rischio di contagio». Sulla stessa lunghezza d'onda sono le regioni, che al tavolo tecnico con la salute hanno rinnovato la richiesta, che attende però una risposta a livello politico. Perché per chiudere di nuovo naso e bocca a tutti quando si esce di casa bisogna modificare il decreto appena approvato. E questo non è detto vada a genio al Premier Draghi.

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    Per questo in caso di niet dell'Esecutivo le regioni a più ampia diffusione di contagio e le città più grandi, Roma, Napoli e Milano in testa, sono pronte ad andare per conto loro, imponendo l'obbligo perlomeno nelle vie dello shopping e negli assembramenti dove non è possibile mantenere il metro di distanziamento. Una opzione che ha ricevuto ieri l'ok anche degli esperti del Cts, che esaminando i protocolli regionali di sicurezza sulle varie attività, hanno invece ritenuto inutile la misurazione della temperatura.

     

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    L'incontro Salute-regioni è però servito anche a ribadire, ancor più in tempi di Omicron, la validità della strategia delle tre T: tracciare, testare e trattare. Nonostante l'infornata di oltre duemila sanitari, avviata dal decreto di oltre un anno fa voluto da Speranza per potenziare il contact tracing, ad oggi i cacciatori di virus delle Asl sono rimasti sempre gli stessi, rivela il monitoraggio settimanale a cura dell'Iss.

     

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    Che nel rapporti del 26 novembre su controllo delle varianti, in merito al sequenziamento del virus, indispensabile per individuare proprio le nuove versioni del virus, mostri ancora una situazione di grave ritardo, con Toscana e Liguria a quota zero e Piemonte, Valle d'Aosta, Veneto, Trentino e Puglia ampiamente sotto l'1% dei casi rilevati, quando la soglia minima raccomandata dall'Ecdc europeo è del 5%. Intanto il generale Figliuolo è pronto ad accelerare sulle vaccinazioni.

     

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    «Da mercoledì primo dicembre a domenica 12 somministreremo 4,6 milioni di dosi», ha assicurato, con l'obiettivo quindi di raggiungere le 400 mila somministrazioni al giorno. In una circolare inviata alle Regioni ha sottolineato che la priorità restano comunque le prime dosi e i booster ai più fragili. Mentre per i bambini da 5 agli 11 anni si partirà dal 23 dicembre.

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