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    IL CINEMA DEI GIUSTI - NON È SOLO PER UNA PUNTA DI SNOBISMO DA CRITICONI CHE QUESTO “TUTTI LO SANNO”, CON JAVIER BARDEM E PENELOPE CRUZ, SIA STATO TRATTATO NON BENISSIMO - FORSE LE SCENEGGIATURE DI ASGHAR FARHADI, MACCHINE PERFETTE DI INGEGNERIA PER FAR ESPLODERE CONFLITTI FRA I PERSONAGGI OLTRE A CONFLITTI SOCIALI, SI ADATTANO MEGLIO AL MONDO IRANIANO - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

    TUTTI LO SANNO TUTTI LO SANNO

     

    Certo che trovare sullo schermo Javier Bardem e Penelope Cruz dovrebbe essere un piacere. Qualsiasi cosa facciano. Anche se sono diventati un po’ gli Al Bano e i Romina Power del cinema d’impegno. Troppo popolari? Pronti per Barbara D’Urso o per il salottino di Fazio? Ohibò! Ma non è solo per una punta di snobismo da criticoni che questo Tutti lo sanno (Todos lo saben), scritto e diretto da Asghar Farhadi con le due star spagnole Javier Bardem, Penelope Cruz accompagnate dall’argentino Ricardo Darin, film di apertura del passato Festival di Cannes, e ora in sala da noi, sia stato trattato non benissimo.

     

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    Anche a Cannes, il pubblico dei criticoni in sala ridacchiava sulle parti mélo della coppia e gli applausi alla fine erano stati davvero striminziti e di circostanza. Forse le sceneggiature di Farhadi, macchine perfette di ingegneria per far esplodere conflitti fra i personaggi oltre a conflitti sociali, si adattano meglio al mondo iraniano, pensiamo a Una separazione, Il cliente, anche a Il passato, che pure è ambientato in Francia ma ha personaggi in parte iraniani, piuttosto che nella Spagna di oggi, anche se è una storia che potrebbe essere ambientata ovunque.

     

    Ma è proprio il meccanismo della sceneggiatura, la sua apertura al giallo prima, che serve a Farhadi per fare esplodere i conflitti latenti e mai risolti di un’intera famiglia, e al mélo dopo, con le rivelazioni che vengono risolte nel “tutti lo sanno” del titolo, che sembra stranamente non perfetto e funzionante come al solito.

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    Peccato perché il film apre benissimo, con due bellissime scene in una torre campanaria con tanto di grosso orologio e una lezione di Javier Bardem sul tempo, che trasforma il mosto in vino e dovrebbero essere la metafora di tutto quello che vediamo sulla scena, cioè il lavoro che fa il tempo su meccanismi interni dei nostri personaggi e trasforma anche le loro azioni e il loro valore.

     

    Sappiamo così che la bella Laura, Penelope Cruz, e il bel Paco, Javier Bardem, si sono amati da sempre. Ma si sono poi divisi. Ognuno per la loro strada. Laura in Argentina, dove ha sposato Alejandro, Ricardo Darin, e ha avuto con lui due figli, e Paco nel paese dove è nato, dove si è fatto una posizione e dove si è messo con la bella Bea, Barbara Lennie. Quando Laura torna nel paese per il matrimonio della sorella Ana, Inma Cuesta, rivede Paco con tranquillità, e la festa che segue sembra assolutamente allegra e senza problemi. Non sarà così.

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    A un certo punto infatti, dopo un blackout seguito a un temporale, Laura scopre che qualcuno ha rapito sua figlia sedicenne Irene, Carla Campra, e le cose prendono un aspetto del tutto diverso. Perché i rapitori non solo chiedono 300 mila euro di riscatto che nessuno della famiglia ha, ma perché i messaggi arrivano stranamente anche a Bea e Paco si sente spinto in prima persona a procurare i soldi.

     

    A questo punto subentrano scoperte e rivelazioni che non vi diciamo, ma che travolgono tutta la famiglia di Laura e coinvolgono pesantemente Paco, cresciuto come un figlio, ma forse mai davvero accettato. Quando dall’Argentina arriva anche Alejandro le cose si complicano ulteriormente. Ripetiamo che è sempre un piacere vedere sullo schermo Bardem e Cruz, ma dopo il terribile Escobar, sembrano non trovare sullo schermo il grande veicolo che cercano e l’ombra di Al Bano e Romina si avvicina. Questa poteva essere l’occasione giusta, certo.

     

    Ma mi sembra che Farhadi sia un po’ sotto gli standard del suo cinema. Certo, ci sono risvolti di gran classe, e personaggi complessi e ben costruiti, ma qualcosa sembra mancare al film, almeno per un pubblico occidentale abituato a gialli, a thriller anche più tradizionali, ma dove si chiede allo spettatore l’intuizione per risolvere l’enigma.

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