Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella per il ''Corriere della Sera''
Ha tentato di cancellare le tracce di sangue rimaste sull’auto ed ha negato di aver travolto Davide Berardinelli. Non è servito: gli investigatori avevano già chiuso il cerchio intorno a lui grazie alle immagini delle telecamere di sorveglianza ed alle testimonianze di chi aveva cisto tutto. Ha un volto e un nome l’ultrà napoletano che era alla guida l’auto che durante gli scontri prima della partita Inter-Napoli di Santo Stefano è passata sul corpo del tifoso 39enne, poi morto in ospedale. Per lui si profila l’accusa pesantissima di omicidio volontario.
daniele belardinelli
Il sospettato è un tifoso non giovanissimo e poco noto nel mondo della curva napoletana, dicono gli investigatori che mantengono il riserbo sulla sua identità. Non è ancora formalmente stato iscritto nel registro degli indagati dai sostituti procuratori milanesi Rosaria Stagnaro e Michela Bordieri e dall’aggiunto Letizia Mannella, ma è solo questione di ore. L’iscrizione, infatti, è un atto necessario e dovuto prima degli accertamenti tecnici sull’auto e prima dell’autopsia sul corpo del tifoso del Varese, alleato dei nerazzurri, morto per le ferite gravissime.
Gli uomini delle questure di Milano e Napoli hanno sentito decine di persone che hanno partecipato, o solo assistito, agli scontri in via Novara nel prepartita. Il quadro va via via chiarendosi, anche se restano ancora alcuni tratti non del tutto definiti. Dopo l’arresto dei primi tre ultrà interisti, al quale ha fatto seguito quello di Marco Piovella, uno dei capi della curva nerazzurra accusato di aver partecipato all’organizzazione dell’agguato ai napoletani, la polizia è arrivata all’auto. È una Volvo station wagon di colore scuro intestata a una società di leasing con un contratto firmato da un napoletano incensurato. Interrogato, l’uomo ha dichiarato che ad usarla è, in realtà, suo figlio.
DANIELE BELARDINELLI
A bordo della Volvo che procedeva incolonnata insieme ad almeno altre tre auto di tifosi napoletani c’erano anche altri tre ultrà. Interrogati, tutti, guidatore compreso, hanno prima provato a dire che quella sera non si trovavano a Milano, poi, di fronte alle testimonianze che li contraddicevano palesemente, hanno ammesso che erano finiti nel mezzo degli scontri negando, però, che la loro macchina aveva investito Belardinelli. Anche su questo ci sarebbero prove evidenti del contrario, oltre a un elemento che catalizza ulteriormente i sospetti sull’autista uil quale avrebbe tentato di lavare le prove dell’investimento che, però, potrebbero riemergere con le analisi della polizia scientifica. Un comportamento rischioso perché configurerebbe agli occhi dei pm, che si preparano a chiedere altri arresti al gip Guido Salvini, un tentativo di inquinare le prove che certo non depone a favore del giovane che già oggi potrebbe essere accusato di omicidio volontario.
striscione tifosi lazio per belardinelli
Sono una ventina gli indagati per gli scontri. Le indagini riguardano anche altre autovetture e devono chiarire la dinamica dell’incidente. Bisogna stabilire se Belardinelli sia stato investito da una prima macchina e poi travolto dalla Volvo guidata dal napoletano i quale quindi, non avrebbe avuto la possibilità di evitarlo o, più tragicamente, non si sarebbe reso conto che stava schiacciando una persona. In questo caso l’accusa potrebbe ridursi al meno grave omicidio stradale. Oggi nuovo interrogatorio per Luca Da Ros, il 21enne interista arrestato all’inizio dell’inchiesta che ha fatto ampie amissioni. Il suo legale, l’avvocato Alberto Tucci, chiederà al gip Salvini di concedergli gli arresti i domiciliari.
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