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    1. LA FOLLE DECISIONE DI MONTI E TERZI, CON L’AVALLO DI NAPOLITANO, DI NON RISPEDIRE I DUE MARINAI IN INDIA STA METTENDO L’ITALIA FUORI DALLA LEGGE -CERTO, NON È CONSENTITO NEANCHE IN TEMPO DI GUERRA PRENDERE IN OSTAGGIO L’AMBASCIATORE DI UN ALTRO PAESE. MA DI SICURO NON È CONSENTITO IN TEMPO DI PACE DI NON RISPETTARE I PATTI - LA CORTE SUPREMA DELL’INDIA HA CHIESTO ALL’AMBASCIATORE ITALIANO DI NON ABBANDONARE IL PAESE, E IL GOVERNO DI NUOVA DELHI HA MESSO IN ALLERTA TUTTI GLI AEROPORTI PER EVITARE CHE MANCINI POSSA SALIRE SU UN AEREO


     
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    1. LADY ASHTON SUL CASO DEI MARÒ: «COLLOQUI IN CORSO TRA ITALIA E INDIA» - NAPOLITANO: SOLUZIONE IN BASE A DIRITTO INTERNAZIONALE
    Corriere.it

    «Siamo in contatto col governo italiano, con l'ambasciatore italiano in India e con il nostro ambasciatore. Sono in corso colloqui tra Italia e India e dobbiamo vedere come vanno». Catherine Ashton, alto rappresentante per la politica estera Ue, interviene sul caso dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre.

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    NAPOLITANO - Venerdì il capo dello Stato Giorgio Napolitano è intervenuto per chiedere che il braccio di ferro che vede contrapposte Italia e India sia risolto in modo «amichevole» sulla base del diritto internazionale. L'auspicio del presidente Giorgio Napolitano è contenuto in un comunicato diffuso dal Quirinale, dopo un incontro con i ministri degli Esteri, Difesa e Giustizia, Giulio Terzi, Giampaolo Di Paola e Paola Severino.

    L'AMBASCIATORE MANCINI - Proseguono intanto le restrizioni imposte alla libertà di movimento dell'ambasciatore d'Italia a New Delhi Daniele Mancini, mossa dell'India dopo il mancato ritorno dei marò. Il sindacato più rappresentativo dei diplomatici italiani, il Sndmae, venerdì ha reagito duramente sottolineando che la Convenzione di Vienna vieta che il rappresentante di uno Stato sia preso «in ostaggio».

    2. RITORSIONE DELL'INDIA CONTRO L'AMBASCIATORE ITALIANO
    UN EX DIPLOMATICO INDIANO: "AVETE RAGIONE VOI. CASO SFRUTTATO DAI POLITICI"
    di Daniele Raineri per Il Foglio

    Non è consentito neanche in tempo di guerra prendere in ostaggio l'ambasciatore di un altro paese, secondo l'articolo 44 della Convenzione di Vienna del 1965, ratificata sia dall'Italia sia dall'India. Eppure è quello a cui stanno andando pericolosamente vicini la Corte suprema dell'India, che ha chiesto all'ambasciatore italiano Daniele Mancini di non abbandonare il paese, e il governo di Nuova Delhi, che ha messo in allerta tutti gli aeroporti per evitare che Mancini possa salire su un aereo. Il diplomatico evita di creare ulteriori situazioni di conflitto con gli indiani, in raccordo con la Farnesina. Ma sarebbe curioso verificare cosa succederebbe se acquistasse un biglietto e si presentasse al gate d'imbarco. Sarebbe trattenuto?

    L'ambasciatore Mancini ha dato alla Corte suprema la sua garanzia che i due marò detenuti in India con l'imputazione di duplice omicidio - avvenuto in mare il 15 febbraio dell'anno scorso - avrebbero fatto rientro al termine del periodo di un mese concesso per le elezioni in Italia.

    Il governo italiano ha però annunciato che non restituirà i due militari, perché non ha ricevuto risposta all'offerta di soluzione diplomatica fatta all'India. Un discreto apparato di sorveglianza starebbe ora tenendo d'occhio l'ambasciatore italiano, secondo fonti a Nuova Delhi. Lui ha fatto sapere di non avere intenzioni di muoversi a breve termine - ma gli indiani non sono evidentemente nella disposizione d'animo per fidarsi.

    Il ministero degli Esteri indiano ieri ha disposto un abbassamento di grado delle relazioni diplomatiche con l'Italia, trattenendo in patria il nuovo ambasciatore indiano, Basant Kumar Gupta, che sarebbe dovuto arrivare a Roma venerdì prossimo. Nuova Delhi cerca qualcosa da gettare in pasto all'opinione pubblica furiosa, che guarda con rancore all'italianità di Sonia Gandhi, nume politico del partito di governo e che osserva con sospetto come i giudici indiani abbiano bisogno delle carte italiane per andare avanti con le indagini sullo scandalo degli elicotteri Agusta.

    SALVATORE GIRONE E MASSIMO LATORRESALVATORE GIRONE E MASSIMO LATORRE

    La rottura dei patti decisa dal governo italiano (in scadenza) è finita al centro della tempesta perfetta del revanscismo indiano. Nitin Pai, direttore della National Interest Review, rivista di affari strategici indiani, saluta con soddisfazione la decisione di limitare gli spostamenti di Mancini: "Buone mosse. Serve di più". "L'India non dovrebbe prendere di mira i rapporti economici con l'Italia - dice Pai al Foglio - dovrebbe portare la questione all'Unione europea.

    L'India dovrebbe dire chiaramente che il comportamento dell'Italia avrà ripecussioni sulla sua capacità di ottenere aiuti dall'Unione europea". Pai è rassegnato all'idea che i due marò non saranno restituiti, ma sostiene che per l'India è essenziale mantenere intatta la sua capacità di deterrenza: "Chi non rispetta i patti con l'India deve temerne la reazione".

    "ROMA HA CAPITO COME SAREBBE ANDATA"
    Nel coro dei furiosi, spicca la reazione composta da Nuova Delhi di M. Bhadrakhumar, ex ambasciatore indiano, che su Asia Times loda "la ragionevolezza, l'umanità e la flessibilità della posizione italiana fin dal primo giorno. Tutto quello che volevano era un'indagine congiunta prima di andare a processo per stabilire chi avesse la competenza giurisdizionale, l'Italia o l'India, per giudicare i marò. Gli italiani hanno pagato un risarcimento enorme alle famiglie, che è molte volte quello che avrebbe dato il governo indiano in circostanze simili".

    MARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpegMARIO MONTI E TERZI DI SANTAGATA A NEW YORK jpeg

    Il diplomatico scrive che il caso dei marò è il terzo in cui i politici indiani per motivi di partito giocano la parte degli agitatori e creano problemi internazionali, "come è già successo con lo Sri Lanka e con il Bangladesh". "Roma ha realizzato che questo stava diventando un caso senza fine, considerato il ritmo a cui si muove il gigantesco sistema indiano e le incursioni politiche.

    edward luttwak e annagrazia calabriaedward luttwak e annagrazia calabria

    Intanto, i due marine sarebbero restati prigionieri". "Oltretutto - continua l'ambasciatore - non capisco cosa è successo ai partiti della sinistra quando la marina americana ha sparato a due pescatori indiani vicino Dubai due mesi fa [...] in quel caso, non c'era ciccia politica da ricavare dalla morte di due pescatori ignoti del Tamil Nadu, dove nessuno ha mai sentito nominare la sinistra e il caso è stato subito archiviato. Invece questo caso italiano riguarda il Kerala ed è scoppiato l'inferno".

    3. «MA I PATTI SI RISPETTANO COSÌ L'ITALIA SI DISCREDITA»
    Monica Ricci Sargentini per il Corriere della SEra

    «Pacta sunt servanda, i patti si rispettano». Per Edward Luttwak, economista e politologo vicino al Dipartimento di Stato americano, la decisione italiana di non far tornare in India i marò compromette la credibilità del nostro Paese in modo irreparabile. «È mille volte peggio del caso Ruby - dice al telefono dall'Iraq dove sta seguendo un suo progetto -. È inutile che il governo Monti adotti patetiche scuse giuridiche, quei marinai devono tornare in India. Spero che il presidente della Repubblica intervenga e rovesci la decisione del governo ristabilendo il rispetto delle regole base della vita internazionale».

    MONTI STAMANE A NAPOLIMONTI STAMANE A NAPOLI

    L'Italia, però, sostiene di essere nel giusto, giuridicamente parlando.
    «Ma questo non c'entra nulla. Il problema è il rapporto tra uno Stato e l'altro. La questione giuridica farà il suo corso nelle sedi preposte. Facciamo un passo indietro: il governo italiano ha chiesto agli indiani di rilasciare i due marò e i giudici hanno detto di sì. La corte del Kerala aveva stabilito una cauzione molto alta ma la Corte Suprema ha detto che i marinai dovevano essere rilasciati perché lo Stato italiano garantiva per loro, dava la sua parola. Se la cauzione fosse stata pagata allora il non ritorno dei marinai poteva avere conseguenze diverse perché i soldi potevano essere considerati una sorta di riscatto. Ma così non c'è scampo».

    IL PRESIDENTE INDIANO SINGH jpegIL PRESIDENTE INDIANO SINGH jpeg

    Quali sono le conseguenze della decisione italiana?
    «Il governo italiano ha compromesso lo Stato italiano, la sua credibilità. Bisogna ricordarsi cos'è la Corte suprema in India. Indira Gandhi molti anni fa aveva istituito la legge marziale, messo in prigione gli oppositori e cominciato a costruire una dittatura. Ma la Corte suprema la bloccò con un pezzo di carta dicendo che doveva fare le elezioni e lei ubbidì. Questo le dà l'idea della potenza dell'istituzione».

    Ma non crede che l'India tenendo in ostaggio l'ambasciatore italiano stia violando le regole del diritto internazionale?
    «No, non lo credo. Per questa Corte suprema se l'Italia non ridà indietro i marinai si mette fuori dalla legge. Siccome lo Stato è fuorilegge non esiste più l'immunità per l'ambasciatore perché rappresenta un Paese illegale. È inutile che il governo usi legalismi che lo screditano ancora di più. Questa visita dei marò in Italia era extragiudiziaria: una concessione di una grande democrazia a un'altra grande democrazia».

    I DUE MARO LATORRE E GIRONEI DUE MARO LATORRE E GIRONE

    Secondo lei perché il governo italiano avrebbe preso questa decisione?
    «Forse per piegarsi a un impulso populista. Quello che non capisco è come il ministro degli Affari esteri, Giulio Terzi, un diplomatico rispettato per la sua grande esperienza e capacità diplomatica, non abbia spiegato ai suoi colleghi che tutto il sistema internazionale è basato su un paio di principi e uno di questi è pacta sunt servanda. Anche il patto più cretino va comunque rispettato, casomai si rinegozia».

     

     

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