Emanuela Audisio per "la Repubblica"
L'Italia si sfiata nei corridoi e soffoca in acqua. Urla, si lamenta, accusa. Ognuno fa a brandelli l'altro, stessa stanza, diversi screzi, molto microfonati. Un'ex squadra, senza più collettivo, in preda all'isteria. Una guerra dei bottoni dove vola fango. Come se l'arrivederci di Federica avesse decomposto umori e amori, ora ognuno va per sé. Il ct Rossetto si è preso la sua responsabilità. Ma nessuno che in silenzio alzi la testa.
magniniE guardi al di là, dove il mondo si spolmona in acqua, con rabbia e fame. Servono confronti, accettare e studiare la superiorità altrui, sapere che chi ti stava dietro o a fianco ha preso la valigia e si è messo in viaggio. Cameron Van der Burgh, sudafricano 24 anni, oro e recordman mondiale nei 100 rana, a casa sua ha piscine disastrate e nessun professionismo. Poteva stare lì a lamentarsi, si è preso un coach tedesco, Dirk Lange, è andato ad allenarsi con i più forti, dal giapponese Kitajima all'ungherese Gyurta, e prima dal norvegese Dale Oen.
Fabio ScozzoliL'Italia ha sbagliato preparazione, dicono gli atleti. Però nessuno di loro ha mai avuto voglia di curiosare tra le altre supremazie. Non oltreoceano, ma in Europa. Il nuoto italiano ha piscine, tecnici, sapere e tecnologia (un cervellone computer che viene dal Giappone). Ma nessuno è bravo per sempre, ci vogliono aggiornamenti, umiltà, scambio, dubbi, iniziative. Gli atleti sono forza, non pedine di poteri.
Laure Manaudou Swimming jpegMa dovrebbero anche essere partner nel lavoro. Se sbagli esame perché il testo di studio è sbagliato hai il dovere di rimediare, ma anche di non accorgertene solo all'ultimo minuto. La forma non è un'equazione alla Einstein. C'è chi ha deciso di non andare ai piccoli europei di Debrecen e di privilegiare l'allenamento. L'Italia ha fatto il contrario, è andata, si è rassicurata nel vuoto.
Non è il fallimento della Pellegrini a pesare, ma quello di Fabio Scozzoli, il nuovo che doveva arrivare. Andrea Di Nino, coach dell'Adn e della Russia, ex di Cavic, dice che i fattori sono tanti: «C'è il lavoro in acqua, a secco, il carico e lo scarico, poche o troppe gare, la scelta dell'altura, l'approccio psicologico, il recupero da un infortunio.
FEDERICA PELLEGRINI E CLAUDIO ROSSETTOTanti fattori a rischio. Anche Phelps qui è più lento che ai trials, anche la Muffat va più piano di mesi fa. Io che alleno Fesikov e Korotyshkin ho sbagliato la preparazione del primo. Fare tutto giusto si può, ma è raro. I finalisti sono i veri parametri di una programmazione , non basta una buona olimpiade per osannare la scuola francese di Nizza, ci vuole costanza. Uno come Mike Bottom è da rispettare, sono anni che piazza i suoi davanti agli altri».
In Italia si battaglia per avere il proprio tecnico sotto casa, si sa che la rottura tra Pellegrini e Lucas è avvenuta perché lui non ha più voluto prendere casa a Verona. All'estero si va dai maestri: la cinese dei miracoli Ye, sverna in Australia, la lituana Meilutyte,15 anni, è con una borsa di studio in Inghilterra, il serbo Cavic è tornato in America da Bottom, Cielo, Bousquet e Manaudou sono stati in Alabama con l'australiano Brett Hawke. Tutti lontani da casa e in una provincia poco attraente. E nessuno, davanti alla sconfitta, si è sognato di dare colpe. Si sale, si scende. È lo sport, bellezza. Ha dichiarato Dotto: «Di sicuro non ci siamo allenati con la cattiveria giusta».
Ecco, serviva metterla lì, in acqua.