Domenico Quirico per “la Stampa”
Macromn con i soldati nel Sahel
L'amnesia collettiva delle nazioni è qualcosa di diverso dal dimenticare dei singoli, è un tacito accordo a non ricordare errori e vergogna. Allora prepariamoci ad altre ritirate. Kabul un caso unico? Niente affatto. Un secondo Afghanistan è già imbandito, trascinato anche questo dall'imperativo categorico della lotta al terrorismo e dal misero fallimento delle sue soluzioni semplicistiche, ricorso alle armi e appello alle anime.
Per evitare l'esportazione dell'estremismo dinamitardo nelle nostre tranquille democrazie, aggirando la necessaria fatica di rimettersi in questione, di dire la verità, torniamo al filtro magico: bugie e giochetti di prestigio fatti di droni, forze più o meno speciali, fondi per lo sviluppo ma dei complici locali, ignoranza, scarsa preparazione morale, rovina di una classe dirigente.
i dogon di sahel
Anche stavolta, come a Kabul, sono schierati gli italiani, a rimorchio di un'altra potenza in declino, la Francia. Poiché non si può resuscitare il passato, a Parigi si è condannati a ricostruirlo esibendo materiali eterogenei e in cui si cerca la propria eternità. Teatro della prossima ritirata il Sahel. La ambigua natura della presenza francese in quelle eterne colonie, sfruttamento economico e geopolitico e contrasto ai califfati islamisti, è causa di imbarazzo. Allora si riduce l'una all'altra, si forgia un bersaglio unico: la lotta ai fanatici del jihad e come rafforzativo la migrazione ovviamente clandestina.
SAHEL
La mobilitazione morale così si riduce alla mobilitazione militare. Non vi ricorda Kabul, la caccia a Bin Laden diventata la liberazione degli afgani dall'oscurantismo? Ricapitoliamo: siamo appostati lungo linee di frattura, frontiere arbitrarie e fatali disegnate dai francesi secondo logiche del «divide et impera».
Ficcate come in un sacco si aggiungano la corruzione tollerata di proconsoli obbedienti incaricati di amministrare fedelmente la ditta coloniale, convulse e sanguinose risse etniche e religiose, neri e arabi, tuareg agricoltori, nomadi. Il califfato africano così lussureggia, scende verso sud, graffia ormai il golfo di Guinea. La Francia ammonticchia operazioni su operazioni, la Legione marcia e contromarcia, bombarda, occupa, si ritira, rioccupa.
SCONTRI NEL SAHEL
Arruola mercenari locali, in nome della sicurezza collettiva ovviamente, che si dedicano al saccheggio delle popolazioni che dovrebbero difendere. Anche qui si fa il conto dei nemici abbattuti, come collezionisti maniaci. Inutilmente. Guerra persa. I taleban locali hanno sette vite, sono diventati parte del Sahel. Nessuno credeva sarebbe accaduto. Sembra accaduto per caso, per un errore di calcolo. Una guerra è andata avanti per anni a torbida, senza convinzione, con il sentimento della sua inutilità.
SCONTRI NEL SAHEL
Le popolazioni, la società civile, persino i governi si ribellano: invocano ormai apertamente il ritiro dei francesi. Per poter trattare, loro, direttamente con i jihadisti. Potrebbero scambiare le loro esperienze con gli afghani: di giorno bombardati dai francesi, e angariati dai loro trucidi alleati con l'accusa di collaborazionismo; di notte sottoposte alle vendette delle milizie di Al Qaida e dell'Isis che li accusano invece di essere renitenti alla guerra santa.
La soluzione militare contro i taleban del Sahel è fallita come in Afghanistan. Bilanci che si assomigliano: due miliardi di euro gettati via ogni anno dal 2013, due milioni di rifugiati e profughi, migliaia di morti civili, Stati in frantumi, bassezze compiute come se fossero eroismi, milizie locali che si incaricano della autodifesa e saldano vecchi conti con comunità nemiche fornendo reclute ai terroristi.
MILITARI NEL SAHEL
La Francia per condividere i guai e diminuire la spesa invoca che la lotta al terrorismo diventi europea. Ora gli alleati fanno comodo. La mediocrazia dell'Unione si accoda, aderisce anche l'Italia che, tra sbadigli e indifferenza, spedisce soldati in Niger dove le popolazioni considerano i soldati stranieri una disgrazia.
ESERCITO IN MARCIA NEL SAHEL
Non siamo certo noi occidentali dei maniaci o dei mostri, ma i nostri droni bombardano e abbiamo armi letali per eliminare i terroristi. La gente nel Sahel, come gli afghani, soccombe per errore, talvolta perché deve, pena la vita, ospitare i jihadisti. Sente da anni la guerra e la strage vicina, ha dimenticato la pace. nelle accademie militari si suggeriva di conquistare, oltre ai territori, anche le menti e i cuori. Bene. Ma non si deve dimenticare che sono sempre racchiusi in un corpo.