Fabio Amendolara per "la Verità"
i mafiosi a fine pena
«Un elenco dei boss a fine pena non c' è», dicono dalla commissione parlamentare Antimafia. E con molta probabilità una lista non l' ha isolata neppure chi deve occuparsene, visto che ieri Nicola Morra, che della commissione è il presidente, a proposito della scarcerazione del pentito Giovanni Brusca, ha denunciato: «Uno Stato serio ha coscienza della cronologia delle future scarcerazioni, le affronta in anticipo, senza soccombere all' animosità del momento».
E ha ricordato che a breve verranno scarcerati anche i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, capi del mandamento di Brancaccio, entrambi con meno di 60 anni di età. Che torneranno liberi, portandosi sulle spalle condanne in qualità di mandanti dell' omicidio di padre Pino Puglisi e di responsabili delle stragi di Capaci e di via D' Amelio. Filippo ha già affermato davanti ai magistrati di Firenze di essersi dissociato e ha chiesto di poter accedere a un permesso premio.
giovanni brusca
All' indomani delle stragi di mafia del 1992, per questi boss fu pensata una norma specifica, l' articolo 4 bis dell' ordinamento penitenziario: l' ergastolo ostativo. Una misura che, dopo la sentenza della Corte europea dei diritti dell' uomo e quella della Corte costituzionale, è destinata a saltare. La Consulta, avendola giudicata incompatibile con la Carta, ha infatti dato un anno di tempo al Parlamento per modificarla. Ciò permetterà ai boss ergastolani di accedere a scarcerazioni anticipate, permessi premio e vantaggi vari.
Ma i Graviano non sono gli unici. La Verità ha scoperto che anche il corleonese Leoluca Bagarella, 79 anni, che si porta sulla coscienza l' omicidio del colonnello dei carabinieri Giuseppe Russo con la complicità di Brusca, del capo della Squadra mobile di Palermo Boris Giuliano e del giornalista Mario Francese, che investigava sugli affari dei corleonesi, pare stia facendo i calcoli perché a fine pena. Dopo essere stato scarcerato nel 1990, dal 1992 fu di nuovo latitante e dopo l' arresto di Totò Riina, Bagarella prese il comando dell' ala militare di Cosa nostra. È considerato uno dei responsabili dell' omicidio dell' esattore Ignazio Salvo. È stato condannato a due ergastoli e, con un' ulteriore sentenza, a 30 anni di reclusione. È a fine pena anche Giovanni Strangio, uomo della 'ndrangheta arrestato nel 2009 dopo essere finito nella lista dei 30 latitanti più pericolosi.
giuseppe e filippo graviano
Anche se il fine pena non è proprio dietro l' angolo, potrebbero chiedere dei permessi premio e agevolazioni anche Domenico e Girolamo Molè, boss della Piana di Gioia Tauro condannati all' ergastolo. E di ergastolani calabresi che sperano di uscire o nei permessi premio, come ricostruito dal quotidiano online calabrese LaC24, ce ne sono diversi: «Giovanni Tegano, sanguinario capobastone reggino, il boss cosentino Ettore Lanzino, l' esponente di vertice del clan Mancuso, Pantaleone alias Luni Scarpuni, Franco Abruzzese di Cassano, Giuseppe e Domenico Gallico di Palmi, Sebastiano Nirta di San Luca».
E poi ci sono «i mandanti ed esecutori dell' omicidio del vicepresidente del Consiglio regionale, Francesco Fortugno, Salvatore Ritorto, Alessandro e Giuseppe Marcianò».
francesco schiavone 5
Anche un camorrista del calibro di Francesco Schiavone, detto Sandokan, ergastolano, sta facendo i conti in quanto a fine pena. Potrebbe uscire presto anche Francesco Bidognetti, detto Cicciotto 'e mezzanotte, che negli anni Novanta avrebbe ordinato l' assassinio del medico Gennaro Falco, colpevole di non aver diagnosticato in tempo una neoplasia alla prima moglie. È stato condannato all' ergastolo nel 2008 nel processo Spartacus insieme agli uomini più influenti del clan Schiavone.
Agli inizi di maggio è già uscito, in gran silenzio, anche Pino «Facciazza» Piromalli, dopo 22 anni di 41 bis.
Il boss, che era stato condannato all' ergastolo, ha finito di scontare la pena nel carcere di Viterbo ed è tornato a Gioia Tauro.
don pino puglisi
C' è poi un misterioso boss, il cui nome non è saltato fuori, ma del quale ha parlato il consigliere del Csm Nino Di Matteo: «Ci sono molti di quei mafiosi che hanno fatto le stragi che sono ancora vivi e hanno seguaci dentro Cosa nostra e sperano di poter anche uscire dal carcere e di ottenere dei benefici come la liberazione condizionale. E c' è il rischio che qualcuno che ha partecipato alle stragi di Capaci o di via D' Amelio e che è stato arrestato la prima volta a fine 1992-1993 tra un anno, pur non avendo iniziato a collaborare con la giustizia possa accedere a dei benefici penitenziari. Io credo che sia come uccidere un' altra volta Giovanni Falcone e tutte le altre vittime delle stragi».
leoluca bagarella
Un altro alert, contenuto in un lungo dossier di cui La Verità è in possesso, lo aveva inviato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho al presidente della Camera, Roberto Fico, il 24 novembre 2020. A proposito del ritorno in libertà dei collaboratori di giustizia aveva intimato: «Non va dimenticato che la ratio della disciplina legale in tema di liberà personale dei collaboratori di giustizia è complessivamente ispirata dall' esigenza di evitare fenomeni di anticipata e persino precipitosa scarcerazione di collaboratori macchiatisi di gravissimi reati». Sei mesi dopo Brusca è uscito dal carcere.
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