Estratto dell’articolo di Christina Goldbaum per il "Venerdì" di Repubblica
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Islamabad. Gli artisti di strada sono apparsi per la prima volta qualche anno fa lungo gli incroci trafficati di Islamabad. Rivestiti da capo a piedi di una vistosa vernice dorata, stanno immobili […] Forse in un’altra città l’apparizione per strada di mimi che cercano di guadagnarsi qualche soldo potrebbe passare inosservata.
Ma questo è il Pakistan, un Paese che vive sotto un costante stato di emergenza e dove le cose spesso non sono così semplici come sembrano: così, con l’aumento del numero degli artisti ricoperti d’oro agli incroci è cresciuto anche il mistero sulla loro reale identità. Sono spie dei Servizi di sicurezza interni? Vedette al servizio di qualche politico? Forse uomini al servizio della Cia? […] Gli “uomini d’oro” di Islamabad fanno parte delle tante teorie della cospirazione che giorno dopo giorno si rincorrono in questa città, rimbalzando nelle conversazioni di venditori ambulanti, avventori, commercianti, politici.
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Da queste parti, praticamente ogni evento di cronaca è accompagnato dalla sua teoria della cospirazione: nel 2010, dopo le catastrofiche inondazioni che colpirono il Paese, molte persone sostennero con assoluta certezza che fossero state causate da tecnologie usate dalla Cia. Allo stesso modo, parecchi media hanno a lungo sostenuto che dietro al fallito attentato con autobomba compiuto da un americano di origine pachistana a Times Square, New York, ci fosse dietro, in realtà, un think tank americano.
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Come pure che Osama bin Laden fosse ebreo. Altri ancora sono convinti che sia stata la Cia a «inscenare» l’attentato alla futura premio Nobel per la pace Malala Yousafzai nel 2012.
Alcuni fanno risalire questa ossessione tutta pachistana per le cospirazioni addirittura agli imperatori Moghul del XVI e XVII secolo, i cui regni furono pieni di intrighi di palazzo. Nei decenni più recenti, questa idea si è nutrita della mitologia che si è sviluppata intorno all’esercito pachistano e al suo servizio di intelligence (Isi), una forza apparentemente onniveggente che guida la politica del Paese da dietro le quinte.
In questo clima, tutti – anche gli artisti di strada – possono essere visti come strumenti dello Stato. […]
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Come per molte teorie cospirative, i sospetti […] hanno anche un fondo di verità: i servizi di sicurezza pachistani non fanno mistero dei vasti poteri che usano per tenere sotto controllo politici e uomini potenti. Moltissimi sono gli scandali scoppiati a causa di registrazioni vocali o di video catturati da microspie e poi misteriosamente diventati pubblici. Gli agenti dell’intelligence di tanto in tanto pedinano le persone che considerano di loro interesse: e a volte lo fanno in modo assai palese.
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Può capitare che anche gli autisti di taxi o di servizi di car-sharing ammettano di essere pagati per raccogliere informazioni sui clienti. Le persone danno così per scontato di essere sorvegliate che parlano in codice, riferendosi all’esercito come alla “vacca sacra” e all’Isi come ai “nostri amici”: nel caso in cui qualcuno sia all’ascolto.
Dall’altra parte di Islamabad, Mustaq Ahmed, 53 anni, sta in piedi a lato di un incrocio trafficato. La giacca di jeans, i pantaloni di tela, il bastone da passeggio e il cappello a cilindro sono tutti dipinti con lo spray color oro […] Ahmed un tempo vendeva ombrelli sul ciglio della strada, ma è diventato il “Golden Thakur”– come tutti lo chiamano facendo riferimento a un famoso attore cui assomiglia – tre anni fa, dopo aver sentito un altro “uomo d’oro” che diceva di guadagnare fino a ottomila rupie pachistane – poco meno di 30 dollari – ogni giorno: più di cinque volte quello che lui portava a casa con gli ombrelli.
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Oggi i soldi sono diminuiti perché la novità degli “uomini d’oro” è svanita, sostiene Ahmed: ma racconta anche che quando gli è stato chiesto di integrare il suo reddito con un piccolo lavoro per le agenzie di intelligence, ha risposto di no. È possibile che altri “uomini d’oro” si guadagnino qualche dollaro in più in questo modo? Ahmed fa una pausa e sposta il bastone tra le mani. «Forse», dice con un’alzata di spalle. «Questo è il Pakistan». (Copyright NYTimes 2024)
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