Livio Colombo per Oggi - www.oggi.it
vasco rossi live (2)
Vivere, è passato tanto tempo Vivere! Eh già, ne è passato di tempo da quando Vasco Rossi, a 11 anni, arrivava da solo a Modena. Scendeva in Largo Garibaldi, davanti al prestigioso Teatro Storchi, dal pullman partito da Zocca, il suo paese di Appennino aspro e di sogni che ti spingono ad andartene. «Poi a piedi facevo tutti i viali, come mi aveva insegnato la mamma, e andavo a lezione di canto dal maestro Bononcini», ha raccontato oggi che quello stesso teatro è stato ristrutturato e ha riaperto per lui e la sua ultima opera: un libro.
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Beh, un libro... qualcosa di più. Un libro d’arte, certo, con quattro pittori, creatori di animazioni e fotografi che danno disegno, colore e interpretazione ad alcune liriche. Un libro internazionale, certo, con la traduzione in inglese del poeta americano della Beat Generation Paul Vangelisti. Ma soprattutto una sorta di essenziale autoritratto di un cantautore che non ha sterminati fan ma un unico popolo. Se per i suoi oltre 800 concerti sono stati staccati oltre 13 milioni di biglietti, e se le “messe cantate” dell’estate 2025 sono andate subito tutte esaurite, è perché le sue parole in musica, dal 1977 a oggi e per tre generazioni, hanno colpito ognuno dritto al cuore.
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Vasco ha selezionato alcune delle innumerevoli frasi-proiettile dei suoi testi e le ha offerte nude e crude, prive di musica e forse ancora più potenti. Alternate a brevi note, secche riflessioni, pensieri sparsi, confessioni introspettive, slanci d’amore, sfoghi di rabbia. Così quelle parole «da cantare in 100 mila in uno stadio» come direbbe quel «fottuto genio di Lucio Dalla, di cui mi sento discepolo ed erede», diventano frammenti di un discorso, tratti di un sentiero, vita vera di un dominatore di folle che in realtà è un uomo schivo, solitario, introverso. «Io sono una persona semplice, ma non facile», dice, prima di far capire che non si è mai montato la testa: «Grazie a questo libro ho finalmente capito quello che faccio da cinquant’anni: scrivo liriche... Io però non sono un poeta». E nemmeno un maestro: «Non lo voglio essere e non l’ho mai pensato», ha spiegato alla Lettura del Corriere della Sera.
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In Vivere/Living non c’è tutto Vasco ma c’è come si vede lui e quello che gli importa davvero. Come scrive il poeta Nanni Cagnone nella prefazione, «senza trucchi e travestimenti», e con brutale sincerità: «Io ero programmato per morire giovane, come ogni rockstar che si rispetti. Al massimo a 35 anni... Ed ero pronto a morire sull’altare del rock ‘n’ roll. Poi mi sono ritrovato vivo. Ed è stata durissima...». A salvarlo, canzoni, musica e palco: «Scrivere per me è come andare dallo psicologo. Indago il mio inferno e ci passo in mezzo».
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E confessa: «L’artista deve rimanere un po’ bambino, altrimenti smette di guardare il mondo in modo diverso, e diventa come gli altri... Mettiamola così: se rifiuti di maturare sei un cretino, ma se maturi bene riesci a rimanere ancora un po’ cretino e quindi bambino». E se in Una canzone per te (1983) canta che «le mie canzoni nascono da sole, vengono fuori già con le parole», oggi rivela che «arrivare alla fine è sempre un miracolo», frutto di un faticoso processo creativo: «Dall’enorme e confuso flusso di associazioni (pensieri, concetti e parole), che dall’inconscio sale in superficie mentre tento di rievocare un ricordo o un’emozione, il mio sforzo è sempre quello di riconoscere la frase più adatta (spontanea, immediata e istintiva) a descrivere quello stato d’animo».
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