Stefano Semeraro per “La Stampa”
SERENA WILLIAMS 1
Non piangere per lei, America. Serena Williams è fuori dagli Australian Open, battuta dalla sua erede designata Naomi Osaka. La chimera del 24° Slam - il record assoluto che la bigottissima Margaret Court stringe fra le mani ossute da decenni - si allontana di un altro passo.
È dal 2017, l'anno della maternità, che la Williams non riesce più ad alzare una delle quattro grandi coppe, così quando in conferenza è arrivata, sottile come una stilettata, la domanda più crudele - «Sei uscita di campo salutando il pubblico: era forse un'addio?» - Serena non ha retto.
«Se mai darò l'addio, non lo dirò a nessuno...», ha mormorato, accusando il colpo. La risposta alla domanda seguente l'ha appena farfugliata, poi si è coperta il volto, si è alzata in fretta, con uno scatto ha lasciato la sala. «Scusate, ho finito...». Il pudore della diva che non vuole mostrare le lacrime in pubblico, anche se a giudicare dagli occhi un pianticello, dopo il 6-3 6-4 rimediato in campo, se l'era già fatto. A quasi 40 anni - Serena li compirà in settembre, un mese e mezzo dopo Federer - è lecito chiedere di quale fine stiamo parlando.
SERENA WILLIAMS 1
«Sono cresciuta ammirandola in tv, io vorrei che giocasse per sempre», dice la ragazza Osaka, che si prepara ad affrontare Jennifer Brady nella quarta finale Slam (le prime tre le ha vinte tutte) e che al momento di stringere la ma-no alla regina sconfitta ha piegato due volte il capo.
Serena aveva giocato bene, a tratti benissimo per tutto il torneo, in-guainata nella tutina variopinta e asimmetrica, omaggio alla memoria di Florence Griffith. Celebrata come «la più grande atleta», senza distinzione di genere, da suo marito Alex Ohanian, miliardario in t-shirt. Il match che avrebbe potuto regalarle una finale comoda - sarebbe stata la quinta in un major, dopo il rientro al-le gare e una galleria di infortuni - invece l'ha steccato. Troppa emozione, troppi errori.
serena williams
«Ed errori facili, facili, facili...», ha ammesso, con il magone che le risaliva il petto. Osaka è molto forte, giovanissima (23 anni), perdere da lei non è un disonore. Ma a Serena, che i trofei da finalista è abituata a buttarli nella spazzatura («Non mi piacciono i secondi posti») un'uscita di scena da comprimaria non si addice. Ci riproverà a Wimbledon, quindi non piangiamo -non ancora - per lei.
2 – DIETRO ALLE LACRIME DI SERENA
Emanuela Audisio per “la Repubblica”
Se n'è andata in lacrime, eliminata in semifinale. Non più tanto Serena. E nemmeno molto Queen. Ha pianto dicendo che aveva fatto troppi sbagli nel torneo di Melbourne, che è stato suo per sette volte. Forse ha capito che era un'altra occasione persa. Molto più definitiva della altre: se non stavolta, quando? Forse ha realizzato che davanti non ha più porte che si aprono e che lo Slam numero 24 è un'onda che torna indietro. Un sogno imprendibile. In molti hanno pensato all'addio, ai titoli di coda, me lei: "Se mai dovessi chiudere con il tennis, non lo direi a nessuno".
SERENA WILLIAMS
Ha 39 anni, l'ultimo Slam vinto (numero 23) è del 2017, sempre in Australia. Quella Serena Williams dalla forza devastante, quella che faceva piangere le altre, quella che non trovava più avversarie e voleva addirittura sfidare gli uomini, per trovare più motivazioni, è svanita. Ora non picchia più: né con il servizio, né con il dritto.
È solo una preda. Naomi Osaka che l'ha battuta ieri ha 16 anni meno di lei. L'anno scorso a sconfiggerla al terzo turno era stata una cinese, Wang Quiang, alzi la mano chi la conosce. E Serena, furiosa, aveva esclamato: "I'm better than that". Sono meglio di così. Lasciava presagire vendette, dedizione, nuova concentrazione.
serena williams
Per carità, Serena resta una celebrità, un'icona, amica di Michelle, l'ex First Lady, di Shonda Rhimes, creatrice e produttrice di serie tv di successo, della modella Gigi Hadid, del rapper Lamar, volto di molti brand, megafono di diritti importanti. Una oltre: lo sport, il colore della sua pelle, il suo essere donna. Serena aveva ed ha il potere di farsi ascoltare. Quando Ion Tiriac, grande manager e organizzatore, si è permesso di dire nel 2018 che Serena con 90 chili addosso non avrebbe vinto più, tutti ad incolparlo di body shaming, come si permette? Lei stessa si vantava del suo corpo muscoloso e strabordante, esibito senza pudori in vari completi e in molti scatti fotografici (Annie Leibovitz, naturalmente). Era il suo marchio di fabbrica, era il fisico di una neo-mamma. Ce l'avrebbe fatta a risalire, invece non ha più vinto uno Slam.
serena williams
Deve aver pensato che il mito, i 24 Slam di Margaret Court, era a portata di mano. Ne serviva solo un altro, inutile sbattersi. Prima o poi sarebbe arrivato. Bisognava solo provarci. Continuando ad essere "more than an athlete", ad occuparsi di moda, di canzoni, di documentari, di Hollywood e dintorni. Ma lo sport è geloso dei campioni che lo trascurano, che lo mettono da parte. Vuole restare una priorità. In più Serena nel suo ventennio ha dominato senza avere una grande nemica, senza spinta a migliorarsi, non come Evert-Navratilova.
serena williams 2
L'avversaria che ha incontrato più volte in finale è stata sua sorella Venus, con 7 successi e 2 sconfitte. Più che tennis sono state dinamiche familiari. Forse ha subito la personalità e la rivalità di Maria Sharapova: bella, bionda, amata dagli sponsor, ma contro di lei ha perso solo una finale su quattro. L'hanno un po' disturbata la belga Henin e la tedesca Kerber, ma nulla di più. Le bastava essere Serena per vincere. Quando però è rientrata la situazione è cambiata: lei non è più devastante, e le sue eredi la fanno correre. Le riconoscono il trono, non il comando.
serena williams ALEXIS OHANIAN
Per lei più che un'ossessione questo Slam numero 24 è diventato una delusione. Dovrebbe rimettere il tennis al centro, capire che bisogna adattarsi, adottare strategie, studiare un po' di più. Se vuoi restare regina, devi conoscere le armi di chi ti vuole spodestare. Altrimenti il viaggio per lo Slam 24 è solo un viale del tramonto pieno di soste. A settembre avrà 40 anni. Vale la pena riprovarci, prima di dire addio. Ma giocando in un solo campo. Quello rettangolare.
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