Pedro Armocida per “il Giornale”
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Sta cambiando definitivamente il pubblico al cinema nel senso che non ci va più come prima della pandemia? Le piattaforme di streaming ci stanno disabituando al grande schermo?
Il salotto di casa, con la mega tv piatta dove girano anche i videogiochi, è una zona di comfort Covid-free che non ci fa più alzare dal divano? Le domanda sono brutali ma è inutile girarci attorno perché i dati parlano chiaro.
Per esempio, rimanendo in Italia, i numeri di ottobre, mese importante per le sale cinematografiche, registrano poco più di 33 milioni di euro di incassi, in crescita sì, addirittura del 206 per cento rispetto all'ottobre dello scorso anno quando peraltro, verso la fine del mese, ci fu il secondo lockdown, ma in calo del 45,42 per cento rispetto all'ottobre 2019. Parlando poi di presenze, sono state 4 milioni e 800 mila ossia meno 47 per cento rispetto al 2019.
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Certo è vero che da noi il 100 per cento della capienza nelle sale è stato introdotto solo dall'11 ottobre e ha comunque bisogno di una fase di assestamento e che ancora mascherine e il Green Pass sono ovviamente obbligatori. Ma i nostri numeri sono in linea con le medie del mercato globale che, secondo gli analisti, dovrebbe raggiungere i 20 miliardi di dollari entro la fine dell'anno.
In questo caso, se i dati fossero confermati ma le variabili sono impazzite, per esempio in Cina stanno in questo momento chiudendo di nuovo il 10 per cento delle sale per alcuni casi di Covid, si tratterebbe di un più 80 per cento rispetto al 2020 ma sempre di un meno 50 per cento rispetto al 2019.
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Toccherà dunque capire se questi numeri miglioreranno in futuro, a favore quindi del ritorno di tutto il pubblico prepandemia nelle sale, o se invece stiamo assistendo a una tendenza generale irreversibile che cambierà i processi di sfruttamento e quindi produttivi dei film e che non può non preoccupare i proprietari delle sale.
Uno studio di questa estate della statunitense Uta Iq chiamato «Forever Changed: COVID-19's Lasting Impact on the Entertainment Industry» ha rilevato come una persona su tre abbia iniziato un hobby dopo aver visto serie televisive come La Regina degli Scacchi e Bridgerton e che 7 consumatori su 10 hanno utilizzato più di una piattaforma streaming durante la pandemia e che continueranno a farlo.
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L'84% per cento ha poi riferito di aver trascorso più tempo a guardare serie tv e film durante l'emergenza sanitaria rispetto all'anno precedente e il 67 per cento intende passare più tempo sulle piattaforme in futuro.
Di questa complessa situazione ne fanno le spese ovviamente i film che, anche quando sono dei blockbuster come Dune o il Bond di No Time To Die, faticano ad avvicinarsi anche lontanamente ai numeri di prima della pandemia.
Per dire, il favoloso Freaks Out di Gabriele Mainetti, il film italiano appena uscito al cinema, il più atteso e caricato di aspettative per il ritorno del pubblico in sala, è purtroppo solo in quinta posizione al botteghino.
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Che cosa sta succedendo? «A trainare il ritorno in sala - spiega Michele Casula partner di Ego Research, società specializzata nella rilevazione dei consumi cinematografici - sono soprattutto i giovani, tra il 40 e il 50 per cento. Ma, visto che dalla riapertura di fine aprile ad oggi sono stati staccati 14,4 milioni di biglietti, mancano sicuramente all'appello circa una quindicina di milioni di moviegoers che sono quelli che vanno almeno 4 volte l'anno al cinema e nel 2019 erano 26 milioni. Purtroppo, stando alle intenzioni espresse, sicuramente non meno di 4 milioni di loro non andranno al cinema, ritengo siano più frenati dalla paura del Covid che dall'offerta dei film».
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Della stessa linea è Riccardo Milani, il regista di Come un gatto in tangenziale-Ritorno a Coccia di Morto, da 10 settimane in sala ma che continua ad avere un suo pubblico grazie a cui ha superato i 3 milioni di incasso a fronte però dei 10 del primo episodio nel 2017: «La paura dei contagi e la giusta necessità del Green Pass hanno fatto da filtro. Certo poi durante i due lockdown le persone si sono abituate ad avere tutto in casa, dagli alimentari all'abbigliamento e all'intrattenimento. Spero eticamente che la spinta alla condivisione degli eventi, dal teatro al cinema e dai concerti alle mostre, man mano torni ad essere un elemento centrale della nostra vita. E, ripeto, lo spero soprattutto dal punto di vista etico oltre che da quello economico».