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    NOTTI A MISURA D’OMO: I WANT TO BREAK FREE! QUANDO LADY DIANA ACCOMPAGNO’ TRAVESTITA DA UOMO FREDDIE MERCURY IN UN GAY BAR DI LONDRA - UN SAGGIO RIPERCORRE L’EPOPEA DEGLI STORICI LOCALI DELLA COMUNITA' GAIA SPARITI DOPO LA PANDEMIA - "IL COVID HA DATO IL COLPO DI GRAZIA. MA LA CULTURA DEL NIDO FAMILIARE, ACCELERATA DAI MATRIMONI TRA PERSONE DELLO STESSO SESSO, NON HA AIUTATO" - LA RIDUZIONE DRASTICA DEL CONTAGIO DA HIV, FARÀ RINASCERE I CLUB A PIÙ ALTO TASSO DI EROS? "LO VEDREMO NEI PROSSIMI ANNI"


     
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    Estratto dell'articolo di Marco Romani per “il Venerdì di Repubblica”

     

    freddie mercury lady diana freddie mercury lady diana

    (...) Le serate potevano finire in tanti modi diversi, il più delle volte a chiacchierare con qualche amico incontrato per caso. Nel 1984, quando Gianni e John lo avevano inaugurato, nella Roma vaticana non c'erano i bar sulla strada in cui, come adesso al Coming Out, un omosessuale poteva stare all'aria aperta a bersi un gin tonic. Poi John è morto, i clienti erano sempre di meno e l'Hangar nel 2016 ha chiuso definitivamente entrambe le porte nere. Di bar così a Roma non ce ne sono più, sono rimasti i cruising come il K o Il diavolo dentro, ma chi ci va non pensa certo a bere un cocktail.

    lady diana lady diana

     

    Ai bordi della Stazione Centrale di Milano resiste invece l'After Line, su quella via Sammartini che nel 1993 era stata ribattezzata Gay Street. Da un mese all'entrata ci sono due palloncini d'argento con i numeri tre e zero per celebrare l'anniversario ma l'atmosfera non è certo da festa di compleanno.

     

    Gli altri locali della strada hanno tirato giù le serrande e qui si rifugiano ormai i pochi nostalgici dei gay bar anni Novanta e qualche ragazzo in cerca di "rose" (che altro non sono che euro veloci). La movida gay milanese è a Porta Venezia dove anche le banchine della metropolitana hanno i colori dell'arcobaleno. Via Lecco la sera è la passerella preferita di tutte le identità più fluide, che sfilano tra il Leccomilano e il Mono. E che a una notte di sesso (per quello ci sono le app, o l'Illumined e l'Hot Dog) preferiscono accumulare buoni contatti.

    the royal vauxhall tavern londra the royal vauxhall tavern londra

     

    Una storia, puntualissima, della trasformazione di questi locali in Gran Bretagna e negli Stati Uniti l'ha scritta Jeremy Atherton Lin in Gay Bar. Perché uscivamo la notte, appena uscito per minimum fax, che Lin presenterà il 21 maggio al Salone del Libro di Torino (poi il 22 al Cassero di Bologna, il 23 alla Libreria Malaparte di Firenze, il 25 a Roma e il 26 a Milano, Scighera). Un libro che è al tempo stesso un memoir erotico (dettagliatissimo), una raccolta di aneddoti (come quello di Lady Diana che accompagna Freddy Mercury in un postaccio di Vauxhall a Londra) e una ricostruzione del movimento omosessuale, dalla notte gloriosa del '69 allo Stonewall di New York, alle ingloriose cacce all'effeminato che si combattevano in molti gay bar fino a pochi anni fa.

    gay bar cover jeremy atherton gay bar cover jeremy atherton

     

    I gay bar erano quindi locali razzisti?

    «Quando ero giovane era piuttosto comune sentire uomini bianchi gay dire: "No grassi, no femmine, no asiatici". Questo atteggiamento è stato superato, ma ci sono voluti anni. Nella Londra degli anni Quaranta e Cinquanta i pub tenevano fuori i gay più effeminati per evitare di avere problemi con la polizia. Negli anni Settanta, poi, la cultura del "clone" mirava a ridefinire la sessualità gay come estremamente virile. Per rispondere alla sua domanda: sì, molti bar e club gay sono stati ostili a coloro che non si adattavano a un ideale maschile canonico».

    twin peaks san francisco twin peaks san francisco

     

    Stiamo vivendo l'era del post gay bar?

    «Già prima della pandemia nel Regno Unito più della metà dei locali ha chiuso e la spiegazione che molti si sono dati è che una vita sociale integrata, almeno nelle aree metropolitane, rendeva inutili i luoghi di auto-segregazione. Ora, dopo le iniziative legislative contro gay e trans negli Stati Uniti, si torna a sentire la necessità di spazi in cui ritrovarsi come comunità. I gay bar hanno assunto negli anni molte forme diverse – il club oscuro dove fare sesso, il bar nell'atrio di un teatro, il cabaret – e penso che continueranno a evolversi e a sorprenderci».

     

    Le cause delle chiusure? Le app di incontri? O uno stile di vita che nel libro definisce «da gay pantofolaio»?

    the pirate s den new york the pirate s den new york

    «Gli incassi dei gay bar hanno risentito di tutti questi fattori e poi è arrivato il Covid a dare il colpo di grazia. Ma, certo, la cultura del nido familiare, accelerata dai matrimoni tra persone dello stesso sesso, non era mai stata tanto forte all'interno della comunità Lgbtq+».

     

    Perché tanti uomini e donne etero frequentano i gay bar?

    «Le giovani donne spesso vanno nei gay bar per essere al riparo dalle molestie. Il problema è che a volte le persone etero arrivano nei locali sentendosi padroni, come se i gay fossero lì solo per intrattenerli. Di recente sono andato in un bar gay nella piccola città di mare in cui vivo e sono stato rimproverato da un ragazzo etero perché lo avevo guardato. Sosteneva di venire là per sentirsi a suo agio e la mia presenza lo stava turbando».

    stonewall new york stonewall new york

     

    (...)

     

    Bar oscuri e nascosti e bar su strada con grandi vetrine. Quale tipo sopravviverà?

    «Nel libro mi soffermo parecchio sulla differenza tra i locali aperti e trasparenti – che riflettono un senso di orgoglio ma che puntano anche a preservare un'immagine sana e desessualizzata agli occhi del quartiere – e quelli più riservati, persino poco raccomandabili.

     

    A me piacciono entrambi anche se amo molto i luoghi più dark perché sono quelli in cui l'intimità delle persone viene fuori senza censure. Ma non sono in grado di prevedere quale delle due tipologie avrà un futuro».

    La Prep, la profilassi di massa, con la riduzione drastica del contagio da Hiv, farà rinascere i club a più alto tasso di eros?

    stonewall new york 1 stonewall new york 1

    «Lo vedremo nei prossimi anni. Quello che è certo è che durante i Novanta anche l'architettura dei bar rifletteva la paura del contagio: i locali volevano apparire sterili, facili da pulire. Anche quelli più estremi facevano in modo di non sembrare sporchi».

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    (...)

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