Estratto dell'articolo di Eugenia Nicolosi e Viola Giannoli per “la Repubblica”
«Primo provino, il regista mi chiede di spogliarmi per "vedere come sei fatta. Anzi, se non vuoi slacciarti la camicetta posso farlo io", mi dice. "Ti senti più suora o più puttana?"».
giulia manzini
Un racconto nel mazzo, uno di centinaia, di prove e provini organizzati nei teatri vuoti, di notte e in solitaria, scene di nudo rubate e assalti nei camerini. Il MeToo italiano ha l'hashtag della campagna "Apriamo le stanze di Barbablù", lanciata sui social dall'associazione Amleta.
E l'uxoricida di Perrault qui è «l'incontro che non avremmo voluto fare, il provino cui non avremmo voluto partecipare, le parole che non avremmo voluto sentire, il messaggio che non avremmo voluto ricevere », dicono le attiviste. Aprire le stanze di Barbablù significa sfidare i tabù, raccontare il sommerso, dare voce alle sopravvissute delle violenze.
Eccoli i loro racconti: «Un collega approfittava, in una scena, per toccarmi il sedere. Quando l'ho affrontato ha cercato di farmi passare per pazza visionaria».
«A un festival importante lo spettacolo prevedeva un nudo integrale - racconta un'altra attrice teatrale - Un tecnico che aveva il compito di portarmi nel foyer mi disse: "Se vuoi facciamo una sveltina così ti rilassi"». Dal cinema: «Alla fine di un provino un regista mi fa: "Sei brava, e hai un bel culo". Ogni notte mi chiamava anche alle 4». Un'altra: «Mi ritrovai sola con il regista, mi fece sedere sulle ginocchia e m' infilò la mano sotto il vestito per afferrarmi il seno».
giulia manzini
Le denunce pubblicate in questi giorni da Repubblica hanno aperto una finestra sulle quinte, quelle vere, del mondo dello spettacolo. Abusi di potere, coercizioni, ricatti e molestie da parte di registi, produttori, attori, critici. In tribunale va avanti qualche processo per molestie e indagini per reati sessuali, sui social i numeri del fenomeno sono molto più alti. The Fool, data driven company, ha voluto indagare l'eredità del #MeToo nella rete italiana e ha registrato 183mila mentions dal 2017 al 2022 con picchi e valli.
In tante hanno aperto le stanze di Barbablù. Come Valentina Melis, attrice e conduttrice: «Avevo vent' anni quando andai nell'ufficio del direttore che ne aveva 60. "Secondo te perché ti rinnovo il contratto?", mi chiese. "Perché sono brava", risposi. Si alzò, mi prese per le spalle e mi tirò a sé. Lo spinsi, aprii la porta e scappai via in lacrime». Giulia Manzini, di recente una parte ne Gli sdraiati di Francesca Archibugi, racconta: «Un regista mi chiamò, voleva uscire a cena. Rifiutai. Non mi chiamò più per nessun altro lavoro ».
Barbara Giordano, volto della tv e del teatro: «Secondo anno di Accademia di arte drammatica, il professore mi aiutava a sentire dove fosse il diaframma, non riuscii a realizzare subito che mi aveva infilato una mano nelle mutande per masturbarmi ».
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angela baraldi
2. BARALDI "MISE UN PORNO ERA UNA RIPICCA PER IL MIO NO"
Emanuela Giampaoli per “la Repubblica”
Era nell'ufficio del produttore per parlare di lavoro, lui fece partire un porno. È successo ad Angela Baraldi, attrice e cantante. «Non ero una ragazzina, per anni ho pensato che avrei dovuto denunciare. Non avendo prove, ho temuto di non essere creduta».
Baraldi, come andò?
«Sapevo l'aria che tirava, avevo già intimato al produttore di non baciarmi o gli avrei sferrato un calcio nelle parti intime. Sono un tipo diretto, per nulla bambola, e questo in parte mi ha sempre protetta. Quella volta non bastò».
Cosa fece?
«Finta di nulla, per non dargli soddisfazione. Finii in fretta di discutere ciò per cui ero lì e me ne andai. Credo sia stata una sorta di ripicca da parte sua perché avevo rifiutato le avance. Il lavoro era ultimato, non fu un vero ricatto ma fu disgustoso. Non lo vidi più».
Pensò di denunciare?
angela baraldi
«No, ma avrei dovuto. Ci ho pensato a lungo, se avessi avuto un posto dove parlarne l'avrei fatto. Stavo per rivelarlo durante il MeToo, mi trattenni. Troppe volte ho visto produttori e registi farla franca, mentre le donne che li hanno accusati sono state screditate. Per fortuna non lavora più, non credo di essere stata la prima».
angela baraldi