R. Spi. per "La Verità"
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Gli attacchi informatici sono sensibilmente mutati negli ultimi anni. I big data sono oggi il nuovo petrolio per le aziende. Lo sanno bene anche i criminali informatici che fanno leva, per mettere a segno azioni fraudolente, sull'esiguo investimento fatto dalle aziende per tutelare questo tesoro.
Ma la portata del problema è sottovalutata: piaccia o no, tutti siamo a rischio di attacchi. Chi di noi non ha informatizzato tutta o in parte la propria vita? Ci piace e crediamo sia più agevole controllare tutto da remoto, ma questa nuova via apre la strada ai criminali informatici.
giovanni ziccardi
È il professor Giovanni Ziccardi, docente all'università Statale di Milano ed esperto di informatica giuridica, a scuotere le coscienze. Oggi al centro dell'attenzione ci sono le connessioni.
Le persone sono l'anello più debole della catena: hardware, software e comportamenti imposti dalla società tecnologica di oggi. I sistemi odierni sono, in molti casi, sicuri. Sono allora le persone l'elemento più fragile, quello più facile da attaccare, sfruttando scarsa competenza, fretta, distrazione, poca conoscenza di tecnologie che, oggi, ci abituano a essere immediatamente operativi, ma ci fanno pensare poco.
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I crimini informatici più subdoli, spiega il professor Ziccardi, sono quelli che colpiscono i dispositivi connessi. È quello che oggi viene chiamato l'«internet delle cose»: telecamere di sorveglianza domestica, elettrodomestici collegati alla Rete come aspirapolvere o frigoriferi, cancelli automatici, sistemi di irrigazione, di illuminazione e di riscaldamento, acquari, assistenti vocali domestici, automobili, perfino dispositivi medici e protesi che comunicano senza fili con un operatore.
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Ma ci sono stati anche attacchi ai defibrillatori cardiaci impiantabili, quelli che intervengono per sostenere il cuore del paziente con piccole scosse elettriche. Questi dispositivi dialogano con il medico, che diventa un ponte per i criminali informatici.
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Di fatto, dice Ziccardi, gli attacchi saranno di due tipi. Il primo è diretto a grandi archivi e big data. Particolarmente ricercati sono due tipi di dati: le fotocopie di documenti di identità e le generalità dei neonati e dei bambini. Nei Paesi con controlli molto blandi, i documenti di identità consentono di accendere conti correnti su cui far transitare denaro o linee di credito.
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I dati dei bambini fanno gola perché garantiscono una «clean credit history», cioè un passato creditizio pulito: sino a quando non diventeranno grandi e cominceranno a usare i loro dati, il criminale potrà sostituirsi a loro senza troppi problemi con una finta identità adulta creata sulla base di dati di nascita reali.
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Il secondo tipo di attacco potrà interessare ogni cittadino connesso. Azioni di questo tipo sono finalizzate a individuare vulnerabilità nei dispositivi connessi. Gli attacchi vengono portati per due finalità principali: raccogliere gli stili di vita e di comportamento dell'utilizzatore (a che ora esce di casa al mattino e rientra la sera, ad esempio, controllando il cancello automatico connesso), o per usare quei dispositivi come ponte per infiltrarsi nella rete principale, che di solito è più protetta di questi apparecchi periferici, spesso economici e meno sicuri.
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Questo quadro disegna un panorama molto critico, dove il furto dei dati diventa il crimine più diffuso e riguarda non solo dati di pregio o segreti, ma anche semplici informazioni sulle persone che vengono, poi, riutilizzate o vendute, a pacchetti, sul mercato nero.
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