Federico Formica per www.repubblica.it
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Anche in Italia Amazon ha espulso diversi utenti per aver restituito troppi articoli acquistati. Questa è la motivazione ufficiale che, però, diversi lettori di Repubblica contestano.
Dopo l'articolo pubblicato lo scorso 28 maggio in cui parlavamo del caso scoppiato negli Stati Uniti, infatti, abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di utenti o ex utenti del nostro Paese. Nella maggior parte dei casi Amazon viene accusata di scarsa trasparenza.
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Non è chiaro, né la piattaforma di shopping online ha mai spiegato, dopo quanti resi un utente possa considerarsi "a rischio". Anche perché in Italia il Codice del Consumo prevede la restituzione degli articoli acquistati fuori dai locali commerciali (quindi anche in Rete) entro 10 giorni, senza penalità e senza dover specificare il motivo.
Amazon ha addirittura ampliato questo diritto a 14 giorni, che si estendono a 30 con la differenza che, in quest'ultimo caso, le spese di spedizione sono a carico del cliente. Nonostante ciò, l'impressione è che per qualche "furbetto", diversi utenti in buona fede abbiano subito un trattamento sproporzionato.
amazon in car delivery
"Mi è stato chiuso l'account in maniera del tutto inaspettata per aver fatto solo due resi di prodotti difettosi" racconta Angelo, che oltretutto dice di aver perso tutti i soldi caricati sul suo account.
"Ho chiesto rimborso tramite un'associazione di consumatori, ma Amazon ha fatto orecchio da mercante".
Dopo aver ricevuto due avvertimenti tra febbraio e aprile Fabio si è fatto due calcoli: "Nel 2018 ho comprato 91 articoli e ho effettuato 16 resi. Di questi, 9 non erano idonei e 7 non funzionanti o con problemi tecnici".
Il nostro lettore ha telefonato al servizio clienti per capire quale fosse il problema: "Mi hanno risposto che sono mail inviate in automatico e di non preoccuparmi".
Ban di famiglia.
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Dalle segnalazioni dei lettori è emersa un'altra pratica di Amazon: in caso di abuso - o presunto tale - la piattaforma non cancella solo l'account del "reo" ma anche tutti quelli che abbiano associato lo stesso indirizzo o la stessa carta di credito.
"Sono stata espulsa da Amazon senza motivo - racconta Emanuela - e così mia madre, in quanto avevamo la stessa carta di credito e indirizzo. Mia madre ha anche perso 1000 euro per un reso che aveva già restituito, solo che le hanno chiuso l'account prima di ridarle i soldi".
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La lettrice aggiunge di essersi anche rivolta a un avvocato. Lo stesso che è accaduto a Bruno il quale, pur ammettendo di aver fatto "svariati resi", ha provocato il ban della sorella, della cognata e di un suo amico che pure non avevano mai "sgarrato".
Il cartellino giallo.
Quando Amazon riscontra un'attività sospetta invia una mail di avvertimento all'utente. Il tono è amichevole: "Abbiamo notato che ha restituito un numero significativo di ordini effettuati di recente. Nella nostra esperienza, un elevato numero di resi indica che i clienti non sono soddisfatti dell'esperienza di acquisto su Amazon.it. Vorremmo sentire i suoi commenti e sapere se ha dei consigli su come migliorare la sua esperienza sul nostro sito".
Se, secondo Amazon, la condotta non cambia, arriva il ban permanente. Non è quindi una espulsione a tempo. Ci sono però alcuni casi in cui Amazon invia un secondo avviso in cui chiede al cliente di spiegare, articolo per articolo, i motivi del reso.
JAMES BLOODWORTH AMAZON
"Dopo la prima mail ho cominciato a fare acquisti in modo più consapevole in modo da evitare eccessivi resi - scrive Matteo - poi però me ne è arrivata un'altra" in cui si il tono si fa più perentorio: "Nonostante la nostra e-mail di promemoria, continua a restituire un elevato numero di ordini. Per aiutarci a comprendere i problemi che ha riscontrato con gli ordini, la invitiamo a rispondere a questa e-mail indicando i numeri degli ordini e i motivi di ciascun reso".
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"Recentemente ho effettuato qualche reso e ho in programma di effettuarne un altro per un articolo non conforme alle aspettative. Rimango nella speranza di non ritrovarmi l'account bloccato!" conclude Matteo.
Anche Davide ha dovuto fornire spiegazioni dettagliate su ogni suo reso. "In effetti ne ho chiesti molti, il punto è che se controlli le loro politiche dei resi non c'è alcuna indicazione di un numero massimo di articoli che puoi restituire e si sono rifiutati di dirmi se c'era una soglia oltre la quale scattano questi "controlli" e pressioni verso gli utenti".
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C'è chi abusa.
Naturalmente non tutti gli utenti utilizzano il sito in buona fede "Sapete quanti articoli abbiamo ricevuto indietro dopo averli utilizzati?" scrive Fabio, titolare di un'azienda che vende anche su Amazon.
"Ad esempio, appena dopo le feste ci stati restituiti molti alberi di Natale, con richiesta di accredito completo. Questi episodi colpiscono i clienti corretti", continua, perché rendono necessario un aumento dei prezzi.
"Le espulsioni sono sacrosante, se motivate" aggiunge E. "Tempo fa ho conosciuto un giovane rampollo - figlio di danarosi avvocati - che ordinava i prodotti hi-tech su Amazon facendosi mandare svariati dispositivi dello stesso tipo, onde "testarli" (ipse dixit) per scegliere il più adatto alle sue esigenze. Poi, restituiva quelli scartati".
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Può farlo?
Amazon non ha rilasciato ulteriori dichiarazioni dopo quelle già fornite a Repubblica alcuni giorni fa. Non chiarisce quindi se esista una soglia di resi da non superare. Nelle condizioni generali è scritto che Amazon si riserva il diritto "di impedire l'accesso al sito e/o ai Servizi Amazon, di sospendere o chiudere un account, di rimuovere o modificare i contenuti del sito a nostra discrezione, in caso di violazione delle disposizioni di legge applicabili, delle presenti Condizioni Generali d'Uso o delle linee guida o delle politiche applicabili".
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Ma al di là di questo, può espellere un utente anche per pochi resi? A livello legale, sembra proprio di sì: "Prime a parte, che dà alcuni servizi in più, Amazon fornisce un servizio gratuito, senza chiedere un corrispettivo. E in contratti come questi, che non prevedono una scadenza, il Codice civile prevede che il professionista possa recedere dal rapporto con la controparte, che in questo caso è l'utente" spiega Domenico Romito, avvocato e responsabile di Avvocati dei consumatori.
amazon jeff bezos
Trovarsi fuori dal recinto di Amazon può essere un grosso danno per un consumatore, soprattutto perché la piattaforma di Bezos domina il mercato, con un'offerta di prodotti superiore alla concorrenza: "Non possiamo che rifarci al Codice civile, ma la verità è che servirebbero regole più protettive nei confronti dei consumatori, soprattutto adesso che alcuni giganti stanno occupando fette sempre più grandi del mercato. Occorre più trasparenza - continua Romito - e finora la Ue ha dormito su questo, ma non è mai troppo tardi".
Amazon telecamera nascosta in un magazzino amazon inglese