Melania Rizzoli per "Libero Quotidiano"
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Secondo Erich Fromm l'umanità è più propensa all'odio che all'amore, cioè l'uomo riesce più ad odiare che ad amare. La posizione del filosofo tedesco è sicuramente discutibile, ma è evidente che non si può criminalizzare l'odio, un sentimento nascosto in ognuno di noi e considerato dalla scienza naturale come l'amore.
Dal 27 luglio alla Camera dei Deputati si sta discutendo su una proposta di legge che mira a contrastare l'odio e la discriminazione contro l'orientamento sessuale e l'identità di genere, e molti sono stati i commenti negativi sulla minaccia alla libertà di espressione, che hanno parlato di misura liberticida, mentre l'intento della legge sarebbe quello di voler combattere quei reati che nascono dall'odio come gli atti di violenza. Ma la domanda è: può una legge contrastare l'odio, ovvero un sentimento violento che nasce da un disturbo dell'affettività?
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Perché di questo si tratta, in quanto l'odio è riconosciuto come un disturbo mentale della sfera affettiva, ed è considerato patologico, in quanto causa un'emozione non razionale di tipo ostile, focalizzata sul detestare e sul rivendicare, che comporta un desiderio profondo e duraturo di far del male a qualcuno o a qualcosa, misto a sensazioni di rifiuto, ripugnanza, contrarietà, intolleranza e soprattutto vendetta.
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Non va confuso con l'ira o la rabbia, che sono anch' essi disturbi dell'affettività ma si distinguono per essere momentanei e passeggeri, mentre l'odio è un sentimento astioso e rancoroso più "ruminato", cioè calcolato e rimuginato silenziosamente anche per lunghi periodi, represso e covato, che poi esplode in modo potente rivelando una aggressività maligna e distruttiva con un facile sconfinamento nella violenza e nel sadismo.
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Inoltre l'odio si differenzia dall'antipatia, dall'invidia, dall'avversione o da altre forme di giudizio negativo, poiché in queste manca la volontà di "far del male" o di "farla pagare", ovvero di comminare una sonora punizione all'oggetto odiato, anche se l'invidia può trasformarsi in odio quando si vuole che la persona odiata, per esempio, subisca qualcosa di negativo, come una malattia, un licenziamento o declassamento.
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la vendetta Per raggiungere il suo scopo spesso chi odia si sente in diritto di infrangere la legge ("mi faccio giustizia da solo") pur di punire la persona odiata poiché sente di agire nel giusto o comunque ritiene che l'eccezione sia valida per salvaguardare la propria persona e vendicarsi, ed in questi casi occorre valutare se il soggetto che odia sia equilibrato mentalmente o no, ovvero se una persona considerata equilibrata possa spingersi fino ad odiare, a punire ed a commettere reati.
L'odio potenzialmente risiede dentro ognuno di noi, emerge nel tragico ruolo dell'inconscio nella guerra dei conflitti, e la psichiatria lo considera comunemente in contrapposizione all'amore, in quanto i due sentimenti possono essere accostati per intensità ed impeto pur non essendo paritetici, mentre come sentimento intermedio tra i due, privo sia di punti positivi che negativi, troviamo l'indifferenza.
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Naturalmente esistono diverse forme di tale disturbo, ma quella più frequente è "l'odio reattivo", scaturito da un evento negativo, da una profonda ferita o da una situazione immutabile che rende impotenti e genera ostilità violenta, ma in molti casi però l'odio è una peculiarità del carattere, e risiede nella predisposizione di una persona ad essere ostile, come quegli individui che appaiono sempre arrabbiati e si relazionano solo in modo negativo, contestando ogni fatto od opinione diversa dalla loro, non accettando critiche od appunti sul loro comportamento e sul loro carattere.
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l'aggressività La psicanalisi gioca un ruolo di primaria importanza nella comprensione di tale sentimento, addirittura attribuendogli una posizione riparativa finalizzata alla neutralizzazione e sublimazione dell'aggressività ("mors tua vita mea") durante il conflitto tra conscio e inconscio, un confine spesso molto sottile e facilmente valicabile.
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L'odio, che trova comunque le sue radici nella frustrazione, nell'invidia, nella gelosia, nella competizione, nelle differenze sociali e nel desiderio di vendetta, non sempre alimenta stati emotivi che si impregnano di violenza, perché l'odio cosiddetto "freddo" è tipico delle persone che si limitano a tenere le distanze da quelle ritenute negative o repellenti, percepite come esseri inferiori da guardare con disprezzo e superiorità, che è caratteristico di chi cela bassa autostima, insicurezza, immaturità affettiva ed egocentrismo, e che per liberarsi delle proprie paure sfrutta l'indignazione, la furia verbale e niente di più.
In termini psicoterapeutici infatti coloro che tendono ad odiare proiettano sul mondo esterno i loro aspetti peggiori, quelli che non vorrebbero avere ma che abitano il profondo dell'inconscio, ombre che generano incubi e pensieri avversi, sentimenti torbidi e angosce che non si vogliono portare alla luce.
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Ogni uomo in determinate circostanze ha bisogno di un nemico, a cui addebitare regolarmente le cattiverie, le slealtà, le crudeltà e le prepotenze in cui ci si imbatte nella vita quotidiana, e comprendere questa finzione scenica ideata dalla psiche è dunque essenziale per capire che spesso il male abita dentro, e non fuori, per non arrivare a farsi possedere e sopraffare dall'odio.
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Chi odia comunque prova un sentimento forte, ed il paradosso è che l'odio non solo si alterna all'amore ma ne è parte integrante, indipendentemente dalla volontà, ("amare il proprio nemico"), poiché i due sentimenti sono destinati ad intrecciarsi in una inevitabile coessenzialità, ed ambedue sono in grado di incidere profondamente sugli stati d'animo, con la differenza che l'odio è un sentimento notevolmente inferiore all'amore, non è paritetico ma condannabile, perché sempre distruttivo e devastante.
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L'odio non più esistenziale invece, è quello che sfocia nella patologia, che si trasforma in un'idea ossessiva inseguendo la quale non si abbandona mai il tentativo di eliminare l'oggetto che si detesta, quasi fosse una liberazione, per cui il sentimento, non privo inizialmente di una sua nobiltà, muta in delirio.
Comunque quando compare, il sentimento dell'odio ha un carattere difensivo ed è impossibile reprimerlo, soprattutto dopo una forte ingiustizia, ma lo si può dominare e razionalizzare, ed è una emotività che fa parte del nostro Dna, della nostra espressività ("uno sguardo d'odio") che può arrivare a ritorcersi anche contro se stessi, fino a scaricare contro di sé tutta la sua forza distruttrice.
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senza passionalità L'odio moderno invece, quello digitale privo della passionalità succitata, per il quale è stata coniata la locuzione "hate speech", oggi trova spazio attraverso i mezzi di comunicazione di massa, soprattutto attraverso la rete Internet, la cui caratteristica è la disinibizione, ovvero la facilità con cui si postano messaggi di odio incentivati dalla sensazione di anonimato, dalla permanenza perenne dei commenti depositati nel web, dall'amplificazione della portata del messaggio negativo e dalla difficoltà di rimozione e censura, per cui è emerso un fenomeno sociale di diffusione di vastissime frange di odio, che si scatenano non solo su temi tradizionali, politica, sessualità, razzismo o religione, ma si allargano su contesti sempre più variabili e imprevedibili, che sovente scatenano un'ondata di commenti carichi di odio, verso persone che non si conoscono nemmeno, e con le quali non si è avuta mai alcuna relazione, ma delle quali si è invidiosi, gelosi e rancorosi per la loro visibilità.
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L'essere umano è pressoché l'unica specie che aggredisce, violenta e prova piacere nel fare del male, ma alla lunga l'odio non rende soddisfazione, perché è rozzo e ignorante, non controllabile dalla ragione, fa soffrire, è corrosivo, ed oltre che stupido è spesso inutile a risolvere i problemi che lo hanno provocato.
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