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Marco Lodoli per la Repubblica – Roma
I secoli della grande produzione artistica italiana sono anche tempi di crudeltà, avvelenamenti, omicidi, efferatezze di ogni genere; lo ricordava Orson Wells in cima alla ruota del Pater nel film “Il terzo uomo” in un discorso paradossale e memorabile: gli italiani hanno prodotto orrore e tanta bellezza, gli svizzeri, popolo tranquillo e pacifico, solo l’orologio a cucù.
La Roma del Seicento, così dorata e barocca, fu teatro continuo di risse, coltellate, atroci violenze, sappiamo bene che lo stesso Caravaggio dovette fuggire in fretta e furia dopo aver ammazzato un rivale in una zuffa. E un posto di riguardo in questa galleria di artisti violenti spetta ad Agostino Tassi, paesaggista di buon talento, alla cui bottega si formò persino Claude Lorrain. E Pietrangelo Buttafuoco dedica proprio alla figura di Agostino Tassi e alle sue feroci smanie erotiche il suo ultimo libro, “La notte tu mi fai impazzire”.
buttafuoco pietrangelo
Tassi era amico di Orazio Gentileschi, e presto notò Artemisia, la figliola giovanissima e affascinante che apprendeva in fretta l’arte della pittura nello studio del padre. Tassi prese con sé Artemisia per alcuni lavori di decorazione alla Casina delle Muse del palazzo Pallavicini-Rospigliosi e subito la violentò.
E’ uno di quei crimini, come il fratricidio di Caino o le coltellate a Giulio Cesare, che si caricano immediatamente di un valore emblematico: lo stupro di Artemisia è lo stupro assoluto, violenza mostruosa contro la grazia, la femminilità, l’arte e la gentilezza, tanto che è diventato un riferimento costante del movimento femminista negli anni Settanta. Buttafuoco con il suo stile acceso e crepitante descrive la Roma cupa e geniale di quegli anni, e ripercorre con la fiaccola accesa la buia vita di Tassi.
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“Anche a Roma, Agostino, è lo Smargiasso ... In ogni strada, negli angoli giusti, annusa dalle gambe delle meretrici i rivoli di ricotta del vizio e scova sempre nuove budella da godere”. Buttafuoco si ferma sul processo per stupro, uno dei primi che la storia ricordi.
Per far testimoniare Artemisia, le schiacciarono i pollici con le tenaglie minacciandone la carriera, e allora lei riferì precisamente l’orrore dello stupro: “Serrò la camera a chiave — si legge nelle carte originali — e mi buttò sulla sponda del letto, mi mise un ginocchio tra le cosce ch’io non potessi serrarle… et appuntandomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E gli sgraffignai il viso e gli strappai i capelli et avanti che lo mettesse dentro gli detti una stretta al membro che gli levai anco un pezzo di carne”.
dago e sgarbi
Oggi Buttafuoco, con Vittorio Sgarbi e Roberto D’Agostino, presenterà il suo libro, edito da Skira, al Museo di Roma a Palazzo Braschi dove è allestita la grande mostra sulla pittrice romana. Molte sue opere sono state lette in chiave psicoanalitica, come se attingessero al pozzo profondo della violenza subita. “Susanna e i vecchioni” ad esempio, benché sia del 1610, un anno prima dello stupro, sembra mettere in scena l’innocenza femminile e la bavosa libidine dei maschi, che sono due e non tre, e quello con la barba nera pare sia proprio Agostino Tassi.
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Anche l’altra celebre opera di Artemisia, “Giuditta e Oloferne”, con l’eroina biblica che tra sprizzi di sangue decapita il nemico, spesso è stata interpretata come naturale desiderio di vendetta. Può darsi che sia così, ma non sarebbe giusto ridurre la pittura di Artemisia a un rabbioso e ovvio sentimento di rivalsa: è molto di più, molti quadri della Gentileschi dimostrano le sue qualità, l’inventiva, il senso del colore e della scena, una mano ispirata.
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Buttafuoco ci riporta a quegli anni dove il talento e la violenza si intrecciavano quotidianamente, quando Roma aveva i piedi nel fango e nel sangue e faceva volare nel suo cielo azzurro angeli barocchi.