Sebastian Nadal telling his son Rafael to quit? #Wimbledon #Nadal pic.twitter.com/L0LiJQQttY
— Simon Häring (@_shaering) July 6, 2022
Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera
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Disobbedire al padre. Nadal è piegato in due dal dolore agli addominali, palesemente non è in grado di continuare a giocare, ha perso un set che stava dominando. Il padre Sebastià, la sorella Maribel, il manager Carlos Costa si sbracciano dalla tribuna di Wimbledon: basta, ritirati! La moglie Xisca, incinta, non dice nulla. Rafa esce dal campo per il medical timeout, l’intervento medico che palesemente non può cambiare le cose. Rientra sul centrale.
Non guarda la tribuna, evita di incrociare gli occhi del padre. Tutti pensano che andrà a stringere la mano all’avversario, Taylor Fritz, e si ritirerà, rinunciando al sogno di rivincere Wimbledon dodici anni dopo e di conquistare il terzo Slam dell’anno. Invece Nadal afferra la racchetta. Si porta a testa bassa dal suo lato del campo. E ricomincia a giocare.
Già questo gesto pare un racconto epico. Oltretutto Fritz è lo stesso giocatore con cui quest’anno Nadal ha giocato (e perso) la finale di Indian Wells — un Master 1000, un torneo importante — con una costola rotta. Ma la cosa più incredibile, o più epica se preferite, è che questo match invece Nadal lo vince. Cioè vince, al tie-break del quinto set, una partita che chiunque altro non avrebbe neppure giocato.
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A interrompere l’epica, va detto che Nadal non ha vinto solo di cuore, tantomeno di muscoli. Ha vinto grazie alla sua intelligenza superiore. Non potendo servire al massimo, e neppure smatchare (lui che ha sbagliato l’ultimo smatch al tempo del governo Monti), ha impostato una partita tutta testa, cercando sempre il rovescio dell’avversario, aprendosi il campo per chiudere con il dritto, oppure chiamandolo a rete con la palla corta: a un certo punto tre di fila, tutte vincenti. Va da sé che il povero Fritz non ci ha capito più nulla, e cercava con occhi disperati l’aiuto del suo clan, che si prodigava in gesti opposti a quelli di Sebastià Nadal: resta lì, resisti, non mollare. Il tie-break poi è stato un capolavoro tattico, 10 a 3 (per vincere il tie-break del quinto set bisogna fare dieci punti), un dominio mentale assoluto.
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Se gli addominali non gli consentiranno di servire, Nadal non ha praticamente nessuna possibilità di battere Nick Kyrgios in seminale, e assolutamente nessuna di battere Novak Djokovic in finale (anche se ci sarebbe da sperarlo, perché in tal caso Nole sarebbe pronto a vaccinarsi, pur di poter giocare gli Us Open e impedire al rivale di conquistare il Grande Slam, a 36 anni). Stasera, però, possiamo fare tre cose.
Perdonare Rafa per aver trattato male Sonego: una cosa non da lui, di cui si è certo pentito.
Ripeterci che — pur azzoppato, menomato, pelato — Rafael Nadal si conferma a ogni occasione il più grande tennista di ogni tempo, e l’unico campione moderno che possa avvicinarsi all’epica dello sport eroico del secolo scorso. Una fonte di ispirazione per tutti quelli che rifiutano di arrendersi al destino e al dolore.
Infine, ricordarci che ogni tanto disobbedire al padre — anche a un padre che non sopporta più di vedere il figlio soffrire — si può, e si deve.
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