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    OLAFUR ELIASSON IN REAL LIFE  - DOPO L’INSTALLAZIONE DEL TRAMONTO ININTERROTTO DATATA 2003, L’ARTISTA-SCIENZIATO-URBANISTA TORNA ALLA 'TATE MODERN' DI LONDRA CON UNA GRANDE ESPOSIZIONE - UNA FONDAMENTALE OSSESSIONE ATTRAVERSA LA SUA RICERCA ARTISTICA: IL RAPPORTO TRA LA PERCEZIONE UMANA E L'AMBIENTE NATURALE, CON UNA ATTENZIONE PARTICOLARE AI FENOMENI CLIMATICI… - L’OROLOGIO DI GHIACCIO - VIDEO


     
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    Antonio Riello per Dagospia

    model room model room

     

    Olafur Eliasson è nato nel 1967 a Copenaghen ed è cresciuto in Groenlandia, attualmente vive a Berlino dove dal 1995 gestisce lo Studio Olafur Eliasson, una struttura che vede coinvolte a vario titolo più di cento persone: ingegneri, tecnici, climatologi, artigiani, chimici, botanici, disegnatori, magazzinieri. Una vera e propria azienda capace di sviluppare e realizzare progetti molto complessi e di operare in qualsiasi parte del mondo. Una realtà del tipo di quelle gestite da Ai Wei Wei o da Jeff Koons, roba da far invidia a molte piccole/medie industrie del Nord-Est.

     

    olafur eliasson olafur eliasson

    Con il suofidato collaboratore Sebastian Behmann ha dato vita al cosiddetto Studio Other Spaces che si occupa di sperimentare nuove soluzioni per l'urbanistica e l'arredo urbano e privato. Collabora, sempre a Berlino, anche ad una scuola d'arte e ad una di danza. Infaticabile, ha scritto un libro di cucina "ad-impatto-zero".....ed esiste perfino un "Olafur Eliasson Exhibition Supporters Circle" che ha lo scopo di finanziare i suoi progetti espositivi (come in questo caso).

     

    L' attività frenetica di questo artista-scienziato-urbanista quasi ricorda talvolta quei brand industriali che vendono di fatto articoli commerciali ma che ti raccontano (con consumata abilità e una irresistibile narrazione) di "promuovere sostanzialmente non un prodotto ma uno stile di vita". C'è un video sull'artista, trasmesso recentemente dalla BBC, che sembra dare proprio questa curiosa impressione.

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    Eliasson aveva già esposto nel 2003 alla Tate Modern una straordinaria installazione, "The Weather Project". Un sole artificiale sorgeva e tramontava quotidianamente negli ambienti della gigantesca Turbine Hall, impossibile da dimenticare, tanto era potente e innovativo. Aveva attirato, non a caso, quasi due milioni di visitatori.

     

    OLAFUR ELIASSON IN REAL LIFE, curata da Mark Godfrey e Emma Lewis, è una vera e propria mostra strutturata che comprende una quarantina di lavori realizzati dal 1990 in poi.

     

    Una fondamentale ossessione attraversa la sua ricerca artistica: il rapporto tra la percezione umana e l'ambiente naturale, con una attenzione particolare ai fenomeni climatici. Un esempio? con il progetto "Ice Watch" aveva portato dei frammenti di iceberg a Copenhagen (2012), Parigi (2015) e Londra (2018) per ricordare al pubblico urbano i drammatici cambiamenti climatici in corso in Groenlandia. Bisogna d'altra parte segnalare che alo stesso tempo, da molti suoi lavori, emana un solido e profondo interesse per la geometria (con la sua innata disciplina e i suoi segreti). In qualche modo ricorda quelle figure rinascimentali che si destreggiavano tra arte e scienza con grande facilità.

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    Il lavoro "Room for one colour" (1997), dà un inconsueto benvenuto al visitatore ancora prima di entrare. Si capisce subito che i nostri sensi saranno messi alla prova: una serie di forti luci arancioni fa risultare tutto quello che ci sta sotto (anche le persone naturalmente) colorato in uno spiazzante indefinito grigiastro.

     

    "Model Room (2003) è la prima installazione che si vede dopo essere entrati. Davvero molto bella e fatta con centinaia di solidi matematici (innumerevoli le forme e le dimensioni). Ci vorrebbero probabilmente delle ore per apprezzarne compiutamente tutti i particolari. Vengono in mente le ricerche di Luca Pacioli il grande matematico italiano della fine del Quattrocento.

     

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    "Moss wall" (1994), imperdibile, è in sostanza una magnifica paretona tutta ricoperta di una lanugine uniformemente colorata. Sembra finta e di plastica. Invece è fatta solo di muschi e licheni. Fa pensare all'intercambiabilità, tutta contemporanea, dei concetti di artificiale/naturale. "Window projection" (1990) invece materializza, dal nulla, una finestra su una parete. Stupore e meraviglia addomesticati da una minimalità molto elegante.

     

    Il pezzo forte (anche in termini esperienziali) è l'installazione "Din blinde passager" (2010). Un lunghissimo corridoio (39 metri), al quale si ha accesso a piccoli gruppi, totalmente immerso in una fittissima nebbia colorata che ogni 4/5 metri cambia tonalità  Si intravedono in pratica (a fatica) solo ombre. Una piccola avventura ansiogena e claustrofobica di grandissima intensità. 

     

    "Your uncertain shadow (colour)" (2010) consiste in una stanza dove un enorme proiettore multiplo disegna su una parete le silhouette in movimento (scomposte in vari colori) dei visitatori stessi, seguendoli fedelmente nel loro passaggio. Ha decisamente il primato dei selfie scattati in mostra.

     

    "Beauty" (1993) è un altro astuto marchingegno interattivo composto da luci e spruzzi d'acqua che creano fugaci arcobaleni. E' comunque molto gettonato, soprattutto nelle giornate più calde. "Your spiral view" (2002) è invece uno strano tunnel foderato di specchi sbilenchi dove l'immagine di chi lo percorre su una passerella si frammenta come fosse all'interno di una specie caleidoscopio, ma il risultato è decisamente più caotica e drammatica. Ci si sente come fossimo dentro un "Buco Nero"....

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    Poi ci sono ampie (e forse un po' pedanti) documentazioni fotografiche di ghiacciai che si sciolgono e parecchi altri lavori legati ad effetti ottici di vario tipo (più o meno interessanti).

     

    Saluta i visitatori in uscita la straordinaria opera "Ventilator" (1997) che si libra come un rinfrescante drone al guinzaglio nel vestibolo delle scale della Tate. Non manca naturalmente, come d'obbligo oggi nelle mostre di una certa ambizione, un'area "educational" dove i pargoli possono giocare a fare gli artisti concettuali.

     

    E c'è pure un ristorante che fa parte integrante della mostra, lo "Studio Olafur Eliasson Kitchen at the Terrace Bar" dove cuochi addestrati da Eliasson servono pasti strettamente "vegetariani, organici, local, di-stagione". Fatica questa artisticamente interessante ma non gastronomicamente indimenticabile. All'esterno della Tate, infine, è visibile "Waterfall" (2019) gioco d'acqua che prende in giro con intelligente ironia le classiche fontane monumentali di cui sono piene le città europee.

     

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    Una considerazione viene a questo punto spontanea circa la forte propensione della gente scandinava rispetto alle tematiche ambientali (Greta Thunberg è svedese, Ove Braaten è norvegese, tanto per citarne un paio). L'Europa dell'estremo Nord è il luogo dove sono nati i pionieri dell'ecologia militante e ancora oggi è il covo della parte più agguerrita e "missionaria" della lotta per la sostenibilità. Ma cosa è che ha fatto diventare così ecologicamente virtuosi gli scandinavi? lo specifico clima estremo? la cultura/tradizione che li accompagna? Il welfare esteso? il DNA? Sarebbe interessante saperlo....

     

    Visti dall'Europa del Sud il loro zelo vichingo, così radicale e "talebano", è ammirevole ma anche, onestamente, ogni tanto spaventa. E poi questi sono sempre "i primi della classe": lasciano passare i pedoni sulle righe anche quando li vedono lontanissimi a kilometri di distanza, sono sempre super tolleranti (almeno a parole), scandalosamente precisini e puntuali, le loro case producono più energia di quanto ne consumano, pagano sempre (e tutti) le tasse, sono i paladini dello stile frugal/minimal che va-tanto-di-moda, un signore dalle loro parti si è immaginato il Premio Nobel per la Pace e sembra che abbiano addirittura inventato la cucina a kilometro zero (ma noi sappiamo che almeno questo, per fortuna, non è vero...).

     

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    I "secchioni" sono indispensabili per copiare i compiti in classe, ma non ci vai a mangiare la pizza assieme volentieri, infatti suonano di solito un po' noiosetti nella loro immacolata virtù. Qualche sbaglio, qualche "cazzata", qualche cartaccia immaginaria lasciata per terra fuori dal cestino, ci farebbero sentire questo artista, del resto bravissimo, meno guru e più umano.

     

    TATE MODERN

    Bankside, Londra  SE1 9TG

    Fino al 5 Gennaio 2020

     

    room for one colour 1 room for one colour 1 beauty beauty ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO riello riello ANTONIO RIELLO ANTONIO RIELLO

     

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