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    “HO PAURA PER LA MIA FAMIGLIA” - OLEG TINKOV, L’IMPRENDITORE ANTI-CREMLINO CHE HA SPARATO A ZERO SU PUTIN E L’ESERCITO RUSSO, VIVE TRA TOSCANA E SVIZZERA E SPERA CHE A SALVARGLI LE CHIAPPE SIANO I SERVIZI SEGRETI ITALIANI: “SONO MOLTO BRAVI, MA STO PENSANDO ANCHE A UN APPARATO DI SICUREZZA PRIVATO. TEMO PER MIA MOGLIE E I MIEI FIGLI, MA NON POTEVO TACERE. SONO STATO OBBLIGATO A VENDERE LA BANCA CHE HO FONDATO E…”


     
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    Marco Gasperetti per il “Corriere della Sera”

     

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    Di coraggio ne ha da vendere, Oleg Tinkov, 54 anni, tra i quindici uomini più ricchi della Russia con un patrimonio di 9 miliardi di dollari. Combatte da anni contro la leucemia e oggi anche contro Putin. Le sue critiche al Cremlino, nelle interviste (l'ultima al New York Times ) e sui social gli sono già costate carissime. Negli affari e nella vita privata.

    La scorsa settimana è stato costretto a vendere la sua quota della banca che aveva fondato perché il Cremlino aveva minacciato, in caso contrario, di nazionalizzarla. Sul piano personale teme per la sua incolumità e soprattutto per quella della sua famiglia, moglie e figli. Da anni vive in Toscana e si muove tra l'Italia e la Svizzera. La nostra intervista inizia da qui.

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    Mister Tinkov, dopo le critiche rivolte al Cremlino si dice che i servizi segreti russi si stiano interessando alla sua persona. Non ha paura?

    «Non ho paura per la mia persona. Della vita che potrei perdere sono relativamente preoccupato dopo l'esperienza che ho avuto con la malattia perché adesso vedo le cose in maniera diversa. Ma temo molto per la mia famiglia, però non potevo fare a meno di esprimermi nei confronti del governo del mio Paese».

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    Negli ultimi tre mesi sono morti in circostanze drammatiche sei uomini di affari russi. Crede che dietro ci sia l'ombra di Putin?

    «Non sono informato e dunque non posso muovere accuse, sarebbe soltanto speculazione. Dico però che è molto importante proteggersi».

     

    Lei lo sta facendo?

    «Confido molto nei servizi segreti italiani. So che sono molto bravi, lavorano bene, e sono sicuro che garantiranno la mia sicurezza e quella della mia famiglia».

     

    Ma lei non ha anche un apparato di sicurezza privato?

    «Non lo avevo mai avuto in vita mia e non mi ero mai posto il problema. Ma oggi le cose sono cambiate e in questi giorni sto selezionando delle persone che mi proteggano perché ho capito che adesso è indispensabile averle, purtroppo».

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    Lei vive in Toscana da tempo e si cura anche negli ospedali toscani. Ha mai avuto problemi dopo ciò che è successo in Ucraina in quanto cittadino russo? Ha percepito di essere considerato quasi un nemico?

    «No, mai. Non ho mai avuto problemi in Toscana. Anche oggi trovo gente splendida, molto amichevole, molto disponibile. E non solo coloro che mi conoscono ma anche persone che non avevo mai visto prima. Non esiste una fobia russa. Tutti parlano di pace e io quando sento questa parola sono molto contento».

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    E con le banche ha avuto problemi?

    «Sì, qui i problemi ci sono stati, non per me ma per mia moglie che per quindici giorni si è vista bloccare i conti correnti».

     

    Perché sua moglie?

    «Perché è un'imprenditrice ha una società a Forte dei Marmi, un albergo importante e non ha potuto pagare fornitori e dipendenti. Neppure il general manager che, ironia della sorte, è un cittadino ucraino. Noi stiamo accogliendo i rifugiati ucraini ma il fratello del manager non può arrivare in Italia perché il manager non ha potuto ricevere la paga».

     

    Sua moglie è russa?

    «No è lettone, con passaporto russo. Si è sempre dichiarata contro la guerra. Credo che non ci sia alcun motivo che un'imprenditrice, con una società italiana che lavora e dà lavoro a tante persone, abbia i conti bancari bloccati. La società di mia moglie ha fatto anche una donazione di 50 mila dollari per l'accoglienza dei rifugiati. E in cambio non le fanno pagare gli stipendi ai dipendenti, anche ucraini».

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    E dopo i 15 giorni di blocco il problema si è risolto?

    «Su alcune banche sì. Un istituto di credito ha invece fatto chiudere il conto alla società e noi non abbiamo capito il motivo. Non esiste spiegazione plausibile».

     

    Lei ha dichiarato di sentirsi ostaggio in Russia. Perché?

    «Perché sono un uomo d'affari e sono abituato a negoziare. E invece sono stato obbligato (dopo le critiche al Cremlino, ndr ) a vendere la banca che ho fondato e uscire totalmente dall'azionariato per non danneggiare l'istituto di credito e i suoi dipendenti».

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    Che cosa pensa di questa guerra?

    «Non c'è una risposta a questa domanda. Non sono mai stato un politico, non mi azzardo a dire che cosa bisogna fare».

    In realtà la risposta a questa domanda l'ha già data, sui social. Ha scritto di non vedere nessun beneficiario in questa folle guerra nella quale muoiono persone innocenti e criticato pesantemente il potere del Cremlino.

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