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Valerio Piccioni per gazzetta.it
Calgary ha detto no alle Olimpiadi 2026 e ora la strada di Milano e Cortina verso il traguardo ha davanti un solo ostacolo, quello della traballante candidatura di Stoccolma. La “voglia di Giochi” dopo essere stata sconfitta in Austria (Innsbruck) e in Svizzera (Sion), ha perso anche in Canada, cancellando praticamente ogni speranza di riportare la fiamma olimpica nel Paese che l’aveva accolta giù due volte nell’ultimo trentennio, nella stessa Calgary nel 1988, e a Vancouver nel 2010. I no sono stati il 56,4 per cento (171.750 contro 132.832), mentre la percentuale di affluenza non ha raggiunto la soglia del 50 per cento degli aventi diritto e si è fermata al 39,73.
olimpiadi invernali
SEGNALI NEGATIVI - D’altronde già il voto del consiglio comunale, con la prevalenza dei contrari per 8 a 7 (a quota 10 sarebbe stato cancellato pure il referendum), aveva dato l’idea di rapporti di forza sfavorevoli alla candidatura. E proprio negli ultimi giorni i diversi attori del progetto, dal comune di Calgary alla provincia di Alberta al governo nazionale, si erano persi fra diverse polemiche sull’entità del contributo economico da investire nell’avventura.
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In occasione della sessione del Cio di Buenos Aires, dove Calgary era entrata nella short list insieme a Milano-Cortina e Stoccolma, era stato diffuso un sondaggio a uso interno che vedeva nella cittadina canadese un 54 per cento di favorevoli all’idea olimpica (a Milano il sì era invece all’83 per cento, in Veneto all’81, mentre a Stoccolma i favorevoli erano in leggero svantaggio a quota 49).
malagò giorgetti
NESSUN PIANO B - E adesso? Lunedì il consiglio comunale di Calgary prenderà atto dei risultati e staccherà probabilmente la spina anche perché il governo della provincia di Alberta aveva già annunciato di condizionare il suo appoggio economico alla volontà dei cittadini di ospitare i Giochi. Restano dunque in campo Milano-Cortina e Stoccolma. Ma in Svezia c’è già la contrarietà del nuovo governo locale, espressione di un’inedita coalizione fra centro-destra e verdi. Il comitato olimpico svedese non molla e di recente ha scritto un appello ai partiti ricordando che il progetto di Stoccolma 2026 è fatto soltanto di soldi privati, ma il percorso a questo punto è pieno di trappole, senza contare che in Svezia non c’è ancora un governo.
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Il Cio, lo ha detto recentemente il suo presidente Thomas Bach a Roma, non ha nessun piano B (qualcuno aveva ipotizzato una richiesta agli Stati Uniti per sollecitare una candidatura “di riserva”). Insomma, a fine giugno a Losanna (la sessione comincerà il 24), il Cio sceglierà fra chi rimarrà in campo. Anche l’ipotesi della doppia assegnazione, quella che porterà i Giochi estivi del 2024 a Parigi e quelli del 2028 a Los Angeles, è stata per il momento scartata nella speranza che le ambizioni delle città per il 2030 si consolidino (potrebbero esserci Salt Lake City, Sapporo e la suggestiva ma complicata ipotesi argentina di un ticket Buenos Aires-Ushuaia).
ITALIA QUASI SOLA - Intanto Milano e Cortina proseguono la loro corsa preparando la “squadra” per Tokyo, dove il 28 novembre la candidatura parlerà al mondo sportivo per la prima volta nell’assemblea dei comitati olimpici nazionali. Con il presidente del Coni Giovanni Malagò ci saranno il sindaco di Milano Giuseppe Sala e il governatore del Veneto Luca Zaia.
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La testimonial del progetto italiana sarà Arianna Fontana, portabandiera d’oro a PyeongChang 2018. Per l’Italia olimpica, presa fra l’altro dal duro confronto-scontro Coni-Governo sul tema della riforma del sistema sportivo, restare da soli o quasi nella corsa ai Giochi rappresenta in fondo una responsabilità in più. Quanto al Cio, il voto di Calgary dimostra ancora una volta che l’orizzonte olimpico, dopo un passato fatto di gigantismi e di spese folli, fa ancora paura nel mondo. La grande apertura dell’agenda 2020 per limitare le spese, suggerire impianti temporanei e scongiurare costruzioni megagalattiche e costose, continua a non bastare. Come il contributo economico del Cio alle città “coraggiose” che organizzeranno le Olimpiadi. Per far tornare la “voglia di Giochi” ci vuole evidentemente qualcosa in più.
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2. LA SVEZIA NON HA UN GOVERNO
Anche se il governo di Stefan Löfven rimane in carica per gli affari correnti, ad oggi la Svezia si ritrova senza un esecutivo. Colpa della situazione del tutto inedita venutasi a creare dopo le elezioni dello scorso settembre, da cui, per la prima volta, non è uscita una maggioranza chiara (in Svezia governano i socialdemocratici ininterrottamente dalla fine della Guerra).
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Così, oggi, a quasi due mesi dalle elezioni, il tentativo di gabinetto di coalizione di centro destra e centro sinistra di Ulf Kristersson (leader moderato) non ha avuto la maggioranza, respinto soprattutto dai timori che il nuovo esecutivo possa indirettamente contribuire a far crescere il consenso per il partito di estrema destra dei Democratici Svedesi, vera novità delle scorse elezioni.
In base alla costituzione svedese ora le camere hanno altre tre possibilità di creare un nuovo governo e nel caso in cui non ci riuscissero saranno convocate nuove elezioni.
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