acciaieria azovstal 1
Monica Perosino per “la Stampa”
La distruzione totale ha infine un corpo, un odore e un nome. È poco più di una sagoma bruna, da cui si leva fumo nero, odore di polvere, esplosivo e metallo. L'acciaieria Azovstal non esiste più. Dieci chilometri quadrati di forni, magazzini, fabbriche, officine, case e uffici rasi al suolo da 62 giorni di bombardamenti.
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Dell'ultima roccaforte ucraina a Mariupol non rimane quasi più nulla, solo i contorni di quello che, un tempo, era stato qualcosa. Tutto è distrutto, incenerito, crollato. Lo mostrano le nuove immagini satellitari di Maxar Technologies, che si allargano alle case, ai palazzi di uffici e ai magazzini a Est dell'impianto, anche loro polverizzati.
E guardando le immagini del «sopra» è impossibile non domandarsi del «sotto». Perché laggiù, schiacciati nei tunnel e nei bunker a 30 metri sottoterra, ci sono donne, bambini, anziani e soldati. Avranno resistito i bunker costruiti negli Anni 30? Saranno ancora vivi oggi?
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Ieri, in una delle strutture della città sotterranea, quelle che un tempo erano guardie di frontiera, cantavano canzoni patriottiche, dito sul grilletto, il pianto di un bambino in sottofondo.
E il comandante della 36ª brigata marina ucraina Sergey Volyn faceva un appello, l'ennesimo, questa volta al presidente turco Recep Tayyip Erdogan: «Abbiamo 600 militari feriti che hanno un disperato bisogno di aiuto. Abbiamo con noi civili che sono stati feriti. Abbiamo anche centinaia di civili e 60 bambini che cercano sicurezza con noi nella struttura. Il più piccolo ha 4 mesi. Faccio ora appello al popolo turco, al Presidente affinché applichi a noi la procedura di estrazione, a fare tutto il possibile per portare la guarnigione di Mariupol in Turchia, a portarci via dall'Azovstal».
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Gli assediati fanno appelli, cantano, resistono. E l'esercito russo attacca. I combattimenti e le bombe non si sono mai fermati, con raid aerei, vari sistemi di artiglieria da basi terrestri e navali, operazioni d'assalto con l'aiuto di carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e grandi gruppi di terra. Un attacco costante da cielo, terra e mare.
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Nazioni Unite e Croce rossa stanno negoziando per ottenere l'evacuazione di centinaia di persone dall'acciaieria assicura il sindaco di Mariupol, Vadim Boichenko, che ha detto di avere chiesto a «tutti i partner internazionali di unirsi per un obiettivo, cioè quello di salvare le vite dei residenti di Mariupol, per salvare coloro che adesso si stanno nascondendo nei rifugi anti-bomba della Azovstal».
Ma qualcosa ieri si è mosso: la Tass, l'agenzia di stampa russa, ha annunciato che un gruppo di civili «ha lasciato l'acciaieria Azovstal. In totale sono uscite 25 persone, fra cui 6 bambini di meno di 14 anni». Poche ore dopo il capitano Svyatoslav Palamar, vice comandante del Battaglione Azov, ha detto in un video che «venti civili feriti sono stati evacuati dall'acciaieria». Probabile siano le stesse persone cui fa riferimento la Tass.
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Palamar ha anche detto che i 20 sono probabilmente diretti a Zaporizhzhia: «Abbiamo portato al punto d'incontro concordato 20 civili, che siamo riusciti a salvare da sotto le macerie. Sono donne e bambini. Speriamo che queste persone vadano verso la destinazione concordata, che è Zaporizhzhia, territorio controllato dall'Ucraina».
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Oltre alle persone - civili e soldati - ancora imprigionate da bombe e mortai nei bunker dell'acciaieria nella città controllata dai russi ci sono ancora 100 mila civili, un quarto della popolazione prima dell'invasione russa. «In due mesi di assedio, le forze russe hanno causato 20 mila morti a Mariupol, il doppio che in due anni di occupazione nazista», ha scritto su Telegram il sindaco Vadym Boichenko: «In due anni, i nazisti hanno ucciso 10 mila civili a Mariupol. Gli occupanti russi hanno ucciso più di 20 mila residenti di Mariupol. Più di 40 mila persone sono state forzosamente deportate. È un dei peggiori genocidi contro i civili della storia moderna. L'esercito russo sta deliberatamente distruggendo la nostra città e i suoi abitanti».
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Quasi ogni giorno arrivano notizie di ucraini forzatamente "trasferiti" in territorio russo o sopravvissuti au campi di "filtrazione": «Mi hanno picchiato di continuo, puntato la pistola alla tempia, usato scariche elettriche. Hanno detto che avrebbero fatto del male a mia moglie e ai miei figli se non avessi collaborato», ha raccontato Viktor, starosta di Nova Zburivka , Oblast di Kherson, sequestrato, interrogato e torturato per giorni dai russi. Secondo l'Intelligence Directorate ucraino (Gur) i russi avrebbero condotto «misure di filtrazione su larga scala negli Oblast di Kharkiv, Zaporizhia, Kherson, Mykolaiv, Lugansk e Donetsk».
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