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    ONESTÀ? OMERTÀ! M5S, IL PARTITO FONDATO SUL RICATTO - LA CHIRICO METTE IN FILA SARTI, DE VITO, LE MULTE PER I DISSIDENTI, LE POLIZZE VITA DI ROMEO INTESTATE ALLA RAGGI, TORINO. IL RICATTO È LO STRUMENTO ORDINARIO DI GESTIONE DEI RAPPORTI INTERNI ED ESTERNI. LA MEGA-VENDETTA DI CASALINO SUI DIRIGENTI DEL MEF, LA APPENDINO MANIPOLATA DAL SUO FU BRACCIO DESTRO. E QUEL '"IO NON ACCETTO RICATTI" CHE DISSE SALVINI SU CASO DICIOTTI E TAV. PAROLE A CASO OPPURE…


     
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    Estratti dall'articolo di Annalisa Chirico per ''Il Foglio''

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    CHIARA APPENDINO LUIGI DI MAIO NO TAV CHIARA APPENDINO LUIGI DI MAIO NO TAV

    Danilo Toninelli ha sempre ragione. Quando, a proposito del caso Sarti, il titolare delle Infrastrutture dichiara urbi et orbi: “Il M5S non accetta ricatti da nessuno”, è difficile dargli torto. I grillini non accettano ricatti, al massimo li praticano. Se Toninelli parla, c’è da credergli, lui non spara mai cose a vanvera, anche quando sostiene pubblicamente, lo scorso 23 febbraio, che, eccezion fatta per la Tav, “non c’è una sola opera bloccata in questo paese”.

     

    Non una ma seicento, replica l’Associazione nazionale dei costruttori edili. Ma a Toninelli si perdona tutto, pure il ricatto o il ricattino, arma antica come la storia dell’uomo. Il ricatto non è un’esclusiva né un'invenzione pentastellata: i grillini sono però il primo movimento politico fondato sul ricatto come strumento ordinario di gestione dei rapporti interni ed esterni. Ancor prima del bonifico per finta, i 5 Stelle sdoganano la prassi della registrazione audio e video, del microfono nascosto, del dossier anonimo, della spiata a scopo di minaccia, dello screenshot a tua insaputa, dell’email conservata a futura memoria.

    BOGDAN TIBUSCHE BOGDAN TIBUSCHE

     

    Per i grillini questi metodi al limite del lecito, lungi dall’essere un’eccezione, rappresentano la regola: non sono un incidente patologico ma la normale conduzione della vita di un partito che, in nome di una concezione totalitaria della democrazia, pretende il controllo assoluto sui propri eletti e, a tale scopo, inserisce nel codice etico  una multa da 100mila euro per il parlamentare che osi dissentire. Una sanzione salata che, se non è un palese ricatto, denota tuttavia una forma mentis, una sorta di disciplina estorsiva che punta alla coazione morale dietro l’ombra della minaccia, più o meno esplicita. Se non ti attieni agli ordini impartiti, vieni fatto fuori e devi pagare (poco importa che il valore giuridico di questa clausola sia pari a zero).

     

    La multa a carico dei “traditori” viene sperimentata dapprima con i consiglieri comunali torinesi, bersaglio di una multa di 2mila euro per ogni mese di ribellione; in seguito, si replica con gli eletti in Campidoglio per un importo di 150mila euro, sempre meno dei 250mila previsti dal Codice di comportamento per i candidati a Strasburgo.

    ROBERTO FICO - GIULIA SARTI - LUIGI DI MAIO ROBERTO FICO - GIULIA SARTI - LUIGI DI MAIO

     

    Un esempio illuminante della prassi pentastellata la offre il famigerato Rocco Casalino, il portavoce del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che, stando alla versione di Giulia Sarti, le avrebbe consigliato di denunciare Bogdan Tibusche, poi prosciolto, allo scopo di scagionarsi dalle accuse dei finti rimborsi; Casalino ha negato ogni implicazione (“Sarti si è coperta dietro il mio nome”), poco ha potuto invece  rispetto all’audio, diffuso ad arte, in cui l’ex GF preannuncia ad un anonimo interlocutore una “cosa ai coltelli” contro i funzionari di viale XX Settembre: “Domani, se vuoi uscire con una cosa simpatica, la metti che nel m5s è pronta una mega vendetta: c’è chi giura che, se non dovessero uscir fuori i soldi per il reddito di cittadinanza, tutto il 2019 sarà dedicato a far fuori una marea di gente del Mef. Non ce ne fregherà veramente niente”.

     

    filippo roma rocco casalino filippo roma rocco casalino

    Governare con i 5 Stelle? Una fatica di Sisifo. Anche stare in Parlamento con loro non è una passeggiata. Secondo Giovanni Favia, uno dei primi attivisti espulsi da Beppe Grillo, il caso Sarti avrebbe poco a che fare con il revenge porn: “Credo che sia una vendetta politica interna al M5S. Lì dentro c’è una cyberguerra. Alla Casaleggio avevano una fobia nei miei confronti e tutti quelli che erano stati vicini a me erano visiti con sospetto e subivano uno spionaggio stile Stasi”. Sarti, un tempo vicina a Favia, avrebbe installato le telecamere in casa per tutelarsi da un “covo di serpi”, altro che porno.

     

    messaggi tra giulia sarti e rocco casalino messaggi tra giulia sarti e rocco casalino

     Chissà se le parole del vicepremier Matteo Salvini, “Io non accetto ricatti”, nei giorni in cui aleggia l’ipotesi di uno scambio su Tav e caso Diciotti, contengano un riferimento all’abitudine degli alleati di governo. Un leghista di rango racconta che, sin dall’esperienza nei consigli regionali, gli esponenti del Carroccio hanno imparato a difendersi dai metodi pentastellati: “Con loro devi parlare e scrivere sapendo che, nove volte su dieci, ti registrano. Ogni virgola ti si può ritorcere contro”. Quando affiora sulla stampa la notizia di una fantomatica “operazione scoiattolo”, lanciata dal Cavaliere in persona per reclutare nuove leve tra i grillini infedeli, Luigi Di Maio intima ai suoi: “Fingetevi interessati e registrate”.

     

    Rievocando i suoi trascorsi a Palazzo Vecchio,  l’ex premier Matteo Renzi ricorda un episodio succulento: Alfonso Bonafede, da consigliere non eletto, si presentava nell’aula consiliare armato di telecamera, e una volta inseguì il sindaco fin sulla porta del bagno...Il fatto è che, nel magico mondo pentastellato, spifferi, veleni e leggende si affastellano: sui rapporti tra Bonafede e il di lui professore Giuseppe Conte, sui rapporti tra Conte e il di lui professore Guido Alpa, sulla vita non professionale di Di Maio eccetera eccetera.

     

    Una canea di chiacchiere, pettegolezzi, sospetti che, sin dagli albori, percorre l’intera parabola del M5S. Di recente, l’odore mefitico del ricatto invade il sacro blog quando, all’indomani della consultazione online che incorona la linea, impressa da Di Maio, contraria all’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini, Grillo, sempre più lontano dal nuovo corso governativo, fa trapelare un grappolo di scarne parole: “Io conosco tutto di lui”.

     

    LUCA PASQUARETTA CHIARA APPENDINO LUCA PASQUARETTA CHIARA APPENDINO

    Dall’ideologia della trasparenza alla prassi del bieco ricatto, il passo è breve. Nel pianeta pentastellato l’“intercettateci tutti” è diventato il grimaldello per intercettare le vite degli altri. Amorazzi, amplessi, ogni dettaglio: persino i messaggini Telegram, quelli che si autoelidono, vengono fotografati, all’occorrenza. Il caso dell’ex presidente della commissione Giustizia della Camera, finita al centro di uno scandalo di foto osé e hackeraggi sospetti, è soltanto l’ultimo in ordine di tempo. Esistono ricatti e ricatti: in questa sede limiteremo l’analisi a quelli pubblici, approdati nelle aule di tribunale e sui giornali. Si parte dalla provincia partenopea.

     

    Giovanni De Robbio Giovanni De Robbio

    “Rosa, tu hai un problema”,  il consigliere pentastellato di Quarto, Giovanni De Robbio, si rivolge così al sindaco pentastellato Rosa Capuozzo. “Mi mostrò la foto aerea di casa mia sul suo cellulare – racconta in procura il primo cittadino - e mi disse che dovevo stare tranquilla perché dovevo essere meno aggressiva, non dovevo scalciare, dovevo essere più tranquilla con il territorio”. Il “problema” al quale De Robbio allude riguarda presunte irregolarità urbanistiche nell’abitazione di proprietà del marito del sindaco.

     

    Una vicenda torbida nella quale si affaccia l’ombra della camorra. De Robbio finisce sotto indagine per tentata estorsione (nei confronti di Capuozzo) e per voto di scambio aggravato in concorso con Alfonso Cesarano, titolare di una ditta di pompe funebri e, secondo gli inquirenti, esponente di una famiglia vicina al clan camorristico Polverino.

     

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    rosa capuozzo roberto fico luigi di maio rosa capuozzo roberto fico luigi di maio

     

    Ad Agrigento il terremoto ruota attorno al nome di Fabrizio La Gaipa, il candidato all’Assemblea regionale siciliana finito agli arresti domiciliari con l’accusa di estorsione. La Gaipa, immortalato in una celebre foto con Di Battista, il luogotenente siculo Giancarlo Cancelleri e lo stesso Di Maio, risulta primo dei non eletti alle scorse elezioni regionali. La Gaipa è titolare dell’albergo Costazzurra dove la vita procede tranquilla fin quando due suoi dipendenti lo accusano di essere stati costretti a restituire, con la minaccia del licenziamento, oltre un terzo dello stipendio formalmente erogato. Ad incastrare l’imprenditore alberghiero è un sodale di partito, Ivan Italia, ex dipendente con la stessa passione politica (candidato pentastellato al Consiglio comunale agrigentino nel 2015). Italia consegna in questura due registrazioni effettuate con il cellulare, risalenti al 13 e al 19 gennaio 2017.

     

    di maio cancelleri di maio cancelleri

    Stando alle indagini coordinate dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, i file “acclarano, in modo incontrovertibile, la restituzione, da parte del lavoratore regolarmente assunto, oltre che della tredicesima, anche di una parte abbastanza consistente della retribuzione mensile, visto che a fronte di una busta paga di 1.634 euro, l’impiegato, suo malgrado, si vede costretto a restituire al proprio datore di lavoro la somma di 780 euro”.

     

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    Per molti versi, Roma è il capolavoro grillino per antonomasia. Dal grido “onestà-tà-tà” contro il Cupolone di Mafia capitale il movimento si converte al garantismo peloso per tutelare la poltrona del primo cittadino e la sopravvivenza di una giunta i cui componenti cambiano a una velocità pari a quella con cui Di Maio licenzia le fidanzate. Dei ricatti in Campidoglio si conosce soltanto la punta dell’iceberg: nessuna pretesa di esaustività, dunque. Tuttavia, un paio di episodi meritano di essere raccontati. Il Raggio magico capitolino si compone di tre persone, a parte il sindaco: Raffaele Marra, Salvatore Romeo e Daniele Frongia.

     

    raggi marra frongia romeo raggi marra frongia romeo

    I quattro, quando devono parlare, salgono sui tetti per godersi il panorama. Su Repubblica Carlo Bonini lo definisce il “tavolo di bari tenuto insieme dal ricatto”: Marra e Romeo fanno la parte dei padroni, tracotanti e triviali. Il primo è in ogni luogo, sa che può trafficare come gli pare, il sindaco lascia fare. Nel gennaio 2016 Romeo accende una polizza sulla vita di 30mila euro, la beneficiaria è Raggi Virginia, la donna che, sei mesi dopo, divenuta nel frattempo sindaco, gli triplica lo stipendio di dipendente comunale nominandolo a capo della sua segreteria.

     

    Dalle indagini condotte dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, si scopre che Romeo di polizze ne ha accese tre, per un valore di 90mila euro, sempre prima che, in occasione delle comunarie pentastellate, Raggi sbaragli a colpi di dossier l’avversario più temibile, Marcello De Vito. Al di là degli esiti giudiziari ad oggi inconsistenti (caduta l’imputazione per abuso d’ufficio, il sindaco è stato assolto nel processo per falso), intorno alle stravaganti premure di Romeo si dipana il nastro del presunto ricatto o, quantomeno, dell’accordo inconfessabile. E se quelle tre polizze fossero la “fiche” puntata sulla giovane avvocata grillina contro la cordata De Vito-Lombardi? Del resto, è una generosità piuttosto singolare per un signore che all’epoca guadagna 39mila euro l’anno.

    VIRGINIA RAGGI E RAFFAELE MARRA VIRGINIA RAGGI E RAFFAELE MARRA

     

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    A Torino, agli inizi di febbraio, si scopre che Luca Pasquaretta, ex portavoce del sindaco Chiara Appendino, è indagato per estorsione ai danni del primo cittadino, traffico illecito di influenze e turbativa d’asta. L'inchiesta scaturisce non già da una denuncia ma da una intercettazione telefonica sull’utenza riconducibile a Pasquaretta. Dopo essere stato allontanato dagli uffici di Palazzo Civico per lo scandalo di una consulenza da 5mila euro relativa ad una prestazione inesistente per la fondazione del Salone del Libro, l'uomo viene “premiato” con un posto da assistente del viceministro dell’Economia, la grillina Laura Castelli.

     

    “Non ho mai ricattato Chiara Appendino. È tutto un equivoco che chiarirò nelle sedi opportune. Vorrei ricordare che siamo tutti innocenti fino a prova contraria”, si difende lui. I rapporti tra gli esponenti torinesi del M5S disegnano un quadro a tinte fosche. Secondo l’ipotesi accusatoria, rappresentata dal pm Gianfranco Colace, il “pitbull” di Appendino si è trasformato da portavoce a ricattatore.

    SALVATORE ROMEO E VIRGINIA RAGGI SALVATORE ROMEO E VIRGINIA RAGGI

     

    Dopo la sua uscita, infatti, egli avrebbe ricattato il sindaco, ora parte lesa dell’inchiesta, minacciando rivelazioni compromettenti, relative all’attività politica e amministrativa della giunta pentastellata, se non lo avesse aiutato a trovare un nuovo incarico. Tra le notizie più fresche, la procura di Torino avrebbe deciso di sentire come persona informata dei fatti  l’attrice porno Heidy Cassini la quale aveva così commentato il post pubblicato dal sindaco su Facebook:  “Cara Chiara, dovevi informarti bene di chi ti stavi mettendo a fianco…Noi lo sapevamo…ma giustamente ognuno deve fare la propria esperienza…ora ci sei passata anche tu…auguri sinceri”. Un riferimento al passato di Pasquaretta come ufficio stampa di Torino Erotica.

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