Andrea Greco per www.repubblica.it
LEONARDO DEL VECCHIO NAGEL
Con la scomparsa di Leonardo Del Vecchio, l'ultima grande escursione dell'imprenditore milanese - la scalata a Mediobanca per farne un polo nazionale della finanza in asse con Generali - rischia ancor più di prima di restare incompiuta.
Avviata quasi tre anni fa, con un blitz al 7% nel capitale di Piazzetta Cuccia, è stata portata avanti caparbiamente fin qui. Ma si è scontrata con diversi ostacoli e freni: la resistenza del management di Generali e di Mediobanca, un diffuso scetticismo degli azionisti del mercato sui due fronti, e la vigilanza severa della Bce, che ha di recente chiesto a Delfin (la scatola lussemburghese proprietaria del 19,5%) di attrezzarsi come capogruppo bancaria se intende ottenere l'ok a superare la soglia del 20% in Mediobanca.
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Un anno per rivoluzionare Delfin in vista del rinnovo del cda Mediobanca
Le indiscrezioni filtrate dai colloqui tra la vigilanza e Delfin circa un mese fa costringono a ripensare la tecnica dell'accerchiamento al cda guidato da Alberto Nagel e Renato Pagliaro, con cui Del Vecchio ruppe i rapporti dopo il loro rifiuto, quattro anni fa, ad accettare la sua donazione da 500 milioni per rafforzare gli ospedali Ieo e Monzino e riorganizzarli in un polo internazionale.
AZIONISTI DELFIN
Come ha evidenziato l'assalto fallito ai vertici di Generali, dove nella scorsa assemblea del 29 aprile Del Vecchio e Caltagirone sono saliti al 9,9% ciascuno ma non hanno ottenuto un solo voto dagli investitori istituzionali esteri che hanno confermato compatti l'ad Donnet, servono più consensi, o più azioni, per cercare una rivincita su Mediobanca.
LEONARDO DEL VECCHIO
Qui, il mercato ha circa il 50% dei titoli e finora ha sempre sostenuto Nagel & C. Il cda è in scadenza il 28 ottobre 2023. Ma per salire di quota in Mediobanca, Delfin dovrà rivoluzionare il proprio assetto facendosi capogruppo della banca d'affari italiana fondata da Enrico Cuccia.
L'ipotesi di vendita con "spezzatino" ad altre banche rivali
Finora questa ipotesi, che si porta gli obblighi di un capitale di vigilanza e controlli specifici, non è mai stata davvero considerata da Del Vecchio. Né, si racconta dietro le quinte, da Francesco Milleri, suo manager di fiducia come ad di EssilorLuxottica, che pur senza mandati formali si è spesso occupato anche delle partecipazioni strategiche di Delfin, cementando l'asse con Francesco Gaetano Caltagirone che a Trieste ha ancora un 7%, e in Mediobanca circa il 5,5%.
Milleri Del Vecchio
L'ipotesi vista da Milleri con maggior favore fin qui sembra invece trovare sponde bancarie: un istituto pronto a unirsi alla cordata e a mettere a reddito le varie pedine della partita, dalla quota di controllo sulla governance della compagnia triestina che gestisce 700 miliardi di euro di masse alle disparate attività "collaterali" di Mediobanca, come il credito al consumo di Compass.
LEONARDO DEL VECCHIO NAGEL
Un disegno studiato da mesi e che non sembra poter avere altri esecutori se non le due big italiane Intesa Sanpaolo o Unicredit. Tuttavia, l'ad di Unicredit Andrea Orcel ha sempre negato ogni interesse a mescolare attività bancarie e assicurative in un polo unico. Mentre dal vertice di Ca' de Sass, dove pure l'ad Carlo Messina a inizio 2017 provò a valutare la fattibilità di un'offerta pubblica di scambio sui titoli del Leone, non sono più arrivati nuovi segnali a riguardo.
Da qui in avanti, senza il carisma di un capostipite inimitabile come Del Vecchio, Milleri dovrà trovare nuove forze per convincere tutti gli attori della complessa e intricata partita, se intende risolverla. A partire dai sei figli di Del Vecchio, eredi insieme alla moglie Nicoletta Zampillo e che la governance di Delfin prevede concordi nelle scelte importanti, dato che servono maggioranze molto alte per le deliberazioni.
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