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    IL CINEMA DEI GIUSTI - ORA CHE ESCE ANCHE IN ITALIA, “IL MIO GODARD”, LONTANO DA CANNES E DAL CINEFILISMO MILITANTE TRINARICIUTO, MAGARI CI SEMBRERÀ QUALCOSA DI PIÙ GRADEVOLE - COMUNQUE NON STA IN PIEDI NÉ COME STORIA D'AMORE NÉ COME OMAGGIO ALLA NOUVELLE VAGUE - VIDEO


     
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    Marco Giusti per Dagospia

     

    IL MIO GODARD IL MIO GODARD

    Ora che esce anche in Italia, il Godard visto da Michel Hazanavicious, ribattezzato da noi appropriatamente Il mio Godard (il titolo originale è Le Redoutable), lontano da Cannes e dal cinefilismo militante trinariciuto, magari ci sembrerà se non un film migliore, qualcosa di più gradevole. Per un po’, inoltre, è anche parecchio divertente, soprattutto quando si sforza di rimettere in scena la vita di Godard come se fosse ripresa con lo stile dei suoi film.

     

    Dopo un po’, almeno nel ricordo di Cannes, diventava imbarazzante e anche irritante. Specialmente quando l’azione si sposta in Italia. Insomma, hai voglia a citare Mao e Lin Piao, a ricostruire i colori e le inquadrature di La Chinoise e i bianchi e neri di Une femme marriée, a ridacchiare su Louis Garrel che parla come Silvio Muccino con la zeppola in bocca e a incantarsi per la bellezza di Stacy Martin col sedere di fuori come Brigitte Bardot, ma questa versione comedy dell'amore tra Jean-Luc Godard e Anne Wiazemsky, appena scomparsa, ahimé, tratta dal libro non bellissimo di lei, alla fine non si riesce a salvare sotto nessun punto di vista, neppure come stracult o stratrash. Così, almeno, scrivevo da Cannes.

    IL MIO GODARD IL MIO GODARD

     

    Troppo cattivo? Non si tratta solo dell'offesa a Godard, vabbè, o dell'effetto Bagaglino (Martufello come Godard sarebbe stato piu' accettabile), ma questo film non sta in piedi né come storia d'amore, perché non c’è nessun tipo di chimica fra i due protagonisti, né come omaggio alla Nouvelle Vague, troppo ridicolo, né come commedia con Godard buffo e occhialuto alla Woody Allen, gelosissimo e pieno di scatti d’ira, in più con delle camicette a righine bruttissime che dubito abbia mai portato nella vita.

     

    Eppure qualche idea buona nel film c’era. Era buona l'idea di trattare non il primo Godard, ma quello in crisi dopo i capolavori, che vuole uccidere se stesso, il proprio mito, la propria origine borghese in nome della rivoluzione, quella della sua trasformazione in collettivo Dziga Vertov assieme a Jean-Pierre Gorin, ma ridicolizzarlo così è una cosa che nemmeno Luciano Salce in Io e lui si sarebbe permesso.

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    Se la parte francese ha molte cadute, ma almeno una dignità di buona ricostruzione, soprattutto per le scene degli scontri di piazza, la parte italiana, con Bernardo Bertolucci interpretato da Guido Caprino, il leghista Bosco di 1993 e Marco Ferreri che sembra un cialtrone qualsiasi interpretato da un attore genovese, Emmanuele Aita, malgrado nella colonna sonora si senta "Azzurro" cantata da Celentano, è una farsa che nemmeno una brutta fiction italiana si potrebbe permettere.

     

    Il tentativo di suicidio di Godard, geloso della Wiazemsky, sul set de Il Seme dell'uomo di Ferreri, che molti italiani ricordavano, come Gianni Barcelloni, anche se forse successiva a quel set, diventa da dramma un momento di commedia per chiudere una storia che non sta mai in piedi. E non si citano i tanti film che fece Anne Wiazemsky in Italia, con Carmelo Bene, con Gianni Amico, ma soprattutto con Pasolini, come Porcile e Teorema, che certo Hazanavicious non osa toccare.

     

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    Né si citano i film girati da Godard in Italia, a parte Vento dell’Est, che meriterebbe, quello sì, un film a parte, con gli scontri con Angelo Rizzoli, Gian Maria Volonté, Glauber Rocha… Detto questo, beh, Stacy Martin vale da sola il biglietto, lo sapevamo, ma non ha nulla della freddezza distaccata e un po' antipatica della vera Wiazemsky. Louis Garrel non riesce a andare oltre la macchietta, ahimé, non è colpa sua, visto che ha un copione che non riesce a dargli battute che non siano slogan godardiani o alla Godard o freddure che magari piacciono ai critici francesi.

     

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    Certo, alcune cose fanno molto ridere, come l'amico Michel Cournot che voleva presentare a Cannes il suo unico film da regista, Les gauloises bleues, in pieno 68 proprio quando Godard e Truffaut riuscirono a boicottare il festival. Fa ridere Godard che rompe gli occhiali nella manifestazione del maggio a Parigi, ma la gag, poi, viene ripetuta all'infinito. E diventa irritante.

     

    Belle le ricostruzioni, ma tutto quello che visivamente funziona, non trova mai sostanza nella narrazione e tutto sprofonda in una mediocrità da brutta fiction. Hazanavicious, dopo aver fatto il verso all’eurospy e al cinema muto, fa il verso a Godard. Magari è un omaggio. Ma non è un bel film. E, in fondo, il film su Godard lo ha sempre fatto solo Godard. In sala dal 31 ottobre.

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