Marco Belpoliti per “la Repubblica”
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Il titolo del libro che ha pubblicato nel maggio del 2021, giunto all'ottava edizione, Io sono Giorgia (Rizzoli), racchiude il senso stesso della personalità politica della segretaria di Fratelli d'Italia: il pronome della prima persona singolare, riferita ovviamente a sé stessa, è lo stigma della sua forza; Io seguito dal verbo: Io sono.
GIORGIA MELONI
Niente da dire: un'affermazione incontrovertibile, così come il nome: Giorgia. Non il cognome, che è l'appartenenza a una gens, a una famiglia, c'è anche quella spiccatamente matrilineare, ma il nome proprio, segno d'una identità semplice, diretta e immediata.
il libro di giorgia meloni
Se si fosse intitolato: Io sono Giorgia Meloni, non avrebbe funzionato. Chi ha inventato quel titolo, editore, ghost writer o pubblicitario che sia, ha reso perfettamente lo stigma della capa di Fratelli d'Italia - non Sorelle d'Italia, perché sono gli uomini ora da conquistare.
Poi la foto di copertina di Giammarco Chieregato, anch'essa perfetta nell'interpretare il ruolo che vuole avere la candidata Prima ministra, prima donna della storia della Repubblica italiana.
Ti guarda dritto negli occhi senza sorridere, in modo quasi neutro. Il punctum dell'immagine è la mano che, senza reggere la testa - non è la foto d'una "pensatrice", cui la testa pesa -, s'appoggia alla guancia e solleva leggermente la chioma, che cade sul lato destro del viso, mentre il resto del corpo è sfumato.
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Si tratta senza dubbio della fotografia d'una diva, ma non di una diva cinematografica, e neppure televisiva; piuttosto una foto pubblicitaria in bianco e nero con cui si promuove un prodotto di bellezza, una crema per il viso, oppure un profumo, usando una modella anonima, capace di trasmettere un messaggio diretto: la-uso-io-che-sono-come-te. Non troppo bella, e neppure brutta, una donna qualsiasi, che però ci tiene al proprio volto, alla sua pelle.
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La forza di Giorgia Meloni sta in questa medietà, che sa trasformarsi in un messaggio pubblicitario: nella "naturalezza". Giorgia, poi, è uno dei nomi più diffusi oggi in Italia tra le bambine, uno dei primi dieci, e proviene, da una antica radice greca: indica la lavoratrice della terra, la contadina.
La leader della destra italiana, destinata a rinverdire i fasti del Movimento Sociale e di andare elettoralmente al di là del passato neofascista del partito creato dai reduci della Repubblica di Salò, non poteva avere un nome più adatto.
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La autobiografia, scritta in prima persona singolare, costruisce la leggenda di Santa Giorgia Meloni, una ragazza acqua e sapone, cioè autentica, che ha edificato il proprio mitologema partendo da una frase pronunciata il 19 ottobre 2019: «Io sono Giorgia. Sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana», cui si era aggiunge la frase: «Non me lo toglierete». Nella costruzione della mitologia personale di Giorgia Meloni il tema vittimistico è rovesciato in un'affermazione polemica rivolta a "voi": «togliere», ovvero «portar via».
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Nel suo libro l'io domina sul noi, rovesciando uno dei punti salienti del secolo passato, dove il Noi ha dominato, sia a destra che a sinistra, sulla prima persona singolare: il collettivo era più importante del singolo.
Giorgia Meloni è il perfetto prodotto della televisione berlusconiana, della cultura del narcisismo, come l'ha definita Christopher Lasch in suo libro, il cui sottotitolo è: "L'individuo in fuga dal sociale in un'età di disillusioni collettive".
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L'autobiografia Io sono Giorgia è scandita su quella frase emblematica: «Sono donna», «Sono una madre», «Sono una italiana», «Sono di destra». Quel «Sono di destra» è lo slogan centrale della sua identità. Il capitolo con questo titolo è aperto da una frase dei Maroon 5, il gruppo musicale pop rock: «Ora il mio cuore si sente come un tizzone e sta illuminando l'oscurità/ Porterò queste torce per te e sai che non le farò mai cadere».
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Anche nel primo capitolo, intitolato Piccole donne, c'è l'immagine del fuoco: «Allora dovremmo tutti bruciare insieme», recita un verso di Ed Sheeran il cantautore inglese. Il fuoco indica la passione, sia umana che politica, e la fiamma è il principale simbolo del Movimento Sociale Italiano: la fiamma tricolore.
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La passione è il leitmotiv dell'autobiografia di Giorgia, su cui è costruita la sua immagine pubblica. Ma non c'è solo quella. Al di là dell'invenzione pubblicitaria, del mitologema personale costruito con attenti strumenti retorici, del tutto simili a quelli utilizzati per la pubblicità di prodotti estetici - l'estetica è importante per Giorgia, così come lo era, in senso rovesciato, quindi simmetrico, per Silvio Berlusconi -, c'è la faccia trash della Meloni.
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In un libro di Tommaso Labranca, che andrebbe riletto con attenzione, Andy Warhol era un coatto. In Vivere e capire il trash, pubblicato l'anno della vittoria elettorale di Berlusconi, sono enucleate le cinque caratteristiche del Trash: la libertà di espressione, il massimalismo, la contaminazione, l'incongruenza, l'emulazione fallita.
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Come commenta nella sua fulminante voce Trash nel volume della Treccani Arte Elio Grazioli, alla caratteristica fondamentale della rivendicazione trash «fa da sfondo un apparente e significativo ossimoro libertà-fallimento».
giorgia meloni presenta la conferenza programmatica di fratelli d’italia 11
La parte trash della Meloni consiste proprio nel trasformare alcune delle sue caratteristiche apparentemente fallimentari - l'inflessione romana, da borgatara, il suo modo di vestirsi, le posture che prende nei comizi -, in elementi di libertà e di positività.
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«Io sono Giorgia» significa: io sono una del popolo, io so come vive la gente che si è fatta da sé. La borgatara diventa perciò una popolana, secondo una tradizione a Roma propria dei personaggi della letteratura dialettale (pasquinate e Trilussa): popolana che dice la verità.
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Così viene percepita anche al Nord, dove ora raccoglie consensi rubando sostenitori ed elettori alla Lega di Matteo Salvini, un leader che ha cercato di costruirsi una identità trash, ma finendo per essere kitsch. Contro la ragazza Giorgia, che da bruna si è trasformata in bionda, le felpe di Salvini appaiono una trovata da oratorio, o al massimo da centro sociale.
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Un leader che s'è intestato un partito, ma senza realizzarlo fino in fondo, distruggendo nel contempo la mitologia leghista precedente: un vero fallimento. Dal punto di vista del mitologema, Matteo non può gareggiare con l'invenzione di Io-Giorgia.
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Se è vero che la politica resta ancora oggi una questione di simboli, a destra non c'è gara. Basta vedere, o rivedere, Io, io, io... e gli altri, il film di Blasetti interpretato da Walter Chiari, per capire come andrà a finire.
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