Mario Baudino per “la Stampa”
LOGO MONDADORI
Non è stata una guerra santa. E ora che nell’editoria italiana si accampa un gruppo di proporzioni mai viste prima, il 35%, fortissimo nella scolastica, fortissimo va da sé – per quel che può importare – nei premi letterari, le voci di protesta si sono talmente affievolite da sfiorare il silenzio. A febbraio, quando la Mondadori aveva formalizzato la sua offerta dopo mesi in cui la notizia già circolava, un folto gruppo di intellettuali guidati da Umberto Eco firmò un appello contro un’acquisizione vista come grave minaccia al pluralismo e alla democrazia.
RCS
Il ministro Franceschini manifestò viva preoccupazione, il presidente del Consiglio lo stoppò dichiarandosi pubblicamente neutrale. Forse in altri anni si sarebbero riempite le piazze, o quasi. Lo scontro invece si limitò a vivacchiare sui media (non solo italiani): in realtà è mancato il contradditorio. Nessuno, intellettuale o scrittore, era disposto a dichiararsi favorevole o neutrale. L’unica che ci ha provato, Sandra Petrignani, racconta ora che le conseguenze di un articolo un po’ beffardo nei confronti di un’indignazione a suo modo di vedere sostanzialmente insincera furono due. «Qualcuno mi telefonò dicendo che era d’accordo ma non si poteva esporre: altri mi tolsero il saluto».
UMBERTO ECO ALL'ULTIMA PANZA DI CAPALBIO
L’impressione generale, mentre trascorrevano i mesi e la lunghissima trattativa andava avanti, era però che salvo le speranze in un verdetto negativo dell’Antitrust, il popolo degli scrittori avesse perso slancio dopo la fiammata iniziale. Mai come in questo caso si è citato poco, in fondo, il nome di Silvio Berlusconi, che del gruppo Mondadori – Einaudi compresa – è il proprietario. Si è parlato di dimensioni e non di caimani. E le aggregazioni sono ormai una costante nell’editoria, settore che ha pochi margini e deve affrontare un costante calo di vendite.
Nel 2002 il gruppo Hachette, in Francia, aveva assorbito la parte editoriale di Vivendi, e anche in quel caso le proteste intellettuali non avevano inciso sull’operazione, né avevano avuto un gran seguito. Vero è che il mercato italiano è più piccolo, e si regge su equilibri più delicati. Gli editori lo sanno bene.
HACHETTE
Gli scrittori hanno un modo diverso di accostarsi al problema. «In realtà capiamo pochissimo di quanto realmente accade - dichiara Raffaele La Capria, grande saggio delle nostre lettere -. Inoltre gli intellettuali sono sempre più emarginati». Lui firmò il manifesto di Eco. E ora? «Sono preoccupato e contrariato, e so che la mia voce è inascoltata».
raffaele la capria
È questo il motivo del silenzio? Rassegnazione? O forse qualcosa è davvero cambiato? «Il problema non è una concentrazione un po’ più grande, e non credo che ci saranno pericoli per l’indipendenza delle varie case editrici», osserva Nicola Lagioia, fresco vincitore dello Strega. Lo dice da einaudiano? «Lo dico perché soffocarla sarebbe antieconomico. Dobbiamo chiederci invece se continueranno a farsi concorrenza. Io spero di sì. E questo è l’argomento vero».