Stefano Montefiori per il Corriere della Sera
Emmanuel Macron Marine Le Pen
«Anche Marine Le Pen ricevuta all'Eliseo», è un titolo del Figaro di neanche dieci anni fa, 30 novembre 2012: all'epoca la leader di estrema destra era ancora una paria o quasi, e il solo fatto che il presidente Hollande invitasse anche lei per parlare di un trascurabile rapporto sulla deontologia faceva notizia.
Ieri sera Marine Le Pen è stata di nuovo ricevuta all'Eliseo, e mai come dopo le elezioni legislative di domenica si può dire che i tempi sono radicalmente cambiati. Il presidente Macron, privo di maggioranza, l'ha convocata come la leader del partito di opposizione più numeroso all'Assemblea nazionale ( 89 seggi).
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Al termine dell'incontro lei ha spiegato di stare all'opposizione, certo, «ma non faremo ostruzione sistematica: se le misure proposte vanno nella giusta direzione, le voteremo. Siamo deputati responsabili». L'ex infrequentabile due volte battuta da Macron alle Presidenziali è ormai talmente forte da potersi permettere il bel gesto di tendere la mano al capo dello Stato in difficoltà.
La coalizione di governo Ensemble ha bisogno di 44 voti in Parlamento, e un'ipotesi - evocata dall'ex acerrimo nemico di Le Pen, il ministro della Giustizia Éric Dupond-Moretti - è che un governo di minoranza trovi i voti via via, a seconda dei provvedimenti da approvare, magari «avanzando insieme con il Rassemblement National», perché no.
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Un sostegno esterno, puntuale, dei lepenisti è possibile - e questo dice molto della gravità della situazione - ma resterebbe episodico, un trovarsi d'accordo per esempio sulla riforma della giustizia senza potere affrontare altre questioni fondamentali, l'Europa per esempio.
Ecco perché l'ex premier Édouard Philippe - cardine dell'alleanza di governo con il suo partito Horizons - ha rilanciato in serata l'altra opzione, quella che risolverebbe il problema una volta per tutte: «Dobbiamo costituire una grande coalizione. Con persone che non avrebbero voglia di lavorare insieme e con le quali in passato ci siamo scambiati critiche. Ma è l'unica soluzione, altrimenti non ce la faremo».
E con quali forze dovrebbero coalizzarsi i macronisti?
«Con i Républicains (la destra gollista da cui proviene Philippe, ndr ) immagino una discussione franca e diretta. Ma il dialogo può esistere forse anche con il gruppo dei socialisti e con gli ecologisti», che però dovrebbero abbandonare l'alleanza di sinistra Nupes di Jean-Luc Mélenchon grazie alla quale sono stati eletti.
Una «grande coalizione» con i 64 deputati Républicains sarebbe l'ideale. Il loro leader Christian Jacob, anche lui convocato ieri da Macron, ha subito risposto a Philippe «certamente no». Ma siamo solo alle prime avances, c'è tempo per cambiare idea, magari grazie ai buoni uffici di Nicolas Sarkozy, padre nobile dei Républicains e molto vicino a Macron. Oggi il presidente proseguirà le consultazioni. La premier Élisabeth Borne ieri ha presentato dimissioni che Macron ha rifiutato, ma i suoi giorni sono contati.
SARKOZY MACRON