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    “ORBAN NON C’ENTRA NULLA” – SUL CASO DI ILARIA SALIS L’INVERECONDO ATTEGGIAMENTO DI FRATELLI D’ITALIA – LA RUSSA: “IN ITALIA C’È UN SISTEMA NON DISSIMILE”, ALMENO PER GLI UOMINI, “CON IL GUINZAGLIO, MA NON LE MANETTE AI PIEDI” (POI PRECISA: “LA LEGGE VIETA DI ESIBIRE IL DETENUTO IN CONDIZIONI DI UMILIAZIONE”), LOLLOBRIGIDA FA LO STRUZZO. E LA MELONI? DAVANTI ALLE IMMAGINI DELLA SALIS INCATENATA E PROCESSATA, DECIDE FINALMENTE DI SENTIRE IL SUO AMICO ORBAN E PUNTA SUI DOMICILIARI. LA DUCETTA NON VUOLE LO SCONTRO COL PREMIER UNGHERESE CHE LE SERVE PER RAFFORZARE IL GRUPPO DEI CONSERVATORI - IL GELO DELLA LEGA E LA LETTERA DI 4 MESI FA DELLA SALIS. COME MAI IL GOVERNO NON E’ INTERVENUTO?


     
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    Tommaso Ciriaco per la Repubblica - Estratti

     

    GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN GIORGIA MELONI VIKTOR ORBAN

    È stata la foto di Ilaria Salis in catene a rovinare tutto. Fino a quel momento, Palazzo Chigi progettava di perpetuare il profilo basso scelto fino a quel momento, con l’obiettivo di non disturbare le ottime relazioni tra Giorgia Meloni e Viktor Orbán, il leader di Fidesz che Fratelli d’Italia intende accogliere nei Conservatori europei. Dopo quelle immagini, però, il governo non ha potuto fare più finta di nulla. Perché l’Ungheria è Europa.

     

    E perché l’amicizia sincera tra i due capi di governo, che cantavano assieme ad Atreju “Avanti ragazzi di Buda”, non può coprire lo sdegno dell’opinione pubblica per un’italiana umiliata in un’aula di giustizia magiara. Ecco perché l’esecutivo, finalmente, si è mosso. E l’ambasciata italiana ha battuto un colpo, dopo una cautela che ha irritato la Farnesina.

    ILARIA SALIS ILARIA SALIS

     

    È sera quando Meloni sente Orbán. E dirama un cautissimo comunicato in cui riferisce del contatto e aggiunge: «Nel pieno rispetto dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura ungherese, ho portato l’attenzione del primo ministro ungherese sul caso della nostra connazionale Salis». I due si ritroveranno forse già stasera a cena a Bruxelles, di certo domani a margine dei lavori del Consiglio europeo straordinario. Cercheranno una via d’uscita per riportare la donna in Italia. Ma proveranno a farlo senza che dalla destra giungano attacchi o critiche al fondatore di Fidesz. Perché Orbán serve a Meloni per rafforzare l’Ecr. E piace a Matteo Salvini, con cui condivide posizioni filorusse.

     

    Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki Giorgia Meloni Viktor Orban Mateusz Morawiecki

    Meloni, dunque. La leader è consapevole della delicatezza del rapporto con Orbán, ormai giudicato un problema in tutte le Cancellerie europee. Per settimane l’ungherese ha bloccato la revisione del bilancio pluriennale dell’Unione e domani potrebbe dare infine il via libera — assieme ai fondi all’Ucraina — in cambio delle risorse del Pnrr per l’Ungheria. In questo clima la premier deve costruire una via d’uscita nel caso Salis. E farlo senza urtare la suscettibilità dell’amico, che una cosa proprio non tollera: mostrarsi debole o poco nazionalista di fronte al proprio elettorato.

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    Ecco perché per un giorno intero Palazzo Chigi impone ai parlamentari di FdI una strategia decisa da Meloni: silenzio, se ne occupano i vertici del governo. E soprattutto: nessuno attacchi il magiaro. Per dirla con il capogruppo Tommaso Foti: «Orbán non c’entra nulla». Si espone, però, la prima fila dei meloniani. A partire da Francesco Lollobrigida: «Non ho visto le immagini di Salis in tribunale, non commento». È tra i pochi in Italia a non aver avuto accesso a quei fotogrammi. Li ha visti Nicola Procaccini, meloniano di punta all’Europarlamento, che sostiene però a proposito delle catene: «In Italia è più o meno uguale».

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    E quelle foto le ha visionate pure Ignazio La Russa, che promette di incontrare nei prossimi giorni i familiari della ragazza detenuta. Poi però aggiunge: «È una questione che riguarda la dignità dei detenuti, in ogni parte del mondo. Compresa l’Italia, dove ho visto che c’è un sistema non dissimile», almeno per gli uomini, «con il guinzaglio, ma non le manette ai piedi». Roma come Budapest, quindi. Un parallelo che fa infuriare il garante dei detenuti di Milano. E costringe La Russa a precisare: «La nostra legge vieta di esibire il detenuto in condizioni di umiliazione».

     

    ILARIA SALIS ILARIA SALIS

    Ma c’è di più. È la Lega a scatenarsi. Parla prima Igor Iezzi: «Partire dall’Italia per mettersi nei guai in Ungheria ha delle conseguenze». Poi interviene il vicesegretario Andrea Crippa: «Ogni Paese punisce come vuole e non compete a me giudicare quello che si fa in altri Stati». Infine si espone il deputato leghista Rossano Sasso: «Se fosse colpevole — e non vogliamo nemmeno immaginarlo! — sarà doveroso radiarla dalle graduatorie ministeriali», quelle a cui partecipa in quanto maestra di scuola elementare.

     

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    SALIS, UN ANNO DI DENUNCE

    Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per la Repubblica - Estratti

     

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    «Ho le mani e i piedi legati. Porto una manetta legata a un guinzaglio di cuoio tenuto dall’agente». Lettera all’ambasciata italiana di Budapest, 2 ottobre 2023, firmato: Ilaria Salis. Le immagini di una ragazza italiana in jeans e scarpe da ginnastica, ammanettata ai piedi e ai polsi, trascinata con un guinzaglio come fosse un animale, hanno sconvolto l’Italia.

     

    Repubblica è però in grado di dimostrare come tutto quella che sta accadendo oggi — l’intervento dell’ambasciatore, quello del Governo, l’indignazione dell’opinione pubblica — poteva essere fatto quattro mesi fa. È il 2 ottobre quando Ilaria Salis prende carta e penna e dal carcere di Budapest, “sito in Gyorskocsi utca n.25”, scrive all’ufficio consolare italiano, chi era convinta dovesse difenderla. Mette infatti nero su bianco i «trattamenti inumani e degradanti» a cui è stata sottoposta in otto mesi di detenzione.

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    A quanto risulta a Repubblica, l’ambasciata ha avviato un’interlocuzione — seppur a livello di funzionari — senza però arrivare a una contestazione formale. Cosa che invece gli italiani sono arrivati a minacciare in queste ore nella speranza di risolvere la questione. La novità, infatti, è — seppur nelle dichiarazioni formali degli esponenti di Governo non si intravede alcun attacco all’amico Orbán e ai suoi metodi — che l’indicazione arrivata da Roma a Budapest sia stata chiara: cercare in tutte le manieri di tirare Salis fuori dal carcere. Ottenendo, magari, gli arresti domiciliari da farle scontare in Italia.

     

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    Come arrivare a questo obiettivo? Lo scontro politico frontale con Orbán è escluso. La strategia è quella di muoversi su tre binari. Il primo è adombrare la possibilità di chiedere l’intervento dell’Unione europea: il “trattamento degradante” a cui la cittadina italiana è stata sottoposto è evidente a tutti. Tra l’altro proprio l’Ungheria è già stata sanzionata per questa stessa ragione, motivo per cui anche la difesa di Salis, al di là di quello che deciderà il Governo, è pronta a ricorrere alla Cedu, la Corte europea per i diritti dell’uomo.

     

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    Anche perché il “trattamento degradante” è soltanto una delle violazioni perpetrate dall’Ungheria. Come sanno anche i tecnici della Farnesina che stanno lavorando al dossier, Budapest non ha rispettato il diritto alla difesa di Salis: oltre ai colloqui con l’avvocato avvenuti in presenza della Polizia, cosa prontamente denunciata dall’insegnante italiana già nella lettera di ottobre, non sono state messe a disposizione dell’indagata gli atti di accusa. Uno, in particolare, di cui la polizia ungherese ha parlato in queste ore agli italiani: un video che ritrae la donna picchiare un gruppo di neonazisti ungheresi. Si tratta probabilmente delle stesse riprese che girano sul web: non sono poi così chiare ma, in ogni caso, la questione non riguarda il merito della vicenda. Ma il metodo: qualsiasi siano le responsabilità, quel trattamento dei detenuti è illegale.

     

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    Che fare, quindi? Una strada — e siamo al terzo punto della strategia italiana — è far chiedere alla difesa di Salis i domiciliari in Ungheria, per poi farglieli scontare in Italia. Fin qui non era stato fatto perché non si conoscono le accuse. E anche per ragioni di sicurezza: con la faccia di Ilaria in tutte le chat neonaziste ungheresi, trascorrere mesi in una casa di Budapest rappresenta evidentemente un pericolo.

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