ENRICO LETTA
Matteo Marcelli per “Avvenire”
Più di un percorso congressuale, quella che attende il Pd è una vera e propria «camminata nel deserto». È lo stesso Enrico Letta, all'indomani della direzione nazionale, a metterla in questi termini durante l'intervento tenuto ieri al congresso del partito socialista svizzero.
D'altronde, dopo i risultati delle urne del 25 settembre e le dispute sui tempi per il rinnovo della segreteria, negare l'evidenza non avrebbe senso. E anche il tentativo di Dario Nardella, sindaco di Firenze, di ridimensionare le scaramucce interne sulle date approvate dal "parlamentino" dem di venerdì, non ha dato i risultati sperati.
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Perché il malcontento per un'agenda troppo dilatata è tornato a palesarsi, questa volta con il sindaco di Bergamo Giorgio Gori, mentre i giovani del partito riuniti a Roma per l'iniziativa del capogruppo dem a Bruxelles, Brando Benifei, "Coraggio Pd", hanno chiesto un azzeramento totale dell'attuale classe dirigente.
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Il tutto mentre all'orizzonte incombono già le prime scadenze elettorali, quelle delle regionali in Lazio e Lombardia e poi le europee del 2024. « La nostra campagna elettorale è stata dura, difficile, molto difficile - ha confermato il segretario da Basilea -, alla fine abbiamo ottenuto un risultato che non era quello che speravamo, ci troviamo uno spazio di minoranza e comincia una traversata nel deserto che io spero sia la più corta possibile grazie alla nostra azione di opposizione».
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La ricetta del segretario uscente per ritrovare l'identità perduta parte da una necessaria «riflessione sulla capacità di mettere insieme la questione della transizione ecologica e la questione della sostenibilità sociale», ma è un indirizzo che per essere attuato ha bisogno di una leadership forte al Nazareno. Un mandato solido che allo stato, però, è ancora latitante.
Nel frattempo proseguono i mal di pancia sul congresso: «Non so se a Roma si rendono conto di quanto poco senso abbia tirare il congresso fino al 12 marzo - si è lamentato Gori - quando le elezioni regionali nel Lazio e forse anche quelle della Lombardia si terranno a febbraio. Più che poco sensato, proprio controproducente». Un attacco al quale ha provato a mettere una pezza Nardella, anche lui candidato alla segreteria: «Cosa significa tempi lunghi o tempi corti: dipende da cosa hai da fare e da quello che hai da dire. Se fai una cosa seria hai bisogno di un po' di tempo se, invece, devi fare una cosa superficiale o devi stare fermo, allora il tempo è troppo».
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Sempre ieri, come detto, si è aggiunta però l'altra spina nel fianco, arrivata dai giovani del partito presenti in numero consistente all'evento di Roma organizzato da Benifei: « Bisogna dire le cose come stanno: abbiamo una classe dirigente che si ripropone incessantemente e che dopo 10 anni di governo pretende ancora di dettare l'agenda della discussione.
Abbiamo bisogno del cambiamento della prima fila del nostro partito, non solo del segretario, altrimenti è una farsa questa costituente - è l'attacco dell'eurodeputato -. Se non sarà una costituente vera, allora tanto valeva raccogliere le firme per i candidati. Con questo nostro impegno di oggi vogliamo dare un messaggio diverso, prendere sul serio la fase costituente per discutere veramente. Il Partito democratico di cui si parla come futuribile, c'è già: siamo noi e non solo. Ed è forse un partito più rinnovato e anche più battagliero». L'intento, insomma, è chiaro: scalare la dirigenza del partito partendo dal basso e dai territori. Ma saranno le prossime sfide elettorali a dire se per le nuove leve c'è davvero il margine per riuscire nell'impresa.
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