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— Feldman (@EvgenyFeldman) July 12, 2022
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Anna Zafesova per “La Stampa”
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Qualche giorno fa, Evgeny Feldman, il celebre fotografo del giornale in esilio russo Meduza, ha segnalato un filmato di Mariupol trasmesso dalla televisione della propaganda russa RT.
Mostrava carri armati russi sparare contro palazzi residenziali, gli stessi condomini prefabbricati di epoca sovietica nei quali abitano migliaia di russi.
La telecamera indugia sugli sbuffi di polvere e schegge prodotti dalle cannonate, sui parallellepipedi dei caseggiati popolari che da bianchi diventano grigi, avvolti dal fumo, poi si vestono del rosso delle fiamme che li avvolgono, e infine si coprono di un nero carbonizzato.
«Il filmato non spiega nulla», si è meravigliato Feldman in un tweet, «semplicemente si gode le immagini delle esplosioni, giustificate dal tricolore russo issato sopra una città bruciata».
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La responsabile di RT Margarita Simonyan, capa della propaganda di Putin che non esita a minacciare bombardamenti atomici nei talk show russi, ieri ha giustificato la strage di Vinnytsia (oltre 20 morti, di cui tre bambini, e 90 feriti) scrivendo che le sue fonti al ministero della Difesa russo le avevano confermato che la casa della cultura degli ufficiali, il centro poliambulatoriale e gli uffici adiacenti erano una «sede temporanea di nazisti», pubblicando come «prova» le foto dei militari e della protezione civile ucraina impegnati nei soccorsi dopo il bombardamento russo.
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Potrebbe sembrare un ennesimo tentativo goffo della propaganda russa di giustificare un ennesimo «errore» di un missile d'antiquariato russo che invece di colpire un bersaglio militare distrugge un condominio, un centro commerciale, un palazzo dello sport, una stazione piena di profughi, una scuola.
È vero che i missili russi non hanno la stessa precisione delle armi americane con le quali gli ucraini ogni notte ormai fanno saltare i depositi di armi di Mosca. Ma se le truppe del Cremlino scelgono di bombardare in pieno giorno, e non di notte, e di colpire centri cittadini lontani centinaia di chilometri dal fronte del Donbass, non lo fanno solo per incapacità tecnologica e mancanze di armi moderne.
I fake sui «nazisti» e le smentite dei militari sulla regola di «colpire esclusivamente obiettivi militari», non solo non riescono più, ma non vogliono nemmeno nascondere la realtà: la stessa propaganda russa mostra estasiata le foto dei condomini carbonizzati, e i cannoni russi che li prendono di mira.
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Un cambiamento che arriva nella settimana in cui l'Ucraina «non ha perso a favore della Russia nemmeno un metro di terreno», come annunciato ieri dal viceresponsabile operativo dello Stato maggiore di Kiev Oleksiy Gromov, mentre l'intensità dei cannoneggiamenti russi si riduce a causa dei magazzini di munizioni distrutti dagli ucraini. L'impressione è che più l'offensiva di Putin arranca, più la sua televisione deve mostrare ai russi immagini di guerra. Immagini feroci, crudeli, cui i «soldati della tastiera» reagiscono con commenti esultanti. In fondo, è indifferente se a gioire della morte di civili ucraini sono dei russi veri o dei troll al soldo del governo: in entrambi i casi, è il tipo di retorica che il regime incoraggia, i sentimenti che vuole indurre e premiare.
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È la scommessa sulla parte più assetata di sangue dell'opinione pubblica, la stessa alla quale si rivolge l'ex «moderato» Dmitry Medvedev con le sue invettive contro i «maiali americani» e gli europei «cretini che si cag... sotto». L'elettore/spettatore ideale che il putinismo oggi ha in mente gioisce delle bombe, si compiace del sangue, giudica la potenza del suo Paese dal numero degli ucraini uccisi, e dalla sua capacità di non mostrare pietà.
Nel mondo di Orwell la guerra si chiamava «pace». Nell'Unione Sovietica che Putin e i suoi seguaci rimpiangono, la retorica della pace era onnipresente, tra manifesti, festival, murali di colombe e cori di bambini. Oggi, la polizia russa porta via chi canta queste canzoni sovietiche. Il pacifismo è ufficialmente un reato, e perfino la chiesa ortodossa russa non predica più la pace.
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Bisogna amare la guerra, bisogna odiare il nemico, e così mentre a Mosca si parla di un sondaggio segreto che mostra come il 30% dei russi ha il coraggio di dire ai sociologi del regime di voler far finire la guerra «subito», Putin promette che «non abbiamo ancora iniziato» e firma nuove leggi contro i «traditori della patria», «agenti stranieri» e «collaborazionisti con l'estero». I bombardamenti si illudono più di terrorizzare gli ucraini e convincerli a sottomettersi a Mosca: servono per coalizzare i putinisti più estremi.
vinnytsia 7 vinnytsia 8 missile colpisce un edificio a vinnytsia