Estratto dell’articolo di Maurizio Caverzan per “La Verità”
GIOVANNI ORSINA
Storico, politologo, giornalista, Giovanni Orsina dirige il dipartimento School of government della Luiss Guido Carli. […]
Professor Giovanni Orsina, è indovinato l’aforisma «Festival pieni urne vuote»?
«Sì […] fotografa un certo scollamento tra le avanguardie artistico-culturali e il sentire comune delle persone. Chi fa spettacolo, arte e cultura si sofferma su forme di trasgressione che una parte importante della popolazione rifiuta, ritenendole pericolose o stucchevoli. In più, c’è un’aggravante».
Quale?
fedez rosa chemical
«Negli anni Sessanta del secolo scorso esistevano le avanguardie e la società le seguiva.
Oggi non si può dire che ci sia un ritardo dell’opinione pubblica. Al contrario, c’è una reazione alle avanguardie, un desiderio di tornare indietro».
È trasgressione vera quella alla quale assistiamo?
rosa chemical lecca piedi 6
«La trasgressione è vera quando comporta un prezzo ed esprime una contestazione delle regole sociali. A quel punto la società reagisce e ti colpisce. La reazione della società definisce il valore della protesta. Se invece per la tua trasgressione la società ti applaude e ti paga, che trasgressione è?».
Queste presunte trasgressioni sono in realtà mainstream?
«Viviamo nel mondo della trasgressione istituzionalizzata. Il messaggio continuamente replicato è: sii te stesso, fa ciò che vuoi, esprimi la tua personalità. È il conformismo dell’anticonformismo».
chiara ferragni in schiaparelli copia
[…] «Il pubblico si è sintonizzato per seguire il Festival senza necessariamente condividerne il messaggio. Chiara Ferragni sposta voti? Se sì, sono numeri marginali. È un errore pensare che un messaggio proposto dalla cultura pop diventi automaticamente politico. Quando si diceva che le tv di Silvio Berlusconi condizionavano le campagne elettorali era vero solo in parte. Il meccanismo non è automatico come schiacciare un pulsante. Il rapporto tra orientamento culturale ed espressione politica o elettorale è qualcosa di molto più complesso e sofisticato».
Qual è secondo lei il motivo dell’astensionismo?
«La prima causa è la sensazione di perdita di potere della politica. È inutile andare a votare perché ciò che la politica può cambiare è marginale rispetto alla mia vita quotidiana».
giovanni orsina foto di bacco (1)
Se la politica estera si fa a Washington e quella economica a Bruxelles che senso ha votare per le regioni?
«Le istituzionali nazionali e locali hanno poco potere. Ciò che possono fare è già predeterminato. Non possono aumentare il debito pubblico né abbassare le tasse, non ce lo possiamo permettere. Infine, è venuto meno il rapporto di fedeltà politica. […]». […] «[…] una società costruita sui diritti individuali perde il senso dell’azione collettiva. La quale richiede il sacrificio di sé. Nel gruppo vige la disciplina che consiste nel mettere il proprio ego al servizio di una causa collettiva».
SCHEDA ASTENSIONISMO
E nell’era del narcisismo…
«Non si è più disposti a subordinare la propria libertà presente per una libertà collettiva futura. […] Il narcisista non aderisce al gruppo […] Prendere la tessera del partito, accettarne la disciplina, spendere il proprio tempo in una liturgia: nessuno ci crede ed è disposto a farlo».
[…] Come spiega la distanza tra vita della popolazione e società dello spettacolo?
070 – speciale renato zero 9
«La società dello spettacolo si basa sulla proposta del nuovo, bello o brutto che sia non importa. Ha istituzionalizzato la provocazione. Ma l’opinione pubblica comincia a essere stanca della provocazione continua che non va in profondità. […]». «[…] non vedo niente di nuovo rispetto alle grandi provocazioni degli anni Sessanta e Settanta. Sono cresciuto con Renato Zero e i suoi dischi me li compravano i miei genitori, che sono dei conservatori. David Bowie era un fior di musicista, non solo una figurina gender fluid. Allora la provocazione serviva a veicolare un contenuto artisticamente notevole».
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Guardando al cinema, alle serie tv e alla pubblicità si può dire che la cultura woke è diventata canone, codice riconosciuto?
«Ha scritto tutto Augusto Del Noce nel Suicidio della rivoluzione, anno 1978. La modernità nasce con una spinta rivoluzionaria poderosa: distruggiamo tutto il passato per costruire il mondo nuovo. Poi, a un certo punto, ci siamo accorti che questo mondo nuovo non riuscivamo a costruirlo. Così è rimasta in piedi solo la distruzione del passato che, a quel punto, è fine a sé stessa. Cambiare per cambiare».
GIORGIA MELONI MATTEO SALVINI CONFERENZA STAMPA MANOVRA
La cultura progressista non è in grado di dare idee nuove?
«[…] La proposta più importante della cultura progressista si chiamava marxismo. Fallito il quale non resta che il liberi tutti: ciascuno faccia quello che vuole. […]».
[…] «La destra si aggrappa ai valori della tradizione Dio, patria e famiglia. Ma li propone in una società secolarizzata, nella quale le famiglie sono sempre più fragili e, a causa dei processi di globalizzazione, anche l’idea di patria è in crisi. Sono valori che hanno perso mordente. Non basta neanche l’orgoglio dell’italianità. Insistere sulla tradizione, che è stata decostruita, è un tentativo che suona strano, un po’ fuori dal tempo».
globalizzazione
Non ci sono vie d’uscita?
«La tarda modernità ha sminuzzato tutto come un rullo compressore. Il valore su cui ricostruire è, forse, un dato antropologico di base. Gli esseri umani chiedono identità, chiedono comunità. In fondo, il populismo esprime una ribellione contro questo eccesso di liquidità, di fluidità, di globalizzazione. L’infelicità degli esseri umani si è condensata in una rabbia che si è espressa nel voto populista. Per ripartire, bisogna provare a chiedersi di cosa hanno veramente bisogno le persone in questo mondo destrutturato».
SIMONE WEIL
Ripartire dal dato antropologico vuol dire ripartire dalle domande fondamentali dell’esistenza che implicano l’apertura al trascendente, ciò che qualcuno ha chiamato «senso religioso»?
«Volerei più basso […] In una parola, il bisogno di radicamento, di appartenere a un luogo, […] il populismo è una domanda di protezione, di salvaguardia del contesto nel quale si è cresciuti. È una domanda di contestualità di fronte alla globalizzazione che decontestualizza».
Sfida tosta in un’epoca in cui si parla di diritto all’emigrazione più che di diritto di crescere a casa propria.
«Emigrare è un diritto, ma immigrare no. Ciò detto, l’emigrazione non va bloccata, ma gestita. È una richiesta avvertita in tutto il mondo. La crisi della sinistra deriva dalla posizione radicale assunta sull’immigrazione. […] Nessuna comunità deve vivere a compartimenti stagni, ma se non posso decidere chi entra a casa mia vuol dire che non ne sono più il padrone. Simone Weil dice che l’uomo deve avere radici. La cultura globalista sostiene che per l’uomo del futuro la casa è il mondo[…] ».