Francesco Battistini per il Corriere della Sera
incontro virtuale joe biden vladimir putin
Non è Saigon. E non sarà Kabul. Chi se ne va, lo fa con calma. «È da sei mesi che ogni weekend riceviamo gli alert», mostra i messaggi del cellulare Thomas Sadley, all'uscita dall'ambasciata di Shulavka. «Caro cittadino americano residente in Ucraina - legge ad alta voce nel posteggio - mantieni prudenza.
La criminalità, i disordini civili e le potenziali operazioni di combattimento, nel caso la Russia intraprenda l'azione militare, possono essere causa di grave pericolo». Il capitano Thomas è un ufficiale di Marina in pensione da Cleveland, Ohio, e ha trovato l'amore a Leopoli. Vive qui da anni, non farà gli scatoloni: «Mi porto le chiavi di casa. Un paio d'ore di macchina e con mia moglie siamo oltre la frontiera, dai nostri parenti in Polonia».
Gli europei e la crisi in Ucraina
Orso russo non avrai il mio scalpo. L'ordine è un ordine, «i cittadini americani devono partire adesso», e le parole di Joe Biden valgono più del messaggino settimanale d'allerta destinato ai 6.600 expat. Ventiquattr' ore di tempo per alzare i tacchi, massimo quarantotto, di fronte a un «rischio sufficientemente alto».
L'America House (ottime torte) e l'American University (stimati professori) sono già chiusi a tempo indeterminato. L'Istituto d'arte Wisconsin (buoni pittori) e l'American Library (libri rari) riapriranno lunedì, ma forse no. L'American Clinic (i migliori medici) resta aperta h24: non si sa mai. Non fosse chiaro, un po' d'America fa le valigie e un po' resta.
A Shulavka, solo l'ambasciatrice Kristina Kvien, un paio di funzionari e gli agenti della sicurezza, nessun altro. L'eventualità che gli Stati Uniti mandino truppe a salvare da un'invasione, non c'è: chi può, deve fare da sé, andarsene «con mezzi commerciali o privati», comunque via di qui. Niente ponti aerei.
vladimir putin emmanuel macron.
«I cittadini statunitensi devono sapere che il nostro governo non sarà in grado d'evacuarli», avverte l'ambasciata: tutt' al più ci sono i 1.700 parà al confine polacco, 82nd Airborne Corps, pronti a dare una mano. Ma è tutto vero? La ritirata suonata dalla Casa Bianca fa precipitare rapidamente la giornata. D'ora in ora, gli altri Paesi s' accodano: dopo il Canada, ecco Gran Bretagna e Olanda, Giappone e Montenegro, Corea del Sud e Israele, tutti a dire che è meglio raccomandare ai cittadini d'andarsene. Ci sono tremila italiani, qualcosa si sta pensando di fare.
E pure i russi: Sergej Lavrov, il ministro degli Esteri, è stupito dal fuggi-fuggi e richiama in patria pure lui il suo personale non diplomatico, perché si domanda se non siano semmai «loro» (gli americani) «a preparare qualcosa».
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Mai vista la Cia, servizievole e imbeccata dal Pentagono, fornire tanti dettagli ai media sui piani russi d'invasione: tanto che a Mosca, a un certo punto, s' è data la caccia alla talpa e a chi la nutrisse d'informazioni riservatissime sulle manovre militari. Mai visto neppure il Pentagono chiudere alle informazioni dovute: per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, la Difesa americana ha vietato l'accesso stampa ai contingenti militari dislocati sul confine ucraino, e nella proibizione ha messo perfino testate storicamente «fedeli» come Stars&Stripes e Military Times . L'incubo di Biden è che si ripeta il caos afghano dell'anno scorso, all'arrivo dei talebani a Kabul.
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E il suo obbiettivo, nota un diplomatico a Kiev, è sorprendere il Cremlino con allarmi che in molte ambasciate europee paiono fin esagerati: «Se Putin è così folle da provarci - dice il presidente Usa - è anche abbastanza intelligente da non fare nulla che abbia un impatto negativo sui cittadini americani». L'impatto è già questa grande fuga. «Dicono che possono attaccare anche durante le Olimpiadi», sospira il capitano Thomas. Sarà per questo che Vladyslav Heraskevych, il campione ucraino di skeleton, ieri a Pechino ha alzato il cartello «no war in Ukraine». Non ha vinto niente. Ma sa che basta un niente, a perdere tutto.
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